Vai al contenuto

Editoriale 11/MMXXIII

Antonio Canova è l’espressione della bellezza assoluta per noi che oggi possiamo ammirare la sua “magnifica arte”; ma lo fu già e anche nel suo tempo quando attirò l’attenzione di collezionisti, cultori e principi di tutta Europa che ne esaltarono il genio e se ne contendevano le opere. Il suo studio romano fu assai frequentato e la magia che da lì si sprigionava lo consacrò come il più grande scultore del vecchio continente. Persino Napoleone ne fu rapito al punto che tentò, senza successo, di persuaderlo a dirigere  il museo imperiale del Louvre. Curiosamente l’attività di Canova si intrecciò ancora con quella del Bonaparte, dopo l’uscita di scena di quest’ultimo, quando l’artista di Possagno fu incaricato di recuperare l’immenso patrimonio trafugato in ogni dove dall’Imperatore francese. Siamo nel 1816, un periodo in cui l’Europa sembra godere di una pace restituita dopo tanti conflitti: Canova ne celebra allegoricamente il significato realizzando il gruppo scultoreo di Venere e Marte a cui abbiamo dedicato la copertina di questo nuovo numero di «Globus». La dea Venere simboleggia l’armonia e il benessere, e in quest’opera sembra intenta a distrarre Marte, dio della guerra; ai loro piedi giacciono lo scudo, la spada e una cornucopia, i cui frutti esprimono il ritorno alla prosperità. Un’allegoria valida ieri, e valida sempre. Un significante che rimanda a un contenuto fondamentale. Un messaggio su cui transita un auspicio che parte dall’arte per attraversare luoghi, popoli, visioni, culture, corteggiando la possibilità di un’armonia e di una pace necessarie alle nostre vite.

di Fabio Lagonia

Immagine: Il Tempio di Antonio Canova a Possagno (TV) – Fotografia di Angelo Aldo Filippin, 2022

Autore