Sono gli inizi del primo secolo moderno quando Giulio II della Rovere, papa Giulio II, ridisegna con il Bramante la prima strada rettilinea più lunga di Roma, via Julia. Dall’altra sponda del Tevere c’è una strada più stretta che corre parallela alla via Recta, così com’era stata chiamata via Giulia, una strada percorsa dai pellegrini diretti alla tomba di Pietro: a sinistra il Gianicolo, a destra il Tevere senza muraglioni. Difficile immaginare un accesso diretto alle sponde del fiume, ancora più complicato cercare di percorrere oggi via della Lungara omettendo l’incessante frastuono del lungotevere percorso dalle auto. Su quella che un giorno era da tutti chiamata via Santa (oggi, appunto, via della Lungara) si affaccia Palazzo Corsini, che, insieme all’antistante Villa Farnesina, è sede dell’Accademia dei Lincei.
È il secolo della Guerra dei Trent’anni, della letteratura e dell’arte barocca, della colonizzazione delle Americhe, della nascita della scienza moderna. In una calda sera dell’estate romana del 1603 il giovane marchese di Monticelli, Federico Cesi, riunisce in un sodalizio scientifico tre amici: il nobile Francesco Stelluti di Fabriano, Anastasio De Filiis, conte di Terni e Johannes van Heeck, medico di Deventer. Sarà questo l’inizio di un esperimento unico nel suo genere che detterà nel tempo le linee guida di un forte rinnovamento culturale e scientifico.
Nasce, di fatto, la prima Accademia scientifica della storia, con emblema una Lince, simbolo di sagacia e di vista acuta sulle cose del mondo, che porta con sé il motto esplicativo sagacius ista. I primi passi del gruppo dei Lincei si muovono in segretezza, tra le ricerche che Cesi stesso definiva nostra arcana, tanto da destare i sospetti di molti, in particolare dei suoi stessi familiari che ostacolarono sin da subito il proseguimento del sodalizio. Disgregata momentaneamente l’Accademia, i quattro dei Lincei continuano la loro attività di ricerca separatamente, motivandosi a vicenda in un intenso scambio epistolare nell’intento di ricostituire al più presto l’adunanza accademica. Gli anni della separazione portarono numerosi frutti progettuali, tra i quali lo statuto accademico denominato Lynceographum, documento dal quale emerge chiaramente la vocazione laica dell’istituzione e la concezione ascetica della vita del ricercatore scientifico. Se i tempi non permettevano un netto distacco col passato aristotelico, ovvero quello del sapere improntato sulla legge dei secreta secretorum, del sapere per pochi eletti, questo, di certo, maturò nel tempo e nelle coscienze degli appartenenti all’Accademia soprattutto quando, con la ripresa delle attività pubbliche, entrarono a far parte del gruppo di ricercatori prima Giambattista della Porta e poi Galileo Galilei.
di Ilaria Starnino – filologa