“La bellezza e la perfezione di una forma vivente sta nella forza che ispira un essere perfettamente organizzato quando la sua vista ci fa pensare che gli sia concesso, appena lo voglia, un uso libero e multiforme delle sue membra”. Joahnn Wolfgang von Goethe scriveva così, innamorato qual era della morfologia, delle forme della natura nel loro continuo divenire. A volte penso cosa avrebbe potuto scrivere un grande come lui se solo avesse potuto sbirciare sotto la superficie del mare, dando uno sguardo al mondo sommerso.
Quello che vorrei fare oggi è provare a sintonizzarmi su quel suo immenso amore per la natura, utilizzando la fotografia come linguaggio per la lettura di tanta straordinaria e, ancora oggi, sconosciuta bellezza. A volte non sai se uno scatto può accennare all’intensità del vissuto, divulgare la forza dell’esperienza diretta in natura; non sai se può trasferire quella carica vigorosa che il mondo sommerso trasmette a chi legge la biologia per l’anima e con l’anima. Non lo sai ma ci provi, cercando di cogliere qualcosa per condividere, immortalando una scena per poter ricordare quanto hai avuto il privilegio di vedere, archiviando poi il tutto nel baule dei ricordi. Sott’acqua, quando osservi, la fotocamera diventa il tuo terzo occhio, quello che può immortalare quanto riesci a vedere, per poi raccontare attraverso il linguaggio delle immagini. Un linguaggio di cui oggi si fa spesso un uso eccessivo e disordinato, forse legato alla facilità d’uso e all’immediatezza consentita dalla tecnologia digitale. Ma la plasticità dei soggetti, l’unicità delle forme, le modalità cromatiche e le cangianti sfumature create dai cambiamenti di luce, sono ingredienti da utilizzare con raffinato gusto ed elegante armonia per comporre quella rappresentazione piacevole agli occhi e mai banale. Bisogna inchinarsi all’assoluta peculiarità di ciò che vive nel mare, accogliendo la trasformazione e la deformazione costante di ogni evento, fotografando la natura e le forme con cui si esprime secondo il nostro punto di vista, il nostro sentire; secondo quella che generalmente definiamo: la nostra sensibilità.
La morfologia nasce da un’idea di Goethe, nel 1796. Prende vita un modo di pensare percettivo, nel quale va gradualmente affinandosi la sensibilità formale. Ciò che è visibile e tangibile ai nostri occhi, ovvero il vivente nella sua continua trasformazione, diventa oggetto delle osservazioni in natura! Se trasliamo il pensiero di Goethe alla mente sensibile di un fotografo della natura, operativo in ambienti sommersi, ecco che riemerge tutta la forza di quell’idea di fine Settecento, ancora oggi attuale e piacevole. Quando mi immergo alla ricerca di scene di vita in fondo al mare, osservo luce, forme e colori nel loro continuo girovagare; sempre mutevoli sono le pennellate di una luce attenuata dall’acqua, resa morbida e avvolgente dalla densità del liquido. Una parte di luce finisce per essere riflessa dalla superficie, mentre una parte penetra in profondità, regolata naturalmente dallo stato fisico della superficie del mare, dall’ora del giorno e da una serie di altri fattori concomitanti. La natura illuminata con tale delicatezza offre forme sempre nuove. Mette in risalto le diverse strutture dei pesci, le loro cangianti livree e gli infiniti pattern, scolpisce la morfologia di molluschi e crostacei, rendendoli visibili ad occhi esperti nonostante le loro efficaci strategie mimetiche.
di Francesco Turano – fotografo e naturalista