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Antonio Canova, lo scultore europeo

Fra marmi, copie in gesso e gessi preparatori è possibile ammirare – grazie alle fotografie di Angelo Aldo Filippin – gran parte della produzione di Antonio Canova. Un lavoro fotografico condotto su tre musei: la Gipsoteca di Possagno, luogo natìo del grande artista veneto; il Museo Civico di Bassano del Grappa; il Museo Correr di Venezia. Filippin ci offre un punto di vista a volte non propriamente classico, con un’attenzione speciale puntata sui particolari e sulle ombre per restituirci la bellezza artistica del Canova.

Canova fu un maestro nella sua arte: la scultura neoclassica. Il massimo esponente dell’arte del suo tempo: martelli, scalpelli, raspe e gradine erano gli strumenti della sua poetica. Questo è Antonio Canova. La sua genialità fu tale da attirare attenzioni dai suoi maestri e da chi poteva valorizzare i suoi “talenti”. Nel 1768 incontriamo Canova a Venezia a impratichirsi nel disegno e ad apprendere quei rudimenti fondamentali per un vero artista. Lavorerà per la nobiltà veneziana che lo indirizzerà verso scelte fondamentali. Il grand tour lo condurrà alla scoperta delle meraviglie italiane, ad apprezzare e ammirare quei capolavori che diventeranno determinanti per lo sviluppo della sua arte: Michelangelo e Bernini. Nel 1780, il giovane Canova, nato il 1° novembre 1757, ad appena 23 anni partirà per Roma e Pompei. Doveva confrontarsi con la grande arte rinascimentale e barocca. Sceglierà proprio Roma, per sempre, come dimora e luogo in cui esprimersi con i suoi capolavori. Sarà uno scultore, il più grande dell’Europa del suo tempo e la sua arte viaggerà per il mondo. Il suo atelier romano diventerà il luogo privilegiato dagli artisti, collezionisti e viaggiatori. Qui entrarono: Ugo Foscolo, Stendhal, Lord Byron e Giacomo Leopardi e non mancarono musicisti e cantanti, nonché celebri donne e storici, fu questo il centro della scultura neoclassica, era un luogo magico. L’influenza degli ideali neoclassici nella sua arte si rende sempre più evidente, a cominciare con Teseo e il Minotauro (1781-1783) per proseguire con la serie di sculture, anche queste a soggetto mitologico, eseguite sul finire del Settecento (Amore e Psiche, Ebe, Venere e Adone, Ercole e Lica, Le Tre Grazie), che gli annunciarono una fama internazionale. Questo era Antonio Canova.

In un’epoca di grandi rivolgimenti politici egli interpreta come nessun altro il desiderio di ordine, di serenità, di evasione nella “repubblica del Bello”. Per questo, nell’apparente imitazione dei classici, che egli coscientemente rifiutò, c’è la creazione di un’arte totalmente nuova e attuale. Incontentabile ricercatore della perfezione, diffidente verso gli adulatori del momento, fu una personalità complessa che emerge anche nell’atteggiamento che assumeva quando incontrava nella sua bottega le personalità del suo tempo e ancora quando non esitava a criticare il loro operato e a esprimere pareri e giudizi finanche politici. Per altro verso, emerge anche l’idea di un Canova che riesce a stimolare le confidenze dei grandi, come di Napoleone Bonaparte, e allo stesso tempo si esprime con loro su questioni personali rimarcando quanto per lui fosse importante “poter essere sempre libero e darmi tutto all’arte mia”. Grande uomo e grande intellettuale prima che grande scultore. Uscito di scena Napoleone, Canova sarà incaricato del recupero dell’immenso patrimonio artistico da lui trafugato. Per questo si recherà a Parigi e porterà a termine la sua missione: “Io sono dunque autorizzato dalle Potenze Alleate a ripigliare la massima e miglior parte dei nostri Capi d’Opera di pittura e scultura”.

