Dopo sei lunghe e deludenti stagioni di scavo lo sconforto era ormai sovrano nella Valle dei Re. Howard Carter e, soprattutto, il suo “sponsor” George Edward Stanhope Molyneux Herbert, V conte di Carnarvon, stavano davvero perdendo ogni speranza di trovare qualcosa nella Valle. Il finanziatore inglese aveva ottenuto le concessioni di scavo dall’allora direttore del Servizio delle Antichità Gaston Maspero nel 1914 e i risultati erano decisamente al di sotto delle aspettative. Carter stava per dichiararsi sconfitto e, sempre in cerca di fortuna, stava per destinare altrove le sue attenzioni, quando un colpo di zappa cambiò il corso della storia.
Dopo essere stato a Londra per convincere faticosamente Lord Carnarvon a finanziare un’ultima campagna di soli cinque mesi alla ricerca della tomba dello sfuggente Tutankhamon, il 28 ottobre del 1922 Carter era tornato a Luqsor e il 1° novembre aveva già assoldato gli operai per riprendere gli scavi proprio da dove li aveva interrotti in precedenza. In tutti questi anni l’egittologo aveva setacciato minuziosamente ogni singolo riquadro in cui aveva suddiviso l’area in questione, nonostante tutti credessero che quella zona della Valle avesse ormai restituito tutto ciò che c’era da scoprire. Ora era rimasta da esplorare solo la parte a ridosso della tomba di Ramesse VI, per la precisione l’angolo nord-orientale coperto dai resti delle baracche degli operai che avevano realizzato la tomba del faraone della XX dinastia, costruzioni che si estendevano verso sud e si congiungevano alla serie di capanne trovate da Theodore Davis durante i lavori al nascondiglio di Akhenaton. Secondo Carter quella zona doveva per forza nascondere qualcosa, perché qualche anno prima l‘egittologo-finanziatore statunitense ci aveva trovato alcuni reperti che riportavano il nome di Tutankhamon, oggetti del corredo funerario come frammenti di ceramiche e di collane floreali, scialli di lino e una lamina d’oro dove il nome del sovrano era affiancato a quello della sua sposa Ankhesenamon.
La sera del 3 novembre erano già avvenute le prime scoperte: ritornarono alla luce altre baracche che furono documentate e fotografate prima di venir demolite i giorni a venire. Tutto era pronto per iniziare a scavare il metro loro sottostante. La mattina successiva, il 4 novembre, recandosi alla necropoli Carter avvertì uno strano silenzio… i lavori erano fermi. Questa cosa insospettì immediatamente l’archeologo che infatti fu accolto dai suoi con la notizia che sotto la prima baracca demolita avevano trovato qualcosa: forse un gradino tagliato nella roccia. Possiamo solo immaginare con quanta concitazione ed emozione, nonché stupore, Carter si precipitò di corsa a verificare di persona… con il cuore in gola diceva a sé stesso che sarebbe stato troppo bello se si fosse trattato realmente di un gradino di accesso ad una tomba, e che magari poteva trattarsi proprio della sepoltura del faraone che tanto desiderava trovare. Gli bastò ripulire un po’ la roccia dai detriti e dalla sabbia quando si rese immediatamente conto che si trattava proprio di una rampa scavata nella pietra con una tecnica comune agli altri accessi sepolcrali della Valle. I lavori proseguirono alacremente per tutto il giorno e la mattina seguente; ma soltanto nel pomeriggio del 5 la rampa venne completamente scavata ed apparve il primo vero gradino di una scalinata. Un’emozione quasi febbrile pervase Carter; ormai ciò che stava riportando alla luce era indubbio, gli indizi portavano tutti verso una direzione: avevano trovato una tomba!
Ma le cocenti delusioni del passato portarono Carter alla prudenza e i dubbi e le perplessità iniziarono ad affollare la sua mente. Che fosse una tomba mai terminata o mai utilizzata? Oppure una sepoltura intatta ma già oggetto di saccheggio nell’antichità? Una cosa era certa: nel caso in cui si fosse trattato di quest’ultima ipotesi, il saccheggio sarebbe dovuto avvenire prima del regno di Ramesse VI, ovvero prima del 1150 a.C., più o meno. Man mano che i gradini venivano alla luce Carter analizzava attentamente ogni singolo dettaglio nella speranza di ricavare informazioni che potessero dare una risposta alle sue domande. La scalinata si addentrava verso una collinetta e scendendo andava a formare un corridoio alto più di tre metri e largo due. Gli uomini di Carter ripulirono ben presto 12 gradini, quando dalle sabbie emerse la parte superiore di una porta intonacata, chiusa ermeticamente… sigillata. Sì, sigillata!
