Fino al 24 giugno, Rosso20sette arte contemporanea presenta a Roma la mostra When the walls become canvas, a cura di Tiziana Cino e Stefano Ferraro, con testo e interviste di Giorgio Silvestrelli. Si tratta di una collettiva di 13 street artist internazionali: Daniel Eime (Portogallo), Lidia Cao (Spagna), Solo (Italia), Diamond (Italia), Ligama (Italia), Oniro (Italia), Luogo Comune (Italia), Alessandra Carloni (Italia), MauPal (Italia), Jerico (Filippine), Chekos’Art (Italia), Fabio Petani (Italia), Motore Fisico+Mafm (Italia ). L’esposizione consente di ammirare le tele su cui questi artisti hanno realizzato alcuni dei loro più importanti murales; inoltre, sono esposti alcuni bozzetti originali e un modellino di un murale dei Motore Fisico realizzato insieme ai Mafm.
Di seguito il testo di Giorgio Silvestrelli
Portarsi a casa un pezzo di strada
Nella mia vita sono stato fortunato perché ancora prima che la street art diventasse virale e molto conosciuta, ad Ancona, la mia città natale, si è tenuto PopUP! uno dei primi festival in Italia. Era il 2007 e questa forma d’arte iniziava a muovere i suoi primi passi nel nostro paese. Mi è sempre piaciuto fare foto e, vedere che la mia città cambiava faccia attraverso questi grandi disegni, mi è sembrata un’occasione unica da documentare.
Sono una persona curiosa che ama fare nuove esperienze quindi mi sono proposto per aiutare gli organizzatori del festival. Immediatamente mi sono reso conto di quanto lavoro e quanta fatica servisse per realizzare un murale. Piccolo o grande, dipingere un muro è un lavoro che richiede passione e determinazione. Vedere una parete grigia che a poco a poco diventa un’opera d’arte è stata per me una sorta di epifania. C’è qualcosa di magico nell’assistere a questo processo. Quella magia ha toccato profondamente il mio cuore e così nel 2012 mi sono trasferito a Roma affascinato dal progetto MURo.
Nel corso degli anni ho aiutato molti artisti a realizzare opere in diversi quartieri della città. Ho lavato molti pennelli, trasportato spray e secchi di vernice. Ho spostato scale e trabattelli, e naturalmente ho fatto molte foto. Qualche artista, per velocizzare i tempi di lavorazione, mi ha chiesto di fare delle campiture. Anche io sono diventato parte di quella magia che si può chiamare arte urbana. Alcune volte mi sento un po’ come la donna che si fa tagliare in due dal mago. Fare l’assistente degli artisti in strada mi ha permesso di vivere molte avventure incredibili. Così tante che ci vorrebbero giorni per raccontarle. Ecco spiegato il motivo per cui oggi la galleria Rosso20sette ha scelto me per scrivere il testo sulla mostra dal titolo When the walls become canvas.
Sono Giorgio Silvestrelli, sono un freelance, e la street art è un pezzo importante della mia vita. Non sono un artista, ma so cosa vuol dire vedere un muro diventare un’opera d’arte. Un’opera d’arte nasce sempre da un’idea. L’idea inizia a prendere forma in uno sketch. Una matita, un foglio di carta o un pc sono gli strumenti per trasformarla in realtà. A questo punto l’artista è chiamato a scegliere il supporto definitivo dove la sua idea vivrà.
Gli street artist sono quella particolare categoria di creativi che ha deciso, razionalmente o meno, che le loro opere vivranno in mezzo alla gente, sui muri delle città. Fare un murale è sempre una vera impresa. Non importano le dimensioni, dipingere in strada è sempre un’avventura. Sono tante le incognite e poche le certezze. Il meteo è uno di quei fattori con cui ognuno di noi deve fare sempre i conti, ma per gli street artist è un elemento decisamente non trascurabile. Chi dipinge in strada ha la consapevolezza che starà sotto al sole o al freddo per molte ore al giorno. Alle volte il caldo intenso e il freddo pungente si alternano nella stessa giornata. Per non parlare della pioggia che può distruggere in pochi minuti ore di lavoro.
Quando si realizza un murale, l’ambiente circostante non è un elemento da sottovalutare. L’opera dovrebbe incastonarsi in quel determinato spazio urbano, quasi come se ne avesse sempre fatto parte. Altrimenti il tutto verrebbe percepito come una forzatura, un esercizio di stile o, peggio, uno “sgarbo” nei confronti delle persone che vivono in quel luogo. Affinché ciò non avvenga, gli artisti si sentono quasi obbligati a studiare il territorio e le sue storie. Dipingere in strada significa rinunciare a tutte le comodità del lavoro in casa o in studio. Non ci sono sedie, i bagni sono sempre un’incognita e c’è sempre tanta confusione. C’è il frastuono del camion elevatore che porta gli artisti a vette vertiginose, il caratteristico suono delle bombolette che vengono agitate, il rumore provocato dallo spostamento di scale, secchi pieni di vernice o acqua e, naturalmente, il traffico e le voci dei passanti.
Complimenti, parole di ammirazione, curiosità, stupore, gioia e a volte anche rabbia o amarezza. Il confronto con il pubblico, che ogni artista vive in maniera assai personale, avviene immediatamente, senza filtri, senza censure o pudore. Forse è proprio questo stretto contatto con la gente uno dei tanti fattori che spinge sempre più persone a produrre opere di street art o ad appassionarsi a questo movimento artistico.
Quando un murale è finito, dopo le foto di rito, si ritorna a casa con le ossa rotte, sporchi, con uno zaino pieno di sorrisi e con le occhiaie, ma anche con tante storie. Quelle vissute sulla propria pelle in quei lunghi giorni folli e quelle che le persone sentono la necessità di raccontare a chi dipinge. E sono molte. Ancora oggi resta, per me, un mistero il perché la gente empatizzi immediatamente con chi dipinge un muro e senta la necessità di fare domande o esporre la propria opinione. La street art ha il dono di parlare a tutti, nessuno escluso, e molti sentono il diritto/dovere di esprimersi in merito a quanto sta avvenendo davanti ai loro occhi. L’insieme delle storie e delle esperienze fa sì che ogni murale sia unico e irripetibile, per gli artisti ma anche per le persone e quindi, a tutti gli effetti, è un’autentica opera d’arte.
Con la mostra When the walls become canvas Rosso20sette Arte Contemporanea ha chiesto a 13 street artist di riprodurre un loro murale dentro un supporto più a misura di collezionista come una tela. Quasi come regalare l’illusione di potersi portare a casa un pezzo di strada.
Perché i quadri, ci insegna la Storia, possono sopravvivere allo scorrere del tempo mentre per i murales non è minimamente ipotizzabile sapere quanto resisteranno in strada.
Chi produce un’opera di street art ha la chiara consapevolezza che tutta quella fatica, quell’impegno e passione possano essere danneggiati o distrutti il giorno successivo. Ma è proprio questa caducità ed incertezza uno dei tanti validi motivi, oltre a quelli sopra elencati, per cui ci sarà sempre qualcuno che continuerà a dipingere le mura delle nostre città regalandoci un momento di stupore e meraviglia.