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Collezioni singolari: le letterine di Natale

Nella mia collezione di letterine di Natale costituita da un cospicuo numero di originali, superiore alle trecentocinquanta unità e provenienti da tutta Italia, si trovano dei veri e propri capolavori nei quali è esternato il sentimento affettivo dei ragazzi di un tempo a genitori e familiari durante le festività natalizie. Quelle di fine Ottocento/inizio Novecento, realizzate con materiale di particolare interesse non solo dal punto di vista estetico ma anche storico, sono capolavori impreziositi con cornici traforate a punzone o stampate a rilievo con vistose decorazioni barocche lumeggiate in oro. Tecnica questa che arricchisce il materiale utilizzato e rende solenne il messaggio scritto.

Possono presentarsi dorate, traforate o lavorate a punzone e riportano generalmente in calce immagini tipiche del Natale: la natività, l’adorazione dei pastori, il piccolo Bambino Gesù tra angioletti deposto su una stilizzata mangiatoia, da solo o in compagnia della sua famiglia. Sotto l’immagine natalizia, cinque o sei righe consentivano al fanciullo di scrivere l’inizio dell’augurio, indirizzato ai “Cari genitori” oppure, se le condizioni socio-economiche della famiglia lo consentivano, le letterine potevano diventare due: una indirizzata alla “Cara mamma” e l’altra al “Caro babbo” o “Caro papà” a seconda del territorio in cui venivano veicolate, Nord o Centro-Sud.

 

Dalla loro lettura si evince un peculiare modo di pensare e di amare. Parlano di affetto, di gratitudine, di buoni propositi da mettere in atto per il nuovo anno, ma soprattutto contengono il “senso del grazie e dell’incanto” che forse manca ai bambini di oggi.   Questa manifestazione di augurio, realizzata su quattro facciate aveva spazio e righe anche nelle pagine all’interno, raramente utilizzate, ove poter continuare a esprimere pensieri natalizi. Dal punto di vista affettivo, questi preziosi documenti dei piccoli di un tempo, rivestono uno straordinario interesse storico. Il modo di esprimersi dei bambini non era affatto povero dal punto di vista della comunicazione sentimentale. Le necessità presentate al Bambino Gesù erano soprattutto quelle di far stare bene, in salute, i propri genitori. Ciò che colpisce, a primo acchito, è la grafia dell’autore che pur essendo nella maggior parte dei casi un bimbo, incominciava dalle prime classi elementari a essere avviato allo studio della bella grafia. Testi semplici che fino all’inizio del Novecento erano scritti con pennino e calamaio. Dalla scrittura dell’autore si può risalire anche alla sua età in quanto si è potuto constatare che quelle elaborate dai più piccoli oltre a evidenziare la mano incerta, presentano spesso vistose correzioni, operate dagli adulti istruttori. Per i più grandi, viceversa, si nota la mano sicura. Tra i giovani autori c’è chi notifica ai genitori – sicuramente con l’aiuto della maestra – la   novità di aver imparato a scrivere e con l’occasione riesce a formulare gli auguri: “[…] ho imparato a scrivere e adesso anche se sono piccino posso augurarvi tanto bene […]”.

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di Antonio Iannicelli – collezionista

 

 

 

 

 

 

 

 

Autore

  • Presidente dell’Associazione Calabrese di Collezionismo Vario è autore di diverse pubblicazioni d’interesse storico-sociale. Figlio della tradizione contadina ha prodotto diversi contributi sulla cultura subalterna in Calabria (Paesi di Calabria; ‘A sciorta ‘i Luccetta; Curiosità e salute pubblica in Calabria; ‘A ZZa Filippa e le case di tolleranza a Catanzaro) e quale Funzionario delle Ferrovie Calabro-Lucane ha realizzato diversi saggi a tema (Per binari e stazioni Tra Pollino ed Aspromonte;...

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