Nel 1637 il conte Galeazzo Arconati donò alla Biblioteca Ambrosiana, fondata dal cardinale Federico Borromeo all’inizio del XVII secolo, il “Codice Atlantico”. Si tratta di una stupefacente raccolta di 1119 fogli autografi di Leonardo da Vinci, per un totale di circa 1750 disegni, databili dal 1478, quando ancora lavorava nella bottega di Andrea del Verrocchio a Firenze, fino al 1519, anno della morte in Francia: praticamente tutto l’arco della sua lunga e feconda attività scientifica e artistica.
Ancor oggi tale Codice rappresenta uno dei più preziosi tesori che la Biblioteca Ambrosiana è orgogliosa di conservare e di esporre all’ammirazione del pubblico che la frequenta, ed è giustamente considerato la collezione leonardesca più importante e completa al mondo. In esso si mescolano infatti, in maniera un po’ disordinata ma indubbiamente avvincente, come in una specie di caleidoscopio, tutte le discipline coltivate dal grande genio di Vinci: l’architettura e l’idraulica, la medicina e l’ottica, la meccanica e l’urbanistica, la geometria e l’astronomia, l’anatomia e le diverse arti figurative, accanto a notazioni di carattere autobiografico, come il celebre foglietto su cui Leonardo annotò i titoli dei libri della propria biblioteca. Notevoli ovviamente sono i progetti di macchine semoventi, di armi sempre più sofisticate, di ingranaggi e di congegni, di cui Leonardo ha realizzato sulle pagine del Codice Atlantico stupendi disegni che spesso ci si presentano come vere e proprie opere d’arte.
Tra i tanti fenomeni naturali che egli volle indagare, lasciandone traccia rilevante sui fogli del Codice Atlantico, uno dei più interessanti e intriganti è senz’altro quello dell’acqua con la sua forza talvolta dirompente, ma capace anche di trasformarsi in preziosa risorsa, a patto di saperne “imbrigliare” l’energia sfruttandola per migliorare l’attività lavorativa dell’uomo e la qualità della vita. Sono molti i fogli del Codice Atlantico dedicati a questo argomento e ai più disparati congegni scaturiti dalla feconda e fervida mente di Leonardo per catturare la forza dell’acqua e ottenerne nuova energia; ma c’è un foglio sul quale in maniera mirabile il genio di Vinci ha per così dire fissato la “sintesi” delle sue sperimentazioni: si tratta del foglio n. 26.
Sulla prima facciata troviamo disseminati i disegni bellissimi di numerose macchine idrauliche, progettate per sollevare l’acqua, incanalarla, e sfruttarla in condizioni ottimali, attraverso complicati congegni mossi da ruote dentate, ingranaggi, pompe e soffietti. Ma è giusto segnalare questo foglio soprattutto per i curiosi e inattesi schizzi che si riferiscono allo studio del movimento umano sotto e sopra l’acqua. Nell’angolo superiore sinistro infatti possiamo notare la testa di un uomo sommerso, con occhialini subacquei, che respira tramite una sacca d’aria rigonfia, una specie di subacqueo ante litteram; più preciso e realizzabile sembrerebbe il secondo sistema, illustrato subito a destra, dove un altro uomo sommerso respira tramite un tubo collegato in alto a un galleggiante. Esplicita è la didascalia che parla di “canna” e “sughero”, per indicare il tubo e il galleggiante, e che recita testualmente: Modo d’andare sotto acqua. Al centro del bordo sinistro infine troviamo un’altra figura umana che cammina sull’acqua grazie a due ampie racchette galleggianti e si tiene in equilibrio con due bastoni; in questo caso la didascalia recita: Modo di camminar sopr’acqua. Si può discutere se tutto ciò fu effettivamente realizzato ai tempi di Leonardo, o se fosse solo un suo “sogno”: di fatto potremmo interpretare questi schizzi come una “profezia” di quanto la tecnologia sarebbe riuscita a realizzare “sopra e sotto l’acqua”.
Se poi voltiamo questo stesso foglio sul suo retro, ci troviamo di fronte a una delle più belle tavole dell’intero Codice Atlantico, affascinante per la varietà e la raffinatezza dei disegni, per la precisione grafica con cui sono stati disegnati sulla carta, e non ultimo anche per il seducente “disordine” con cui Leonardo li ha realizzati. Vediamo riproposto innanzitutto l’eterno problema di come riuscire a sollevare e trasportare l’acqua. Uno dei metodi più antichi è quello della cosiddetta “vite di Archimede”, detta anche coclea, disegnata due volte in alto a sinistra e abbozzata al di sotto: si tratta di una vite a spirale che permette di pescare l’acqua dal bacino sottostante portandola in alto. Al centro si impone invece il disegno di una complicata macchina, composta da una ruota da mulino, mossa dalla forza motrice di un torrente, che attraverso vari ingranaggi, fa girare una seconda ruota cui sono applicati numerosi recipienti: questi pescano l’acqua in basso e la riversano nel serbatoio superiore. In alto a destra si può inoltre vedere un’altra ruota idraulica che attinge in un pozzo e riversa l’acqua in una fontana, dalla quale sgorga uno zampillo. E infine nella parte inferiore del foglio possiamo notare, a sinistra una ruota che, grazie a una manovella e a un contrappeso, permette di sollevare un secchio; al centro il disegno di una finestra da cui sporge un congegno per attingere acqua dal pozzo sottostante; a destra un recipiente soffietto (una specie di borraccia) fatto di cuoio.
Ma sono moltissimi i fogli del Codice Atlantico sui quali Leonardo da Vinci con la sua mirabile mano ci ha lasciato straordinari disegni tratteggiati con la perizia dello scienziato e il talento dell’artista.
A cura di Roberto Besana
Testo di Marco Navoni – Prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano