Tra le figure femminili che popolano l’Odissea, una delle più interessanti agli occhi del lettore risulta essere senz’altro Calipso, “colei che nasconde”, una divinità marina che vive la sua eterna giovinezza nella sperduta isola di Ogigia, dove trattiene per sette anni Ulisse, scampato al vortice di Cariddi in uno dei naufragi che ne complicano il nostos: la dea si strugge d’amore per lui e vorrebbe farne il suo sposo, ma l’eroe desidera solo il ritorno a Itaca, da sua moglie Penelope, e versa lacrime copiose quando, seduto sulle rocce di fronte al mare, ne scruta l’orizzonte con il desiderio di varcarlo per tornare a casa.
La dea è del tutto incurante della volontà dell’eroe, rispondendo esclusivamente al suo bisogno di avere vicino l’amato: vuole quell’uomo tutto per sé e non si cura della sofferenza in preda alla quale, insensibile, lo lascia, in una sorta di stordimento provocato dai piaceri della passione amorosa. Le lacrime dell’eroe vengono accolte da Atena, la quale chiede a Zeus di intervenire, cosicché il padre degli dei manda Ermes da Calipso per convincerla a lasciarlo andare. A questo punto la dea intraprende una serie di azioni estreme: si oppone al volere degli dei, si mette in competizione con la rivale, sottolineando che la sua bellezza non sfiorisce, al contrario di quella della ormai anziana Penelope, anticipa a Ulisse i rischi e le disavventure che avrebbe incontrato durante il viaggio; tenta, infine, di convincerlo a restare con lei promettendogli l’immortalità. Ma nemmeno questa promessa vede l’eroe accettare la sua proposta, e così Calipso è costretta a lasciarlo andare, rimanendo a vivere per sempre la sua inestinguibile bellezza nella solitudine della lussureggiante Ogigia.
«Divino figlio di Laerte, Odisseo pieno di astuzie,
e così vuoi ora andartene a casa, subito, nella cara terra dei padri?
E tu sii felice, comunque.
Ma se tu nella mente sapessi quante pene
ti è destino patire prima di giungere in patria,
qui resteresti con me a custodire questa dimora,
e saresti immortale, benché voglioso di vedere tua moglie,
che tu ogni giorno desideri.
Eppure mi vanto di non essere inferiore a lei per aspetto o figura,
perché non è giusto che donne mortali
gareggino con le immortali per aspetto e beltà.»
(Calipso, Odissea, Libro V, vv.203-209)
«Dea possente, non ti adirare per questo con me:
lo so bene anche io che la saggia Penelope
a vederla è inferiore a te per beltà e statura:
lei infatti è mortale, e tu immortale e senza vecchiaia.
Ma anche così desidero e voglio ogni giorno
giungere a casa e vedere il dì del ritorno.
E se un dio mi fa naufragare sul mare scuro come vino,
saprò sopportare, perché ho un animo paziente nel petto:
sventure ne ho tante patite e tante sofferte
tra le onde ed in guerra: sia con esse anche questa.»
(Ulisse, Odissea, libro V, vv. 215-224)
di Raimonda Bruno – docente di materie letterarie, latino, storia e filosofia