Procida: “La cultura non isola”
Procida è l’isola inaspettata, per la sua bellezza, la sua storia, dove il tempo scorre lento e pare essersi fermato a qualche decennio fa. Situata nel Golfo di Napoli, è la più piccola e la meno interessata dal turismo di massa, e ha conservato un’atmosfera unica rispetto a Capri e Ischia.
Procida con il progetto “La cultura non isola” è capitale italiana della cultura 2022. Per la prima volta il prestigioso riconoscimento è stato assegnato ad un’isola.
Procida l’isola della letteratura
Procida è famosa per essere stata il set del film Il Postino di Massimo Troisi. Dalla spiaggia di Pozzo Vecchio ai ristoranti della Corricella, Il Postino compare molto frequentemente. Tuttavia, da sempre, il suo fascino ha attirato importanti esponenti della cultura che l’hanno resa celebre: Cesare Brandi, Toti Scajola, Luigi Cosenza, Vasco Pratolini e naturalmente Elsa Morante e Alberto Moravia.
A Procida è possibile seguire un percorso letterario con i due più famosi romanzi qui ambientati: L’isola di Arturo, di Elsa Morante, una storia di formazione e crescita; il passaggio dall’infanzia piena di sogni alla realtà dell’adolescenza di Arturo Gerace e il suo intenso rapporto con il padre. Il secondo romanzo è Graziella di Alphonse de Lamartine:
una storia d’amore tra un giovane francese e una procidana, Graziella, figlia di una famiglia di pescatori. Il romanzo è autobiografico, ambientato nei primi dell’Ottocento.
Albergo Eldorado e il giardino dei limoni
Elsa Morante, con il marito Alberto Moravia, era solita soggiornare a Procida all’Albergo Eldorado, un hotel molto famoso negli anni Cinquanta del Novecento per i suoi ospiti illustri, prevalentemente scrittori. Proprio nell’incantevole giardino dell’Eldorado, il giardino dei limoni, la Morante inizia a scrivere L’isola di Arturo, che le varrà il premio Strega nel 1957. Il giardino termina in una terrazza a picco sul mare con una vista strepitosa su Terra Murata, la Corricella e la spiaggia di Chiaia.
Museo di Casa di Graziella
Ispirato al romanzo di Lamartine è nato il Museo Casa di Graziella: si trova al secondo piano del Palazzo della Cultura. L’intento è quello di ricreare una casa tipica dell’isola tra l’Ottocento e il Novecento. Va sottolineato che è una casa molto più ricca rispetto a quella di una famiglia di pescatori e nulla di quanto esposto è realmente appartenuto a Graziella, tranne il suo ritratto. Lo scopo del museo, creato dall’associazione culturale La casa di Graziella, è quello di preservare le tradizioni e la storia dei costumi isolani. Ogni anno, a metà agosto, le ragazze procidane si sfidano in una competizione ispirata agli abiti di Graziella, e vince chi si avvicina di più allo stile originario. Inoltre è possibile acquistare, per sostenere il museo, biancheria ricamata a mano e oggetti comprati in giro per il mondo dai marittimi procidani.
Nutrimenti Bookshop
La Liberia più famosa di Procida, Nutrimenti Bookshop, si trova in Via Roma a Marina Grande, un bookshop indipendente, che è anche una casa editrice particolarmente attenta alla realtà locale. Nutrimenti Bookshop, in collaborazione con Chiara Gamberale, ha inventato il festival “Procida racconta”, giunto alla quinta edizione. Un festival di letteratura unico nel suo genere: sei scrittori giungono sull’isola, con tre giorni a disposizione, per incontrare uno degli abitanti, raccogliere la sua storia e scrivere un racconto che verrà letto pubblicamente nella serata conclusiva.
