“Marcel Duchamp e la seduzione della copia” è il titolo della nuova mostra su Marcel Duchamp visitabile a Venezia dal 14 ottobre 2023 al 18 marzo 2024, presentata dalla Collezione Peggy Guggenheim e curata dallo studioso indipendente Paul B. Franklin. Si tratta di un titolo sicuramente azzeccato e mirato a evidenziare un tratto saliente dell’estetica duchampiana spesso trascurato dai più. La mostra si configura come la prima grande personale che il museo veneziano dedica a Duchamp, tra gli artisti più influenti e innovativi del Novecento, storico amico nonché consigliere della mecenate americana Peggy Guggenheim.
Il concetto di copia riveste infatti un ruolo fondamentale nella comprensione della visione dell’artista: egli riproduce i suoi lavori con tecniche diverse e in dimensioni diverse dimostrando che i duplicati e i loro originali offrono un analogo piacere estetico.
La rivoluzione di Marcel Duchamp
Prima di esaminare il concetto di copia, è essenziale mettere in luce l’enorme rivoluzionarietà di Marcel Duchamp nel contesto del XX secolo. Nel 1917 l’artista presenta a una mostra di avanguardia di New York un’opera innovativa e provocatoria, intitolata Fountain e firmata con lo pseudonimo di R. Mutt. Egli quindi sceglie consapevolmente di non realizzare né creare nulla, ma semplicemente di presentare un oggetto, un orinatoio maschile, un oggetto tra l’altro industriale (ciò che si discosta maggiormente dall’oggetto artistico!) che viene poi nominato e firmato. Il suo ready-made, ossia oggetto già pronto, si pone in realtà nella sua semplicità un problema enorme: si interroga infatti su cosa serva all’opera, oggi, per essere considerata tale. Ci troviamo all’alba del XX secolo, e l’arte figurativa, con la sua tradizione di pennelli e colori, è ancora oggetto di apprezzamento ma tuttavia percepita come superata. La fotografia sta diventando sempre più accessibile e popolare, offrendo una rappresentazione realistica del mondo che supera le capacità della pittura figurativa in termini di precisione e dettaglio: questo porta gli artisti a interrogarsi sulla necessità di cercare di replicare la realtà in modo così accurato.
Gli artisti sfidano sempre di più le convenzioni dell’arte figurativa tradizionale, cercando nuove modalità di espressione visiva e promuovendo una visione più soggettiva dell’arte, sperimentando con forme, colori e concetti inusuali. Quindi la domanda che Duchamp si pone è la seguente: se cambiano costantemente i modi, i mezzi e le forme dell’arte, cosa definisce l’opera d’arte?
L’artista arriva così alla conclusione che l’arte non è più una questione di forma ma di relazione estetica: relazione che si crea tra quattro fondamentali che sono oggetto, autore, contesto e spettatore. Il contesto è necessario perché è fondamentale uno spazio che contestualizzi l’arte (ad esempio una galleria o un museo); l’autore deve scegliere tra un’infinità di oggetti esistenti, separando l’oggetto dal suo contesto abituale e dalla sua funzione pratica, disambientandolo, portandolo quindi in uno spazio di arte e firmandolo; lo spettatore deve infine porsi davanti all’oggetto. Marcel Duchamp, con un gesto davvero rivoluzionario, separa dopo secoli e secoli l’idea di bellezza dall’idea di arte affermando che la bellezza non è più una condizione necessaria e sufficiente affinché l’arte esista e che dunque è possibile pensare a un arte anche senza di essa.
Il concetto di copia
Poste queste premesse per affermare la rivoluzionarietà delle sue opere, Marcel Duchamp si spinge anche oltre con il concetto di copia. Egli comprende la problematicità del ready-made, che consiste nella sua possibilità di essere duplicato e riprodotto ogni qual volta si voglia. Pensiamo all’orinatoio: quante volte sarebbe possibile prenderlo e posizionarlo in una galleria? Quanti potrebbero farlo senza essere però riconosciuti come grandi artisti? Per Marcel Duchamp ciò non costituisce una debolezza, bensì una peculiarità che serve a confermare in modo ancora più convincente il nucleo rivoluzionario della sua visione artistica. L’unicità e l’originalità dell’opera, capisaldi dell’arte figurativa (pensiamo all’arte medievale e rinascimentale, ad esempio) sono tutte condizioni sufficienti, ma non necessarie affinché l’arte esista.
L’arte non necessita di essere bella, unica e originale per essere considerata tale ma si pone sempre come discorso estetico, ossia relazione tra diversi fattori che devono esistere in quel preciso tempo e luogo.
di Isabella Lustrati – storica dell’arte
Immagine in copertina: Ph. Matteo De Fina © Association Marcel Duchamp, by SIAE 2023