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I Macchiaioli

La forte luce, bianca, calda e penetrante, inonda il paesaggio, obbliga a socchiudere gli occhi, abbaglia il terreno filtrando potente tra la vegetazione. Macchie di ombra senza sfumature lo tappezzano, contrastando come possono la luminosità straripante. Questi dati naturali, di un paesaggio ancora selvaggio e incontaminato, dove l’azione degli elementi naturali è ancora padrona e dove la luce è una presenza incontrastata, descrive l’ambiente che ospitò la cosiddetta scuola di Castiglioncello. Siamo nella Toscana della seconda metà dell’Ottocento, in un primo periodo tra il 1861 e il 1867 che si prolungherà fino al 1889. La tenuta di Diego Martelli, il mentore e l’ideologo del gruppo dei “macchiaioli”, si trovava infatti in questa località della costa livornese a pochi chilometri a sud del capoluogo dove la costa è ancora rocciosa e splendidamente a picco su di un mare blu cobalto e dove il vento di libeccio è signore dell’atmosfera che costantemente spazza dalle nubi lasciando la scena alla luce.

Giovanni Fattori, Fascinaia a Castiglioncello, 1885, olio su tavola – Collezione privata

Il termine spregiativo di “macchiaioli” fu intenzionalmente adottato a partire dal 1861 da Signorini, una delle menti più brillanti del movimento, come termine identitario del gruppo di giovani artisti dell’Accademia di Firenze che dal 1855 aveva come luogo di ritrovo e di confronto il caffè Michelangiolo in via Larga a Firenze, non lontano da Piazza San Marco.

Adriano Cecioni, Il caffè Michelangiolo, 1866 ca., acquarello su carta – Collezione privata

Alcuni acquarelli-caricatura di Adriano Cecioni ci mostrano con spirito tipicamente toscano i frequentatori del caffè artistico: Silvestro Lega, Vincenzo Cabianca, Giovanni Fattori, Telemaco Signorini, Nino Costa, Odoardo Borrani, Vito D’Ancona, Cristiano Banti, Serafino De Tivoli e altri che faranno la storia del movimento come Giuseppe Abbati e Raffaello Sernesi.

Vincenzo Cabianca, Portatrice dell’acqua, non datato, olio su tela – Collezione privata

Studenti dell’Accademia fiorentina e in parte patrioti reduci dalle campagne rivoluzionarie del ’48 provenienti da tutta Italia, godevano della possibilità che il Granducato di Toscana offriva ai profughi di poter trovare accoglienza. I “macchiaioli” ebbero quindi una connotazione e una partecipazione nazionale e non solo vernacolare toscana facendone, più della scapigliatura milanese, un movimento unitario della cultura italiana che avrà come obiettivo quello di rinnovare in maniera originale la pittura storica delle accademie e di spingere la ricerca del vero verso nuovi orizzonti attraverso il dato della luce intesa come mezzo per esplorare la realtà e le vicende degli uomini che la popolano. Luce che rivela, in contrapposizione all’ombra, forme e volumi e alla quale giustapponendosi senza mediazione farà dell’immediatezza bozzettistica della stesura un elemento di rottura. I colori stesi in zone cromatiche affiancate più o meno ampie, macchie appunto, determineranno la tecnica che verrà sperimentata e indagata nei due poli di Castiglioncello e Piagentina, entrambi a partire dal 1861.

Silvestro Lega, I fidanzati (I promessi sposi), 1869, olio su tela – Museo Nazionale Scienza e Tecnica Leonardo da Vinci, Milano

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Testo e fotografie di Cesare Castagnari – architetto e storico dell’arte

Immagine in copertina: Giovanni Fattori, Rappezzatori di reti a Castiglioncello, 1870 ca., olio su tavola – Collezione privata

 

Autore

  • Laureato a pieni voti in architettura presso l'Università degli Studi di Firenze nel 1995, architetto professionista dal 1996, ha ottenuto l'abilitazione come Guida Turistica Nazionale nel 2019. Docente di Storia dell'Arte e disegno nei Licei.

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