La Vineria letteraria L’Isola di Arturo
A Marina di Corricella si trova la Vineria letteraria L’Isola di Arturo, un originale wine bar a tema letterario, unico nel suo genere sull’isola. Qui, accolti da Tarcisio, un procidano doc, è possibile gustare un calice di vino immersi nei libri. Si possono acquistare oppure scambiare grazie all’angolo preposto al book sharing. La vineria è interamente dedicata al romanzo di Elsa Morante con la precisa volontà di ricordare che Procida, prima di diventare l’isola de Il Postino, è stata e sempre sarà L’isola di Arturo.
Il bancone è decorato con un collage composto dalle pagine del romanzo, tradotto in molte lingue e dalle locandine del film. La Vineria è partner del festival “Procida racconta”: qui infatti si incontrano gli scrittori che vi partecipano.
Procida terra di marinai
Procida è terra di marinai, terra di accoglienza dove le culture del Mediterraneo si fondono nell’architettura, nel dialetto e nell’ospitalità dei suoi abitanti. Un’accoglienza generosa e sincera che lascia piacevolmente sorpreso chi arriva da fuori. Una terra votata alla cultura in cui tanti giovani si riuniscono in associazioni volontarie per preservare il patrimonio storico culturale dell’isola. Procida ha ridotte dimensioni, ma è ricca di bellezza; tra le sue vie, in cui è facile perdere l’orientamento, si nascondono giardini e panorami meravigliosi.
La Corricella e Semmarenzio
La Corricella è il borgo marinaro simbolo di Procida, un luogo incantato con le sue abitazioni colorate costruite tra mare e collina, collegate tra loro da ripidi gradini, il porticciolo pieno di barche e reti da pesca.
Il quartiere di Semmarenzio deve il suo nome alla contrazione, in dialetto procidano, di Santa Maria delle Grazie, la chiesa che troneggia sulla piazza. Il cuore del rione è Piazza dei Martiri: in questo luogo furono impiccate sedici persone per aver aderito alla Repubblica di Napoli in opposizione al Regno di Napoli dei Borboni. È la terrazza di Procida per la sua posizione strategica e la splendida vista.
Casale Vascello, gioiello di Procida
Casale Vascello è una delle meraviglie di Procida, un antico borgo fortificato del Seicento.
Attorno al cortile centrale si ammirano le abitazioni addossate le une e alle altre, a scopi difensivi. Un particolare architettonico interessante è il vefio, un balcone coperto con una volta ad arco, tipico del mondo arabo.
La Marina Grande di Procida
Il visitatore che giunge a Procida sbarca a Marina Grande: è il porto dell’isola nel pieno centro storico e commerciale del paese. Santa Maria della Pietà, la chiesa del porto, è la più antica dell’isola e sede, nel passato, del Pio Monte dei Marinai che proteggeva i marittimi e le loro famiglie da naufragi e rapimenti e malattie. Sui muri delle case attorno alla chiesa è possibile vedere ancora oggi delle piccole targhe in ceramica che raffigurano la Pietà. Indicano le proprietà donate dai procidani come riscatto dei marittimi rapiti dai turchi.
Terra Murata
Terra Murata è il punto più alto dell’isola, quella che in passato era chiamata terra casata per l’elevato numero di abitazioni addossate le une alle altre a scopo difensivo, ed è il nucleo abitativo più antico dell’isola.
Vi si accede attraverso la Porta di mezz’omo, così chiamata perché talmente stretta che la si poteva varcare solo di traverso. Una volta chiusa, Terra Murata diveniva un fortino inespugnabile dalla invasioni dei pirati saraceni.
Da Palazzo d’Avalos al Carcere
Nel 1529 il feudo di Procida diventa proprietà della famiglia D’Avalos e vi viene costruita un’imponente residenza, il Palazzo D’Avalos, e Terra Casata diviene Terra Murata.
Nel 1734 il feudo di Procida è sotto il controllo di Carlo di Borbone, Re di Napoli: Palazzo D’Avalos diventa Palazzo Reale, utilizzato per lo svago e le battute di caccia sull’isola. Dopo la breve parentesi della Repubblica di Napoli, si arriva al 1831; in piena restaurazione il nuovo sovrano Ferdinando II trasforma il palazzo reale in carcere.
