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I Sibillini, “quei monti azzurri”

“…e che pensieri immensi, che dolci sogni mi ispirò la vista di quel lontano mar, quei monti azzurri, che di qua scopro, e che varcare un giorno io mi pensava, arcani mondi, arcana felicità fingendo al viver mio!”. Giacomo Leopardi, il grande poeta recanatese, così definiva i monti Sibillini, i Monti Azzurri… Quella infatti era la colorazione che nelle giornate di quiete essi assumevano dal suo “ermo colle” dal quale li rimirava in lontananza, evocando una terra lontana, misteriosa e costellata da leggende.

I monti Sibillini si trovano sull’appennino umbro-marchigiano, tra le province di Macerata, Fermo e Ascoli Piceno da un lato, e Perugia dall’altro. Diverse cime superano i 2000 metri, e il monte Vettore con i suoi 2476 metri è il più alto; degni di nota anche il monte Priora, il monte Bove e il monte Sibilla. Territorio ricco di flora e fauna: possiamo imbatterci in lupi, caprioli, camosci e cervi. Si segnala anche la presenza di un animale endemico, il Chirocefalo del Marchesoni, un piccolo crostaceo che vive solo ed esclusivamente nel lago di Pilato, che si trova nel circo glaciale del monte Vettore.

In questo lago di origine glaciale, l’unico naturale delle Marche, il chirocefalo infatti vive e si riproduce riuscendo a sopravvivere anche nei periodi in cui il lago si prosciuga anticipatamente a causa della scarsa neve e siccità. Una delle tante leggende che circondano questi monti è proprio legata a questo lag: secondo la tradizione popolare  Ponzio Pilato dopo aver fatto crocifiggere Gesù fu condannato a morte. Il suo corpo venne posizionato su un carro di bufali che vennero lasciati liberi di vagare senza meta, giungendo sui Sibillini fino alla cima del Redentore dove essi fecero cadere il corpo nel lago sottostante. C’è in realtà anche un altro laghetto naturale di origine glaciale, il laghetto di Palazzo Borghese che si trova sotto l’omonima cima, ma la sua durata è molto breve, circa un mese dallo scioglimento delle nevi fino al prosciugamento. Anche qui vive un chirocefalo endemico, il Chirocefalo della Sibilla.

Non lontano dal monte Vettore si erge il monte Sibilla, dal quale la deriva il nome della catena montuosa, che svetta tra la Gola dell’Infernaccio e la vallata di Foce di Montemonaco. Il suo nome proviene da un’altra leggenda, quella della Sibilla Appenninica che si diceva avesse dimora proprio in una grotta situata nei pressi della cima del monte Sibilla (oggi in parte crollata). Leggenda resa celebre dal “Guerrin Meschino” di Andrea da Barberino nel 1409 e dal “Le paradis de la ReineSybille” di Antoine De La Sale.

La gola dell’Infernaccio è una gola naturale scavata dal fiume Tenna tra le pareti del monte Sibilla e del monte Priora. Risalendo il corso del torrente attraverso questa stretta gola si può giungere poi all’Eremo di San Leonardo. Qui a 1128 metri, sulle rovine di un insediamento fortificato, fu edificato nel 1066 l’Eremo dagli abitanti di Montefortino che però nel corso dei secoli finì per tornare in rovine… finché negli anni ‘70 padre Pietro Lavini (che poi divenne noto come “muratore di Dio”) decise di riportarlo in vita, rimettendo in piedi, pietra dopo pietra, uno dei monumenti più importanti dei Sibillini.

 

All’interno del territorio dei Monti Sibillini c’è spazio anche per un piccolo canyon nei pressi del Lago di Fiastra denominato Lame Rosse. Questo nome rappresenta benissimo ciò che si può osservare in questo luogo, ovvero dei pinnacoli di ghiaia di colore rosso formatisi grazie all’erosione dovuta agli agenti atmosferici.

Sul lato umbro invece, ai piedi della cresta del Redentore, si stagliano i piani di Castelluccio di Norcia, ovvero Pian Grande, Pian Piccolo e Pian Perduto. Questo altopiano di origine carsica-alluvionale raccoglie le acque di scioglimento proprio dei monti Sibillini e attraverso degli inghiottitoi (chiamati mergani) le distribuisce nelle falde sotterranee. Questo luogo ospita anche la famosa fioritura di Castelluccio: nel periodo estivo infatti tra giugno e luglio, papaveri, fiordalisi, margherite e lenticchie creano uno spettacolo di colori naturale unico al mondo. Il piccolo borgo di Castelluccio, che si trova su un cucuzzolo tra il Pian Grande e il Pian Perduto, è stato quasi completamente raso al suolo dai terremoti del 2016 e purtroppo allo stato attuale è ancora un cumulo di macerie.

Un’altra perla dei Sibillini, anch’essa devastata dal sisma, è Visso, il cui centro storico era ricco di eleganti palazzetti del Quattro-Cinquecento e vantava la presenza di due chiese del XII e XIV secolo, Santa Maria e Sant’Agostino. Purtroppo anche qui, come in tutti i paesi devastati dal terremoto, la ricostruzione sembra un miraggio.

Testo e fotografie di Francesco Capitani