Nel XVI secolo il Mezzogiorno d’Italia costituiva una regione periferica dell’immenso impero spagnolo e i pirati minacciavano questi territori con attacchi frequenti, con le popolazioni costiere poste continuamente sotto assedio. La pirateria era pratica antica nel Mediterraneo, infatti la parola pirata indica colui che tenta la fortuna in mare. Per contrastare gli attacchi dei predoni del mare, gli Spagnoli progettarono un sistema difensivo continuo di torri, una vera e propria frontiera di pietra, dotate di artiglieria leggera e capaci di segnalare e di fronteggiare i nemici.
Sulle coste del Sud Italia erano già presenti diverse torri di avvistamento, la maggior parte risalenti al XIII secolo, durante il dominio angioino. Ve ne sono ancora diverse sul litorale e riconoscibili per la forma cilindrica slanciata, con pianta tronco-conica. Negli anni successivi al regno di Carlo I il sistema difensivo costiero fu in parte abbandonato e le popolazioni continuarono a servirsene in caso di emergenza e di pericolo. Durante il XVI secolo, invece, la pressione delle incursioni e delle razzie della pirateria turco-barbaresca diveniva sempre più crescente, man mano che la potenza ottomana incrementava il suo controllo sulle vie del mare.
Durante tutto il XVI secolo, fino alla battaglia di Lepanto del 1571, la flotta turca esercitava il controllo quasi assoluto del Mediterraneo con il sostegno dei corsari barbareschi provenienti dal Nord Africa. L’Armata ottomana assediava la Calabria al comando dell’Ammiraglio Khayr al-Dīn (in turco Barbaros Hayreddin Paşa, e italianizzato in Ariadeno o Aricodemo Barbarossa), cui si sostituiva nel 1563 il turco Dragutte; poi nel 1594 il rinnegato calabrese Dionigi Galeni, conosciuto come Occhialì, e l’Ammiraglio Hassain o Sinan Cicala, un altro rinnegato calabrese dei Principi di Tiriolo. I pirati avevano una conoscenza precisa e dettagliata delle coste e dei porti del Mediterraneo grazie all’esperienza diretta e alle indicazioni dei portolani e degli isolani diffusisi nel periodo. Sono circa una trentina i manoscritti ottomani illustrati pervenutici, composti fra il 1537 ed il 1630.
Miniaturisti dalla Persia e dall’Asia centrale furono chiamati a Istanbul per lavorare con gli artisti locali al fine di realizzare portolani e vedute di città. Le carte del Mediterraneo, che costituiscono la base della cartografia turca, erano molto diffuse. I centri di produzione più importanti furono Roma, Firenze e Venezia. Molti mercanti si dotavano di libri del mare per intraprendere i viaggi, poiché nei testi trovavano, oltre alle mappe nautiche, altre notizie utili sulle merci di scambio, sulle monete, sui dazi. Il più noto cartografo turco è stato Piri Reis (Gallipoli in Turchia, 1470 – Il Cairo, 1554), nipote dell’ammiraglio turco Kemāl Reis, a sua volta capitano navale ed ammiraglio. È l’autore di una Mappa del mondo, oggi conservata nel museo del Topkapi, a Istanbul, che riporta le coste dell’Africa e quelle del nuovo mondo, disegnata partendo da documenti spagnoli e portoghesi e datata 1513 e di un Kitāb-i bahriyyè, il Libro del mare, un portolano del Mediterraneo, offerto al sultano Solimano il Magnifico, composto in due versioni, nel 1521 e nel 1526.
La prima versione comprende 132 carte nautiche ed era destinata a gente di mare; risulta quindi più sommaria e di poco pregio e comprende disegni e descrizioni dei luoghi ritenuti utili dall’autore. L’autore descrive città, torri, spiagge, colline, fonti d’acqua e torrenti. La Tavola inerente al golfo scilletino si legge dal basso verso l’alto, quindi da Nord verso Sud, secondo la convenzione della cultura araba. La Tavola del 1521 che riguarda il Golfo di Squillace copre il territorio da Capo Colonna a Punta Stilo. Intorno all’intero promontorio di Capo Rizzuto vengono restituite rocce affioranti per segnalare le zone di incaglio e di pericolo per l’approdo. Al centro, sulla costa, campeggia il castello di Le Castella, che presenta due isolotti di fronte ad esso, segnalati l’uno in rosso, l’altro in azzurro, ora non più esistenti. Dettagliato risulta il disegno della cittadella, località natale del corsaro Occhialì Pascià, il quale aveva fornito sicuramente preziose indicazioni sui luoghi.
Proprio questa fortezza fu saccheggiata nel 1536 dal Barbarossa e nel 1544 e nel 1548 da Dragut. Al centro dell’illustrazione vi è la città di Catanzaro e nei pressi una torre costiera di guardia, identificabile con la Torre del Crocchio, presso l’omonimo fiume, in territorio di Cropani, poiché è posta proprio sull’arenile. Più oltre sono rappresentati gli abitati di Squillace e di Stilo, due roccaforti ben armate e temute e, sulla costa, un’altra torre circolare, identificabile con la Torre di Galilea, l’imprendibile, o di Paliporto di Soverato, perché rappresentata su una punta sabbiosa, come quella dell’insenatura di Soverato.
di Alessandra Pasqua – architetto