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Dalle cose altri miraggi. Gianni Valbonesi, 60 anni di collages e di avventure

Sessant’anni di collages e di avventure dell’artista Gianni Valbonesi sono raccontati nella mostra antologica “Dalle cose altri miraggi”, in programma a Modena fino al 19 giugno 2022 all’interno del Complesso di San Paolo, recentemente restaurato.

Gianni Valbonesi, Al modenese ignoto, 1965, collage e assemblage, cm 52×38

Con un anno di ritardo dovuto alla pandemia (il sessantesimo dell’attività artistica di Valbonesi ricorreva nel 2021), la mostra propone  una ricostruzione critica dell’intera carriera dell’artista, profondamente legato alla città di Modena in cui risiede e lavora da sempre. Il percorso espositivo comprende una novantina di opere, di cui venti inedite, altamente rappresentative di una ricerca che, nella tecnica del collage, ha trovato il suo linguaggio d’elezione in un dialogo continuo tra materiali e supporti, tra evocazioni ed emozioni, tra fantasia e realtà. Frequenti, i riferimenti a Paul Klee per la capacità di conferire esistenza all’immagine, a Kurt Schwitters per la tecnica combinatoria degli assemblaggi fatti con i materiali più disparati, a Jean Dubuffet per la ritrovata gioia del fare, per l’esigenza vitalistica di cui l’opera deve connotarsi, e ad altri protagonisti della storia dell’arte internazionale.

Gianni Valbonesi, Andalusia-Latvija, 2003, collage e assemblage, cm 45×45

Nelle opere di Gianni Valbonesi sono presenti carte di ogni tipo (spartiti, biglietti, etichette, strappi), accanto ad una miriade di oggetti che sembrano caduti inavvertitamente dalle tasche del tempo: tappi, brugole, bottoni. E ancora foglie d’acero, velluti, cordini, schegge di specchi e porcellane: il gesto artistico li salva, reintegrandoli in una nuova totalità dominata dalla meraviglia e dall’incanto del colore.

Gianni Valbonesi, Howl n°1, 1965, collage e assemblage, cm 32×35

Mario Bertoni e Luciano Rivi sono gli autori dei testi critici pubblicati nel catalogo. Così Bertoni descrive il lavoro dell’artista: «Un giorno di novembre del 2021 chiesi a Gianni Valbonesi come si comportava di fronte alla pagina, alla tela bianca, e lui mi replicò: “soffro di horror vacui, non sopporto quel momento, quando tutto è ancora da fare. Comincio a riempire la superficie di oggetti, di frammenti”. Innanzitutto, si è in presenza di un artista il quale, anziché fuggire presso l’ispirazione, trova nel fare concreto e nell’esperienza il modo per affrontare la sperimentazione. […] Effetto di superficie o senso del profondo? Entrambi, come tutti i sensi che le sue opere invocano, come avveniva negli interventi di arte totale».

Gianni Valbonesi, Howl n°2, 1965, collage e assemblage, cm 35×32 (collezione privata)

E così ne parla Luciano Rivi: «L’arte non si fa cercando ma piuttosto direttamente trovando. Che vuol dire come siano direttamente le cose che circondano l’artista a guidarlo nella sua attività creativa, e non valga come per altri un significativo momento ideativo o progettuale preliminare a quel confronto. […] La scommessa sembra essere quella di una possibilità di riabilitazione anche per tutte quelle immagini che per buona parte della loro vita sono state chiamate a svolgere un ruolo da comparse nella condizione banale di una quotidianità più o meno segnata dalla società dei consumi. Non è che quella precedente vita, così artefatta, debba venire smentita: dovrà piuttosto essere rivitalizzata attraverso un processo che porti a ulteriore acquisizione di senso».

Gianni Valbonesi, Monumento Parco Resistenza, Modena, 2 giugno 2002

Gianni Valbonesi, festeggia dunque questo suo traguardo nella sua città, con gli amici, la famiglia, i collezionisti e quanti hanno seguito nel tempo il suo lavoro, consapevole che siano «poche le persone che hanno la fortuna di poter fare lo stesso lavoro per sessant’anni. Walter Guadagnini, diversi anni fa, diceva che i miei lavori sono sempre uguali, ma sempre diversi. Credo avesse ragione. Ci sono connessioni profonde, richiami, ritorni. Quando inizio un’opera non ho quasi mai idea di come andrà a finire. La composizione finale è frutto di scelte progressive, fino al momento in cui tutto trova un suo equilibrio».

Gianni Valbonesi – Nato a Roma nel 1941,  cresce a Modena dove si diploma all’Istituto d’arte Venturi. Nella città emiliano continua a vivere e lavorare, dipingendo i suoi quadri con tecnica quasi esclusivamente a collage. La scoperta di Jean Dubuffet (a Venezia nel 1960), la successiva conoscenza dell’opera di Kurt Schwitters e quindi della poetica e della lezione formale di Paul Klee sono state determinanti nelle scelte formative iniziali e riemergono più o meno costantemente fino alla produzione più recente, pur se attraversate da una narrazione autobiografica. Nel corso di oltre sessant’anni di carriera ha partecipato a decine di mostre collettive e tenuto ventisei mostre personali; sue opere sono apparse su copertine di libri, ha partecipato a rassegne internazionali di Mail Art e nel 1999 a “Gli artisti modenesi raccontano il Duomo”, contribuendo inoltre all’illustrazione dell’“Evangeliario” (2000). Nel 2002 ha realizzato un’opera monumentale per il Parco della Resistenza di Modena, collaborando a varie edizioni del festival filosofia di Modena.

Gianni Valbonesi

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