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Stretto, profondo Sud. La valle dei relitti

L’acqua è calda e trasparente. Il paesaggio è arido. Il sole è alto sopra l’orizzonte. Le acque blu dello Stretto di Messina attendono subacquei curiosi di scoprire nuovi posti. Infinite distese di sabbia, rocce, leggendari pesci e molti relitti aspettano di essere raccontati. Questo è un mare tutto da scoprire. La secca dei Francesi, lo Scalone, i relitti Valfiorita e Arturo Volpe, e poi le bellissime secche di Scilla che si perdono nella vastità del blu oltremare. Lì, le gorgonie ondeggiano nella corrente come fili d’erba nella prateria.

Stella del Curto, Relitto Valfiorita (Stretto di Messina) – Fotografia www.stellastyles.com
Alessandro Pagano, The propeller of Arturo Volpe wreck, PHY Diving Equipment

Tra le tante immersioni ve n’è una che mi ha sempre affascinato più delle altre. Quando sono solo, c’è un posto in cui amo immergermi: il relitto dell’Alvah, a Cannitello. La corrente all’imbocco dello Stretto di Messina è potente ma anche docile, se la sai rispettare e conoscere.  A volte penso che immergermi sia più un fatto mentale che tecnico. Ho imparato a guardare il comportamento dei pesci per capire la corrente. A volte mi immergo avvolto nel buio del relitto senza torcia. All’inizio non vedo nulla, poi come un gatto nella notte stellata, mi iniziano ad apparire i chiaroscuri. Il relitto prende forma e colore, al naturale.

Relitto Alvah (Cannitello) – Fotografia di Marco Mori
L’antro di Glauco, immersione nello Stretto di Messina tra le ancore romane, Andrea Murdock Alpini – Fotografia di Marco Mori

Un bellissimo sito d’immersione è l’antro di Glauco. Questo punto di immersione è un porto sepolto dove si trovano ancore romane, ammiragliato, cinquecentesche o dell’Ottocento. Un vero sito archeologico sommerso. Immergersi qui è come entrare in una wunderkammer: una stanza delle meraviglie. Oggi si salpa a bordo del Raffio. Si tratta di un gommone che è stato attrezzato per immersioni tecniche e profonde. Lasciamo lo Stretto di Messina per dirigerci verso l’area grecanica. Il vento, durante la navigazione, cambierà due volte prima che arrivi a destinazione. La prima volta in corrispondenza del Faro di Capo dell’Armi.

La nave italiana Cordova in navigazione

Attorno a quest’area sono affondate moltissime navi durante le Guerre Mondiali, tra cui il Piroscafo Cordova. La nave batteva bandiera tricolore per conto del Lloyd Italiano Società Anonima di Navigazione di Genova, convertita in nave ospedale nel 1916. Il 4 luglio 1918 il piroscafo italiano è silurato presso Capo delle Armi dal sommergibile tedesco UC52 comandato da Hellmuth von Doemming. La nave era partita da Karachi, sotto il comando del Capitano Gil Di Borgia Adolfo, ed era diretta a Milo.
Oltrepassato il faro e la sua bellissima scogliera, dirigiamo la prua verSo Saline Joniche. La zona è ricca di relitti. Qui, altre navi si sono inabissate a profondità comprese tra i cinquanta e i duecento metri di profondità. Nel lontano 1891 è impostata nei cantieri di Flensburg la nave da carico Minna Schuldt poi convertita in Marzamemi sotto bandiera italiana nel 1934. Tre sono gli armatori nostrani che si passano la proprietà, mentre inglese è, ancora una volta, il sommergibile che la silura: TRIUMPH. Il 5 marzo 1941 affonda con il suo carico di zolfo.

Marzamemi, affondata il 5 marzo 1941dal sommergibile britannico Triumph di fronte a Melito Porto Salvo – Collezione Giorgio Spazzan

Oggi il relitto poggia sulla scogliera sommersa di Melito Porto Salvo attorno alla profondità di cinquanta metri. Lo stesso destino tocca, il medesimo giorno, a una nave dell’armatore di Torre del Greco. Aveva chiamato la nave come sua madre, Colomba Lofaro. Il relitto si trova vicino alla riva. Un’altra nave scomparsa non molto lontano da qui è il Ringulv, bastimento da carico commissionato da un armatore greco. Il piroscafo ha moltissimi cambi di proprietà prima di essere requisito ai norvegesi, nel 1940, dalla Marina Militare francese come preda di guerra. Due anni più tardi i cugini d’Oltralpe la restituiscono ai nordici. Questa volta sono i tedeschi a requisirla come bottino di guerra, le cambiano il nome in Norda. È il 1943, più precisamente il 14 giugno, quando il sommergibile britannico UNITED la affonda al largo di Capo delle Armi.

