Cosa fa e qual è il lavoro del filologo, che partendo da un frammento di un testo di centinaia di anni cerca di analizzarlo? Cercheremo di comprendere questo tipo di studio utilizzando la ricerca eseguita su un frammento ritrovato presso la Biblioteca civica “Romolo Spezioli” di Fermo. Nello specifico, affrontiamo un frammento contenente il testo della Genesi, secondo l’antica vulgata della Bibbia, cioè quella tradotta da San Girolamo.
Il frammento si trova in una coperta di riuso, cioè quella che oggi chiameremo copertina del libro, ma che nel Medioevo, per risparmiare denaro e pergamena, si fabbricava con vecchi volumi rovinati e che non si leggevano più. La coperta è fatta di pergamena ed è stata vergata sia sul recto che sul verso. Non è più legata al manoscritto nel quale ricopriva appunto la funzione di coperta (copertina); si trova conservata nel faldone del Fondo antico della Biblioteca “Romolo Spezioli”, assieme a frammenti in Beneventana. L’impaginazione si sviluppa su due colonne e ognuna di esse contiene 42 righe. La rigatura è stata realizzata con il metodo a secco, ancora ben visibile. La tipologia grafica è una gotica di pieno Trecento. Nella carta 1 del recto è presente un fregio che abbraccia la pagina su tre lati e che in alto a sinistra si innesta con una grande S miniata di colore blu e rosso e arricchita con lavorazioni in lamina d’oro. A chiudere il fregio, in basso a destra, una teoria zoologica: lepre, cane in corsa e un volatile appollaiato. In tutto il testo troviamo maniculae stilizzate di capoverso che alternano il colore rosso a quello blu.
Venendo al testo, l’incipit della Genesi con il capitolo 1° si ha solo a metà della seconda colonna della carta 1 del verso. Di seguito riportiamo la trascrizione del testo, anticipando che tutto quello che si trova tra parentesi è stato sciolto dalle originali abbreviature.
Trascrizione
In principio creavit t(eo)s
celu(m) et terram terra aute(m) erat inanis et vacua et teneb(ra)e
sup(er) faciem abyssi,
et sp(iritu)s din ferebat(ur) s(u)p(er) aq(ua)s.
De eius devotione ne et potentia […] ne celi
Dixit(que)T(eu)s.
Fiat lux et f(a)c(t)a est lux.Et
vidit Teus lucem q(uod) esset bona et divisit luce(m) a [manca Deus]
tenebris.Appellavitq(ue) luce(m)diem [manca Deus] et tenebras nocte(m). Factumq(ue) est vesp(e)r(e) e(t) mane, dies unus.
Dixit q(u)o(que)d(eu)s.
Fiat firmamentu(m) i(n) medio aq(uarum)
et dividat aq(u)a(s) ab aq(ui)s
Et fecit d(eu)s firmamentu(m)
Divisitq(ue) aq(ua)s que er(a)nt s(u)b
firmamento ab his que
erant sup(er) firmamentu(m)
Et fa(ctu)m est ita.Vocavitq(ue)d(eu)s
firmamentu(m)celu(m). Et f(a)c(tu)m
vespe(re)(e)t mane, dies se(cun)d(u)s.
De distintione elementa
Dixit v(er)o d(eu)s.
Congregent(ur) aqu(a)e s(u)b celo
sunt in locu(m) unu(m) et appareat
arida. Fac(tu)mq(ue) est itavocavit
deus aridam t(er)ra(m)
congregationesq(ue) aquaru(m)
appellavit maria. Et vi
Traduzione
In principio Dio creò il cielo e la terra.
La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
Dio disse: “Sia la luce!”. E la luce fu.
Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre.
Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: giorno primo.
Dio disse: “Sia un firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque”.
Dio fece il firmamento e separò le acque che sono sotto il firmamento dalle acque che sono sopra il firmamento. E così avvenne.
Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno.
Dio disse: “Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un unico luogo e appaia l’asciutto”. E così avvenne.
Dio chiamò l’asciutto terra, mentre chiamò la massa delle acque mare.
Il frammento contiene il capitolo 1° della Genesi dal versetto 1.1 all’1.11. Rispetto alla Nuova vulgata, questa girolamiana contiene alcune differenze, come quelle sottolineate nel testo. Ora, prima di passare al resto del testo, è bene fare una breve digressione sul significato e tradizioni della Vulgata. La Vulgata o Volgata, è una traduzione in latino della Bibbia dall’antica versione greca ed ebraica, realizzata alla fine del IV secolo da Sofronio Eusebio Girolamo. Il nome è dovuto alla dicitura latina vulgata editio, cioè “edizione per il popolo”, che richiama sia l’ampia diffusione che ottenne (in precedenza con Vulgata si indicava la traduzione della versione dei Settanta, che ebbe anch’essa notevole diffusione), sia lo stile non eccessivamente raffinato e retorico, più alla portata del popolo (volgo). Dalla proclamazione di ufficialità durante il Concilio di Trento (1545-1563) fino al Concilio Vaticano II (1962-1965), quando fu ulteriormente revisionata, la Vulgata ha rappresentato la traduzione canonica della Bibbia per l’intera Chiesa cattolica. Dal punto di vista teorico, Girolamo è noto per avere applicato su larga scala il principio traduttologico della resa ad sensum. Dunque, quella realizzata dal Santo fu una traduzione molto letteraria e poco aderente al testo. Per quanto concerne invece la tradizione manoscritta, ad oggi si sono conservati un discreto numero di manoscritti della Vulgata.
Tra questi due sono degni di nota: il Codex Fuldensis, datato circa 545, che contiene solo il testo del Nuovo Testamento, e i Vangeli sono nella versione del Diatessaron; è conservato presso l’abbazia di Fulda, in Germania. E il Codex Amiatinus, datato inizio VIII secolo, testimone più autorevole e completo della Vulgata; fu commissionato dal monaco anglosassone Ceolfrid nel 692 e per secoli è stato conservato in un monastero presso il monte Amiata, in Toscana, donde il nome. Attualmente è custodito a Firenze nella Biblioteca Medicea Laurenziana.
Tornando al frammento in questione, le prime tre colonne e mezza sono invece costituite da un commento sull’applicazione della legge divina, sul quale ritorneremo con un successivo articolo.
di Riccardo Renzi – Istruttore direttivo presso Biblioteca civica “Romolo Spezioli” di Fermo