La trasformazione del Palazzo D’Avalos
L’antico Palazzo D’Avalos viene radicalmente trasformato e stravolta la struttura interna: rimossi affreschi, stucchi e pavimenti pregiati, al fine di creare le celle, la cucina e le camere di isolamento. Il carcere rimane attivo dal 1831 al 1971. Dal 1971 la struttura viene completamente abbandonata. Solo nel 2016 il Comune di Procida ne entra nuovamente in possesso, e inizia così un importante lavoro di restauro e conservazione. Al contempo nasce anche l’associazione Palazzo d’Avalos, grazie al quale, è possibile effettuare visite guidate all’interno del carcere.
Il Carcere
La struttura è disposta su quattro piani di forma rettangolare. Al piano terra hanno sede le celle: le camerate ospitano fino a trenta detenuti, senza strutture igieniche, se non un bugliolo al centro della stanza. Nel periodo della II Guerra Mondiale il carcere raggiunge la capienza massima di 700 detenuti. Nella seconda metà dell’Ottocento viene costruito il complesso del carcere nuovo basato su condizioni igienico sanitarie migliori: le celle hanno una capienza massima di quattro-cinque persone e sono dotate di servizi igienici. Inoltre il lavoro dei detenuti diventa uno strumento riabilitativo. Nascono così gli opifici che impiegano i detenuti in diversi settori: falegnameria, legatoria, calzoleria, sartoria e tintoria. La sirena scandisce gli orari della vita in carcere e il suono sinistro si diffonde per tutta l’isola, tanto da diventare l’ora esatta per regolare gli orologi.
Prende vita un fiorente mercato rivolto ai cittadini liberi: i falegnami creano e intagliano i mobili; i sarti ricamano corredi per le giovani coppie in procinto di sposarsi. Quasi tutte le famiglie procidane hanno un corredo di lino tessuto dai detenuti, così come gli sposi commissionano la realizzazione dei mobili della loro nuova casa ai carcerati.
Lo stesso vale per i libri rilegati all’interno del carcere su commissioni esterne.
Un altro aspetto interessante della riabilitazione attraverso il lavoro è il grande successo del tenimento agricolo: ventimila metri quadrati di terra coltivata dai detenuti. Si producono ortaggi e frutta di ogni genere grazie alla fertilità del terreno e al clima mite. Inoltre si allevano conigli, pollame, bovini e suini.
Le verdure sono vendute due volte alla settimana con un piccolo mercato al di fuori del carcere, la carne viene commerciata invece in date definite. La vendita del latte è quotidiana. Lavorare nel tenimento agricolo è considerato dai detenuti un privilegio enorme: si passano intere giornate all’aria aperta.
Come spesso accade, in Italia e nel mondo, i penitenziari vengono edificati in luoghi di straordinaria bellezza. La vista dalle finestre del carcere di Procida spazia in uno dei più bei panorami italiani: il Golfo di Napoli. Chissà se per i detenuti la vista sia stato un aiuto oppure un’ulteriore pena per la privazione della libertà.
L’abbazia di San Michele
L’abbazia è dedicata a San Michele Arcangelo patrono dell’isola, a cui i procidani sono particolarmente devoti per la sua straordinaria capacità di accoglier le suppliche di qualsiasi natura privata e pubblica. Al suo culto Procida dedica due processioni, l’8 maggio e il 29 settembre, molto partecipate, in cui il Santo viene fatto affacciare sul mare affinché benedica l’intera isola.
La bellezza dei luoghi, le numerose iniziative: 44 progetti culturali, 330 giorni di programmazione, 240 artisti, 40 opere originali e 8 spazi rigenerati, oltre alla calorosa accoglienza dei suoi abitanti faranno di Procida una straordinaria Capitale Italia della cultura 2022.
testo e fotografie di Paola Vignati – paolavignati.com