Il faro di Capo di Spartivento, nel comune di Brancaleone (RC),  sul promontorio più meridionale della penisola italiana

La giornata in mare è stata impegnativa ma ha dato ottimi risultati. È ora di tornare a terra. Domani continueremo il lavoro in altre zone. Il giorno seguente Raffio è pronto per prendere nuovamente il largo. Al largo del Faro di Spartivento mi risulta che il sommergibile tedesco U35 abbia silurato la nave da carico italiana Dandolo, varata nel 1906. Cinquemila tonnellate di stazza lorda. Un bel gigante di cento metri che si è inabissato da qualche parte. Gli indizi sul suo affondamento non sono tantissimi. Attorno all’area del faro di Spartivento, la carta nautica riporta molti segnali di relitti.
Il lavoro di ricerca è quello di togliere dalla rosa dei relitti molte navi che sono affondate assai più distanti rispetto a dove si presumono essere. È questo il caso del Sebastiano Bianchi, naufragato per l’urto con una mina depositata dal sommergibile britannico TRUANT. La nave è scomparsa il 13 dicembre 1940. Si trova a circa mille metri di profondità, a dieci miglia dal faro, non sotto costa. Sulla stessa direttrice, ma alcune miglia più a terra, si trova il relitto della nave cisterna Zeila. È il 23 marzo 1943 quando il sommergibile inglese UNISON la silura a quattro miglia da Spartivento. La nave è stata varata come Haliotis nel 1898 in Olanda. Poco meno di duemila tonnellate di stazza lorda e poco più di settanta metri di lunghezza.

Una nave italiana affonda dopo aver colpito una mina. Prima Guerra Mondiale – Collezione Andrea Concas

Spostandomi verso terra, mi sono recato alle coordinate 37° 53’ 33’’ N 16° 05’ 42’’ E. Lì si trovano i resti della nave Città di Bergamo, anch’essa persa durante la Seconda Guerra Mondiale. Il 14 marzo 1943 alle 12:08 è affondata dopo essere stata silurata dal sommergibile inglese UNBENDING. Durante la Prima Guerra Mondiale in questo tratto di mare affonda anche la nave Bosforo.

Il vapore Bosforo, affondato il 12 gennaio 1918 dal somemrgibile Austro Ungarico U28. Le vittime furono 36 – Collezione Giorgio Spazzan

Oggigiorno il relitto è posto sotto tutela storica dalla Soprintendenza Archeologica Subacquea della Regione Calabria. La nave è appoggiata a sessantatré metri di profondità. Si è spezzata in tre tronconi a seguito dell’esplosione che l’ha interessata il 12 gennaio 1918. È il sommergibile austroungarico U28 al comando di Zdenko Hudecek che incrocia il suo destino e la fa esplodere. Nell’esplosione muoiono nove membri dell’equipaggio e ventisette passeggeri. La nave italiana era in navigazione da Napoli verso la Grecia. Il piroscafo era stato costruito nel lontano 1878 in Scozia, a Glasgow. Allo scoppio del conflitto bellico, il Bosforo fa parte della flotta SITMAR, ovvero Società Italiana Servizi Marittimi. Immergendomi ritrovo il carattere d’epoca di una nave che nonostante l’età non è assolutamente invecchiata sott’acqua. Il relitto appare aggraziato in tutte le sue forme. La poppa è collassata per l’urto con il fondale. Nonostante ciò si può vedere chiaramente l’armamento che le era stato installato a bordo allo scoppio della guerra. Il Bosforo è reso così, a tutti gli effetti, un mercantile armato, il che giustifica dal punto di vista nemico il suo affondamento in periodo bellico. Il centro nave è ancora molto ben riconoscibile, con le murate, le infilate di oblò e poi le caldaie, quest’ultime bellissime. La parte prodiera invece appare più piatta. Questo relitto è davvero unico. Merita tantissime immersioni per essere apprezzato appieno. I dettagli vanno dalla macro alla micro scala. Ovunque lo sguardo si posi resto affascinato da tanta bellezza sommersa. Molti altri relitti mi aspettano là fuori. C’è ancora tanto lavoro da fare.

Andrea Murdock Alpini, ritrovamento relitto sulla Calabria ionica – PHY Diving Equipment

di Andrea Murdock Alpini

La storia completa della Greganic Wreck Valley è esposta nell’ultimo libro di Andrea Murdock Alpini: Nomade del Profondo, Magenes, 2024. Il libro narra di immersioni in grotta, in miniera e anche di altri strepitosi relitti per il mondo.

Autore

  • Classe 1985, si immerge dal 1997 in circuito aperto, in acque marine e lacustri prediligendo i relitti, storici o moderni. Subacqueo e istruttore tecnico TDI, SDI, CMAS, PTA. Collabora con le testate Scubaportal, Relitti in Liguria, NauticaReport, Sub Underwater Magazine, Scuba Zone e Ocean4Future. Tiene conferenze e seminari inerenti immersioni su relitti e subacquea tecnica. Organizza immersioni in luoghi insoliti e spedizioni subacquee su relitti. Documenta le proprie immersioni con video,...

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