Al Museo Bailo a Treviso, dal 30 novembre 2024 al 23 febbraio 2025, è visitabile una mostra coinvolgente e necessaria per ricordare i protagonisti del design e dell’architettura trevigiana degli ultimi sessant’anni accomunati dalla formazione in quella fucina straordinaria che fu lo IUAV di Venezia, con alcuni dei maggiori Maestri italiani nel corpo docente – Franco Albini, Ignazio Gardella, Bruno Zevi, Giuseppe Samonà, Egle Trincanato e Carlo Scarpa – e in città le grandi archistar internazionali, come Frank Lloyd Wright, Le Corbusier e Louis I. Kahn.
Si tratta di un’esposizione originale, promossa da [e]DesignFestival, che ci porta a ricordare i progetti ma anche le personalità, gli incontri e le riflessioni di protagonisti quali Luciano Gemin, Giuseppe Davanzo e Livia Musini, Vittorio Rossi, Marilena Boccato e Gian Nicola Gigante, Roberto Pamio, Paolo Bandiera e Umberto Facchini. Professionisti e studi che hanno lasciato un segno nel panorama artistico e culturale italiano e nella trasformazione del tessuto urbano veneto e trevigiano in particolare, nel dopoguerra e negli anni del boom economico, accomunati tutti dalla formazione universitaria svolta allo Iuav di Venezia, che in quegli anni – in una congiuntura delle più favorevoli – riuniva nel corpo docente alcuni dei grandi maestri dell’architettura italiana.
Differenti con metodo, curata da Luciano Setten direttore artistico di [e]DesignFestival, con Mario Gemin, Giuseppe Cangialosi e Luca Facchini, coorganizzata con la Città di Treviso e i Musei Civici di Treviso in collaborazione con FATV-Fondazione Architettura Treviso e Forma Ubis, attraverso foto e documenti d’epoca, schizzi, disegni e progetti originali, ma anche oggetti iconici ideati dagli architetti e designer, e beni e opere personali specchio di passioni e interessi intellettuali e artistici, rievoca dunque quel clima pionieristico ed effervescente. Con esso, emergono anche gli impegni progettuali,le visioni, la linfa creativa necessaria ad accompagnare lo sviluppo imprenditoriale e sociale del tempo di cui furono capaci i professionisti trevigiani: spesso amici nella vita e nell’attività – tra le testimonianze anche l’ultima cartolina che Carlo Scarpa inviò a Luciano Gemin il giorno prima di morire in Giappone – e inevitabilmente impegnati nel dibattito culturale del secondo dopoguerra, ove una Treviso ferita e bombardata attendeva di essere ricucita e rivissuta, mentre il territorio e la società crescevano e s’industrializzavano senza meditare e pianificare le trasformazioni.
Il periodo storico ripercorso nelle opere e nei ricordi degli architetti selezionati – dal 1960 al 1990 – fatto di geniali invenzioni, straordinaria capacità progettuale, innovazione nelle linee, nelle forme e nelle funzioni abitative e di prodotto, ci porta a considerare, come scrive Roberto Masiero, “…le trasformazioni politiche e ideologiche che hanno accompagnato il boom economico, l’emergere di una nuova classe dirigente, lo sviluppo di una industria diffusa dei beni di consumo, a medio contenuto tecnologico ma ad alto contenuto di immagine; l’inurbamento scomposto, che ha modificato il paesaggio rurale ed ha letteralmente violentato i modi d’uso dei centri storici”.
Il percorso espositivo cerca soprattutto di evidenziare da un lato l’anima segreta delle cose, con particolare attenzione a una ricerca formale che possiamo riscontrare costantemente nelle opere degli architetti selezionati; dall’altro la caratteristica che, pur nelle loro diversità, univa e determinava quella generazione di grandi personalità: la capacità di disegnare a mano quale strumento per “vedere il Progetto”. L’allestimento è stato pensato per aree tematiche: La formazione a Venezia, Le architetture, Il design, Gli interessi collaterali.
Una mostra che fa riscoprire architetture ma anche le antesignane creazioni di design, accompagnate da schizzi e disegni originali – come le lampade create da Roberto Pamio o i mobili per Faram progettati da Paolo Bandiera e Umberto Facchini – e le passioni personali, per scoprire i lati meno noti o “ufficiali” di questi artisti: la scrittura di libri gialli cui si dedica Giuseppe Davanzo negli ultimi anni di vita, l’attività di pittore che Gian Nicola Gigante non abbandona mai, la passione fotografica di Facchini, Davanzo e Rossi. Proprio con questo obbiettivo la mostra è accompagnata da due interessanti momenti collaterali sempre promossi da [e]DesignFestival che coinvolgono anche altre importanti realtà cittadine: il Museo Nazionale Collezione Salce e la Fondazione Benetton.