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La Sacra di San Michele, tra storia, fascino, arte e potere  

Luogo ricco di fascino, storia, arte e bellezza, definito come il “monumento simbolo del Piemonte”, la Sacra di San Michele è un’imponente abbazia che da secoli domina la cima del Monte Pirchiriano. Porta con sé una lunga tradizione di spiritualità, cultura e potere ed è inserita negli itinerari religiosi della regione. Si tratta di un complesso architettonico sito in val di Susa a circa quaranta chilometri da Torino. La cima del Monte Pirchiriano gode di una posizione strategica e per questo motivo, già in epoca romana, fu utilizzata come base per un castrum. Dopo l’invasione dei Longobardi nel 569 d.c., le costruzioni delle chiuse e l’invasione dei Saraceni,  si arriva alla fine del X secolo per incontrare San Giovanni Vincenzo, l’arcivescovo di Ravenna, che proprio qui,  sull’imponente monte, inizia una vita eremitica. Un’antica leggenda narra che l’arcangelo Michele si mostrò a San Giovanni Vincenzo e gli ordinò di erigere un santuario. Dobbiamo però aspettare l’arrivo del conte Ugo (Ugone) di Montboissier, allora governatore di Aurec-sur-Loire, nell’Alvernia (regione della Francia centrale), per vedere la prima pietra del monastero.

sacra san michele
Ingresso della chiesa
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Portale dello Zodiaco

Poco prima dell’anno Mille questo ricco nobile francese si reca a Roma per chiedere indulgenza al Papa che gli chiederà di scegliere tra due penitenze: un esilio di sette anni o la costruzione di un’abbazia. Inizia dunque con una richiesta di redenzione l’edificazione del monastero, avvenuta negli anni 983-987 e proseguita fino al 1622, sebbene la sua costruzione originaria sembra attestata al V sec. d.C. con tre chiesette dedicate all’arcangelo San Michele. Nel 999 Ugo di Montboissier affida a cinque benedettini il monastero, sotto la guida del monaco Adverto.  Il disegno per costruire una quarta chiesa sopra le tre preesistenti porta probabilmente il nome di Guglielmo da Volpiano. Il monastero si allarga:  viene costruita anche una quinta chiesa e si reclutano abati e monaci in Alvernia. I Benedettini sviluppano così un centro spirituale e iniziano a ospitare i pellegrini e a dare protezione alle popolazioni circostanti. Viene quindi costruita una foresteria destinata ai viaggiatori che percorrono la via Francigena. Numero di monaci e fama crescono ulteriormente e durante tutto il Medioevo continuano i lavori di ampliamento e abbellimento: dalla decorazione del finestrone dell’abside centrale alla stupefacente Porta dello Zodiaco, opera del maestro Niccolò (scultore attivo tra il 1122 e il 1139) posta sul culmine dello Scalone dei Morti, che permette l’accesso al piano di base della Chiesa.

La biblioteca sacra san michele
La biblioteca

Il XIV secolo è il suo periodo di maggior gloria e potenza: la Sacra di San Michele ottiene molta autonomia e l’indipendenza sia dal potere temporale, sia da quello del vescovo di Torino. Diventa così una sacra-fortezza tra religiosità, cultura (si fornì di una biblioteca e opere d’arte) e potere (i suoi possedimenti in Italia e in Europa si estesero notevolmente). Le cose cambiano nel 1379 quando, a causa del malgoverno dell’abate Pietro di Forgeret, la Santa Sede sostituisce la figura dell’abate con un commendatario. Nel 1622 la decadenza è ormai tale da indurre papa Gregorio XV a sopprimere il monastero, che all’epoca contava soltanto tre monaci. Dopo sei secoli di vita benedettina la Sacra di San Michele sopravvive a se stessa in uno stato di abbandono per altri duecento anni.

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Lo scalone dei morti

Le cose cambiano ancora, ma stavolta in una direzione positiva, nel 1836. Figura chiave per il rilancio della Sacra è il grande teologo e filosofo roveretano Antonio Rosmini: in questa immensa e santa personalità confida il re Carlo Alberto di Savoia,  convincendo papa Gregorio XVI ad affidare l’amministrazione e la custodia perpetua del sito ai padri rosminiani, tuttora presenti.  Rosmini, fondatore dell’Istituto della Carità, viene definito da Alessandro Manzoni come  “una delle sei, sette grandi intelligenze che più onorano l’umanità”.  La congregazione religiosa dei rosminiani resta alla Sacra anche quando nel 1867 la legge dell’incameramento dei beni ecclesiastici porta loro via i pochi averi che possiedono, impiegati per il sostentamento e la manutenzione degli edifici.

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Bifora

Oggi la Sacra di San Michele è strategicamente ubicata al centro di un percorso di pellegrinaggio di circa 2000 chilometri, da Mont Saint-Michel a Monte Sant’Angelo. Le ardite architetture e le sue sculture sono di rara bellezza e incantano ancora oggi tutti i visitatori. Quando si visita questa Sacra si ha come l’impressione di accedere a un sito mistico e senza tempo. Ci sono opere di eccelsa qualità ben conservate nel tempo che, da sole, valgono la visita, come il ripido scalone dei Morti e la già menzionata Porta dello Zodiaco  (il più antico ciclo romanico sullo Zodiaco). E ancora: le antiche foresterie, gli archi rampanti e il panorama: dal monte si può godere di un meraviglioso paesaggio circondati da storia e spiritualità. Anche Umberto Eco ha subìto il fascino di questo luogo di culto: qui si è lasciato ispirare per  Il nome della Rosa, e qui avrebbe voluto che fossero girate le scene dell’omonimo film diretto da Jean-Jacques Annaud, che ha però dovuto optare per ambientazioni più comode da raggiungere. Umberto Eco, nella prima pagina del suo celebre libro, così descrive la magia di questo luogo di fascino e storia: «Come ci inerpicavamo per il sentiero scosceso che si snodava intorno al monte, vidi l’abbazia. Non mi stupirono di essa le mura che la cingevano da ogni lato, simili ad altre che vidi in tutto il mondo cristiano, ma la mole di quello che poi appresi essere l’Edificio. Era questa una costruzione ottagonale che a distanza appariva come un tetragono (figura perfettissima che esprime la saldezza e l’imprendibilità della Città di Dio), i cui lati meridionali si ergevano sul pianoro dell’abbazia, mentre quelli settentrionali sembravano crescere dalle falde stesse del monte, su cui s’innervavano a strapiombo».

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Archi rampanti
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Sacra San Michele – Illustrazione di Claudio Borsato

di Rebecca Pedrazzi,  storica dell’arte – Fotografie di Franco Borrelli

Autore

  • Rebecca Pedrazzi, nata a Milano nel 1982, laureatasi in Storia e Critica dell'Arte all'Università degli Studi di Milano con la tesi Il Mercato dell'Arte Contemporanea, inizia a lavorare giovanissima come Art-Advisor in una società di gestione di opere d'arte, sviluppando anche un'approfondita conoscenza del mercato degli Old-Masters. Nel 2017 fonda la rivista d'arte e cultura online NotiziArte.com, e nel 2018 diventa giornalista pubblicista. Da allora ha scritto oltre 3.500 articoli su eventi d'...

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