Fotografia dell’architettura
Fotografo fra i più apprezzati e riconosciuti a livello internazionale, nato a Bad Kreuznach, in Germania, Karsten Thormaehlen ha lavorato come direttore artistico e creativo nella pubblicità per circa dieci anni, di cui cinque a New York dove ha sviluppato campagne per marchi di lusso con noti fotografi e registi. Interessato alla filosofia, alla storia dell’arte, alle scienze politiche e al graphic design, laureandosi a Mainz e Wiesbaden, da tempo indirizza la sua esperienze e creatività verso progetti freelance, spaziando in diversi campi tematici della fotografia e seguendo un approccio artistico-sociologico. Un’area di interesse speciale per Thormaehlen è la fotografia dell’architettura e in particolare quella dell’edificio del teatro d’opera che, come lui stesso afferma, ha radici profonde nel suo vissuto familiare.
Ma in questo caso le sue fotografie non sono pensate per descrivere l’intervento architettonico ma per esaltare il contenuto di progetto che inizia con i segni e ritorna ad esso con un valore più qualificato, più completo, più alto: i segni dell’architettura.
Identità dei luoghi e segni iconici
Gli interventi osservati, elaborati dal suo occhio fotografico sono delle opere di grande statura nell’architettura contemporanea: la Sydney Opera House, realizzata in Australia, il Walt Disney Concert Hall a Los Angeles, negli Stati Uniti, la Den Norske Opera ad Oslo in Norvegia e infine il CEM Centro Eventi Multifunzionale Il Maggiore a Verbania, in Italia. Quando ho visto le fotografie di Thormaehlen sono stato attratto dai pesi compositivi delle immagini. Le architetture o le parti di esse vengono qui trattate con un’estrema sintesi che ci riconduce rapidamente all’identità dei luoghi o in molti casi ai suoi protagonisti, come gli iconici segni di Frank Gehry al Walt Disney Concert Hall.
La perfetta armonia
Nelle immagini proposte per la Den Norske Opera, i segni sono trattati con rigore, quel rigore nordico che tutti conosciamo e che riconducono al materiale utilizzato nel manufatto architettonico e all’uso di esso oltre il suo aspetto funzionale.
Possiamo citare a questo proposito il grande architetto Walter Gropius che in un suo scritto del 1955, Architecture, ci indirizza a riflettere su questo aspetto: «Lo slogan “anche il funzionale è bello” è vero solo a metà. Quando chiamiamo bello un volto umano? Le parti di ogni viso hanno uno scopo, ma solo quando sono perfette nella forma, nel colore e nell’armonia ben equilibrata il viso merita il titolo onorifico di “bello”. Lo stesso vale per l’architettura. Solo una perfetta armonia nello scopo tecnico-funzione così come nelle proporzioni delle forme può produrre bellezza. E questo rende il nostro lavoro così vario e complicato».
Diversamente nella fotografia della Sydney Opera House, il protagonista è il territorio australiano, con la sua luce, il suo colore arancio-rosso che ci rimanda al suo intenso paesaggio. L’immagine fotografica dell’architettura diventa nella luce, e in quella luce, un tramite per raggiungere un punto più alto, la dimensione di ciò che chiamiamo arte.
Architettura e Natura
Le Corbusier in un suo scritto del 1922, Vers une architecture, ci illumina su questo aspetto: «L’architettura è il gioco artistico, corretto e magnifico delle strutture raccolte sotto la luce. I nostri occhi sono fatti per vedere le forme sotto la luce: luci e ombre rivelano le forme. I cubi, i coni, le sfere, i cilindri o le piramidi sono le grandi forme primarie che la luce rivela chiaramente; la sua immagine ci appare pura e tangibile, inequivocabile. Ecco perché sono belle forme, le più belle di tutte. Tutti sono d’accordo su questo, il bambino, il selvaggio e il metafisico. È qui che si trovano le condizioni di base delle arti visive».
Con gran maestria Thormaehlen trasforma il punto di osservazione rielaborando il concetto visivo e ci riporta al rapporto tra architettura e natura, concependo le immagini come dipinti metafisici, al di fuori della realtà stessa.
Questo aspetto viene riproposto allo stesso modo nelle fotografie del CEM a Verbania ma in questo caso l’edificio si potenzia assumendo delle valenze di umanità. L’immagine del CEM, è un discreto dire, è un comunicare a noi tutti che l’architettura va oltre l’architettura stessa e che solo concepita nella sua grande pienezza, nel rapporto complessivo con l’identità, col territorio, con l’ambiente e in sintesi raccogliendo il significato in un unica parola, con l’altro, può dare risposte esaustive e può affrontare quelle importanti sfide per qualificare e migliorare il nostro vivere futuro.
Fabrizio Citton – architetto e designer
Fotografie: Karsten Thormaehlen