Fotografie, frammenti, sensazioni. L’anima di un viaggio che si cristallizza nello sguardo. La montagna è profondamente vera, ricolma di una ricchezza dove ogni parola o gesto, ogni sfumatura di colore o pietra, ogni emozione o percezione diventa un collegamento tra cielo e terra. Frammenti di montagna, tutti allineati. Frammenti di una memoria del tempo, di un paesaggio che – ripreso dall’obiettivo fotografico – già cambia e si dissolve… nelle nuvole, nel ghiaccio. Frammenti di vita rarefatta, dura; profondi respiri e lenti movimenti, eteree sensazioni. Pochi incontri di esseri solitari, impercettibili attimi del tempo, momenti di infinita comunità, abissi di solitudine, coesistenza del Creato, con il Creato, sia scienza sia spirito. E l’uomo, fumo di camino, nebbia bagnata, ossa stanche che scricchiolano. La lentezza che si percepisce nel tutto che circonda il nostro sguardo, il nostro salire o discendere, vorticosamente, come un rivolo che diviene impetuoso torrente. La lentezza avrà tutto il tempo per modellare, e si placherà al piano. Il profumo del fieno, seduto sul masso. Cornacchie che portano ricordi e paure, un muro di alpeggio in un caldo abbraccio. L’infinito guardare, lontano, di un orizzonte precluso, lontano, là, più in là alla ricerca di pace o voglia di riprendere il cammino. Briciole cadute dalla mano degli dei del monte, seta tra le dita, bianchi cristalli, voglia di sostare.
Sono solo frammenti quelli che ci presenta Elisa Scaramuzzino nel suo viaggio sulle vette, arrampicandosi verso ciò che alcuni definiscono l’inutile e che io ho “vissuto” attraverso le sue immagini quasi come essere stato al suo fianco mentre saliva e mentre quelle vette le riprendeva. Sono solo frammenti, o forse sono un’unica fotografia del nostro desiderio di infinito, di ascolto dei rumorosi silenzi della natura; sono la lentezza, l’armonia, la meraviglia di quello che vorremmo trovare aprendo la finestra in un mattino del nostro caotico tempo, o il toccare per un momento la tranquillità dell’appagante fatica dell’aria sottile, dello scarpone che si aggrappa alla roccia. Sono frammenti che divengono una sola fotografia, di vita desiderata e continuamente ricercata. Sono frammenti in bianco e nero: forti, comunicativi, duri e alle volte violenti o flebili come un soffio. Un bianco e nero che accoglie lo sguardo che si arricchisce di emozioni, dell’immensità del paesaggio, della percezione proveniente da forme e segni amplificati da quel tratto che solo il monocromo fotografare permette. Fotografie che sollecitano tutti noi ad aggiungere il colore della memoria, del vissuto o dell’immaginato.
di Roberto Besana – fotografie di Elisa Scaramuzzino