L’emozione salì alle stelle e immediatamente Carter iniziò ad esaminare la nuova scoperta alla ricerca disperata di un indizio che riconducesse al proprietario della tomba, ma niente, la porzione di parete scoperta portava, leggibili, solo i sigilli della necropoli reale (lo sciacallo con i nove prigionieri), gli altri segni erano indecifrabili. Carter, curioso di capire come fosse stata bloccata la porta, praticò un foro proprio sotto l’architrave, nella parte priva di intonaco; con una torcia elettrica sbirciò al di là della porta e notò che il corridoio che vi si apriva era completamente ostruito da pietre e detriti. L’impazienza dovrebbe essersi impadronita dell’archeologo: trovarsi di fronte ad una tomba di circa 3000 anni quasi certamente intatta, con tanto di accesso apparentemente sigillato e con impressi sull’intonaco i sigilli della necropoli reale aveva dello stupefacente e del sensazionale, era tutto così inaspettato da lasciare Carter eccitato e al tempo stesso sconcertato. Carter stesso definì questo momento “davvero emozionante”, tanto che lui stesso disse di aver fatto ricorso a tutto il suo autocontrollo per non abbattere immediatamente la parete e proseguire con l’esplorazione, perché sapeva bene che dopo quel corridoio poteva esserci tutto. Ma la sua stima e la sua lealtà verso Lord Carnarvon ebbero il sopravvento, la ragione vinse sull’impulso emotivo e sulla sete di “conquista”. Quindi per il momento dovette accontentarsi della presenza dei sigilli della necropoli reale e dell’accuratezza con la quale era stata sigillata e protetta la tomba: segni evidenti che si trattava della sepoltura di un personaggio illustre e di altissimo rango. E non era poco.
Si era fatto buio, e non potendo continuare senza il suo finanziatore, Carter fece richiudere il foro praticato nella porta e fece ricoprire ogni cosa. La sera del giorno successivo non vi era traccia visibile dello scavo, tutto era come se nulla fosse accaduto, anche i massi delle antiche baracche erano al loro posto. Tutto era così perfetto che allo stesso Carter, anche per l’incredulità che stava ancora provando, si insinuò il dubbio che tutto ciò non fosse stato altro che un bellissimo sogno. Ma le notizie in Egitto viaggiavano in fretta e ben presto realizzò che era tutto vero, tanto che due giorni dopo la scoperta già riceveva congratulazioni da ogni dove e proposte di aiuto e collaborazione. Quella stessa mattina del 6 novembre Carter avvisò Lord Carnarvon con un cablogramma che diceva: “Finalmente fatta splendida scoperta nella Valle; magnifica tomba con sigilli intatti, richiusa in attesa vostro arrivo; congratulazioni.” L’8 novembre la risposta di Carnarvon raggiunse le sponde del Nilo, un altro cablogramma avvisava che il conte sarebbe arrivato ad Alessandria il giorno 20. Carter aveva due settimane per organizzare il tutto ed essere pronto per quell’evento tanto atteso, non poteva rischiare che qualche impedimento intralciasse la sua avanzata alla scoperta della tomba e doveva essere in grado di affrontare qualsiasi cosa si fosse trovato davanti. Ma le domande non smettevano di popolare e tormentare la sua mente. Ripensava a ciò che aveva visto e osservato: l’architettura risaliva certamente alla XVIII dinastia, ma l’apertura aveva una dimensione molto ridotta rispetto alle altre tombe della Valle, quindi ciò poteva significare che non era di fronte ad una sepoltura faraonica ma ad una tomba destinata a qualche nobile che vantò di qualche favore da parte del sovrano; o forse si trattava proprio della sepoltura secondaria di un faraone, un nascondiglio per salvaguardare il suo corpo e il suo corredo dai profanatori di tombe; o forse ancora era semplicemente un deposito… ma il suo desiderio di trovare Tutankhamon era così forte che non demordeva e non abbandonava la speranza di trovare proprio lui.
Finalmente il 23 novembre arrivò Lord Carnarvon accompagnato dalla sua inseparabile figlia, l’affascinante Lady Evelyn Herbert, appassionata ricercatrice in terra d’Egitto. Tutto era pronto per iniziare. Quel giorno stesso vennero rimossi tutti i detriti depositati sopra la recente scoperta. La mattina del 24 tutti erano di fronte a quella porta che Howard Carter aveva scoperto la sera del 5, senza sapere ancora che se avesse liberato quella parete per qualche centimetro in più avrebbe trovato anche un altro sigillo, quello recante il cartiglio di TUTANKHAMON!
di Tiziana Giuliani – http://www.mediterraneoantico.it