Oggi possiamo dire che la rivalutazione dell’arte di Antonio Canova, da parte della critica, ha raggiunto un livello altissimo. Dalla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso il riavvio dello studio e dell’analisi storica sull’intera sua opera ha messo in evidenza come le opere del Canova “hanno continuato a esercitare il loro fascino sulle generazioni successive […] egli fu capace di elevarsi al di sopra dei teorici e di creare opere di valore artistico durevole”. La sua arte fu apprezzatissima e richiesta da collezionisti, mecenati, sovrani, imperatori dell’intera Europa. Prima i papi. Tra il 1783 ed il 1810 realizzò i monumenti funebri di Clemente XIII e Clemente XIV, di Maria Cristina d’Austria a Vienna, e di Vittorio Alfieri a Firenze, ma soprattutto fu fondamentale l’incontro con Pio VII Chiaramonti. Sagace e determinato pontefice che aveva percepito il valore del piccolo scultore veneto, un artista determinato, un vero artista internazionale. Grazie a lui Canova diventerà, nel 1802 Ispettore Generale delle Antichità e delle Arti dello Stato della Chiesa oltre a quello della tutela e valorizzazione del patrimonio artistico, compito assegnatogli in quanto presidente dell’Accademia di San Luca. Un intero archivio ricchissimo di documentazione e migliaia di lettere e carteggi disseminati in istituti culturali, musei e biblioteche del mondo raccontano delle sue relazioni internazionali, del suo modo di viaggiare, della sua raffinata diplomazia. Certificano dei suoi incontri e soprattutto evidenziano l’attenzione che l’Europa gli riservò per la sua “magnifica arte”. Attirò in particolare l’attenzione dei collezionisti inglesi che vedevano nelle sculture di Canova l’espressione della bellezza assoluta, quasi un revival dell’arte greca. Fu così che il re d’Inghilterra Giorgio IV riuscì a conquistare ben tre capolavori oggi a Buckingham Palace. Fu così che William Cavendish, VI duca di Devonshire riuscì a esporre alcuni capolavori di Canova nella sua residenza di Chatsworth nel Derbyshire; e Lord Liverpool poté esporre la Maddalena giacente a Fife House e il banchiere Thomas Hope poté acquistare la Venere che esce dal bagno. Ma fu l’Europa intera a dialogare con Canova. Così il re di Baviera Massimiliano I Giuseppe Wittelsbach, l’imperatore d’Austria Francesco I, il principe russo Nikolaj Borisovič Jusupov, il ministro Nikolaj Petrovič Rumjancev, l’ambasciatore russo a Vienna Andrei Razumovsky; la nobiltà polacca: Elżbieta Czartoryska, la contessa polacca Waleria Tarnowska. Un dialogo continuo, si percepisce, dettato dal fatto che proprio lo studio romano del Canova era un luogo importante per i viaggiatori e per i collezionisti. Nel 1804, con l’inizio del periodo napoleonico Canova venne scelto come ritrattista ufficiale dall’imperatore, per il quale realizzò alcune sculture (Napoleone conservato a Londra presso Apsley House, rappresentato come personificazione di “Marte Pacificatore”, i busti dei Napoleonici, il marmo di Letizia Ramolino e il celeberrimo ritratto allegorico di Paolina Bonaparte, rappresentata come “Venere vincitrice”). A Napoleone Bonaparte incontrato a Fontainebleau per la seconda volta nel 1810 e che tentò di convincerlo di rimanere a Parigi per dirigere il “museo dell’Impero al palazzo del Louvre”, rispose: “Per nulla io desidero al mondo che l’arte mia, la quiete e l’essere galantuomo. […] farò volentieri il ritratto di Sua Maestà l’Imperatrice, ma correrò a Roma subito a fare la statua ché conviene, che io sia a Roma assolutamente”.

Intanto la sua fama continuò a crescere. Canova sarà a Parigi nel 1815 dove, grazie a un’abile azione diplomatica riuscì a recuperare numerose e preziose opere d’arte trafugate da Napoleone nella nostra penisola e a riportarle in Italia. In quell’occasione sarà accolto trionfalmente a Londra. A lui saranno riservati onori e incontri e potrà evidenziare il suo parere per i capolavori di Fidia del Partenone (oggi al British Museum). Fu così che Pio VII, riconoscendo la sua grande opera in difesa dell’arte italiana, gli conferì il titolo di Marchese d’Ischia assieme a un vitalizio di tremila scudi che Canova decise di destinare al sostegno delle Accademie d’arte. Nel luglio del 1819 ritornò a Possagno per la posa della prima pietra della chiesa parrocchiale (il Tempio di Possagno) che progettò per la sua comunità. Il maestoso edificio, che ora accoglie le sue spoglie, sarà completato, però, solo dieci anni dopo la sua morte, avvenuta il 13 ottobre 1822 a Venezia.

Testo di Mario Guderzo – storico dell’arte e direttore del Museo Gypsotheca Antonio Canova di Possagno dal 2008 al 2021

Fotografie di Angelo Aldo Filippin

Autore

  • Angelo Aldo Filippin fotografa fin dai primi anni ’70. La sua esperienza si è concentrata principalmente nella tecnica del monocromatico (bianco/nero), della quale è un profondo conoscitore. Nel 1979, nella sua città natale in provincia di Vicenza, ha partecipato alla fondazione del Circolo “Marostica Fotografia”, club tuttora in piena attività. Negli anni ’80 ha partecipato ai principali concorsi fotografici nazionali aggiudicandosi numerosi premi. Ha esposto in molte città italiane. Nel 2015,...

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