I sospiri…
“Ero a Venezia sul Ponte dei Sospiri;
Un palazzo da un lato, dall’altro una prigione:
Vidi il suo profilo emergere dall’acqua
Come al tocco della bacchetta di un mago.”
Con queste parole tratte dall’incipit del quarto canto de Il pellegrinaggio del giovane Aroldo, il celebre poeta inglese Lord Byron, tra il 1816 e il 1819, passando dal ponte che collega Palazzo Ducale alle prigioni, inventò il nome che poi sarebbe universalmente rimasto famoso e carico di suggestioni, poesia e fascino: Ponte dei Sospiri. Un modo per ricordare proprio i sospiri fatti dai condannati mentre, dalle piccole finestre di pietra traforata, guardavano la laguna di Venezia per l’ultima volta e assaporavano l’ultimo fugace anelito di libertà.
Palazzo Ducale e dintorni
Capolavoro dell’arte gotica veneziana è l’adiacente Palazzo Ducale, simbolo della città e sede del Doge, che ospita interni riccamente e magistralmente decorati da artisti quali Tiziano, Veronese, Tiepolo e Tintoretto. Ma dietro quest’apparenza incantata si celano alcuni luoghi davvero terribili come ad esempio i Pozzi, prigioni costituite da piccole celle umide, rischiarate solo da lumi a olio e areate da fori ricavati nel muro, o i Piombi, carceri riservate a reati meno gravi e dove le condizioni erano migliori rispetto a quelle dei Pozzi sopracitati, o ancora la Stanza della Tortura o la Sala degli Inquisitori.
Di notevole interesse è anche il loggiato del primo piano, che si affaccia sulla Piazzetta proprio di fronte alla Biblioteca Marciana, e presenta due colonne, la nona e la decima, di colore rosa rispetto alle altre di colore bianco. Sembrerebbe che, tra queste due colonne in marmo rosso di Verona, il Doge presenziasse alle cerimonie e annunciasse le sentenze capitali: questo spiega il colore diverso che ricorderebbe quello del sangue.
San Teodoro e il leone alato
Un’altra curiosità legata al medesimo palazzo si trova sul lato sud-ovest, dove di notte si possono vedere due piccole luci, che restano sempre accese, in ricordo di uno dei pochi errori giudiziari della Serenissima: il fornaio Piero Tasca fu accusato di omicidio, fu torturato fino a falsa confessione e fu condannato a morte nel 1507 per un crimine che non aveva commesso. Il vero colpevole fu scoperto poco tempo dopo.
Sempre in Piazzetta sono collocate due colonne, provenienti da Costantinopoli, all’apice delle quali si trovano le statue di San Teodoro, primo patrono della città, e del leone alato, simbolo celeberrimo e prestigioso di San Marco. Spesso avveniva che il patibolo fosse posizionato proprio nel mezzo, di fronte alla Torre dell’Orologio, in modo tale che i condannati potessero vedere l’ora esatta della loro morte.
Leggende e tradizioni
Ai tempi della Repubblica di Venezia, alcuni reati come la bestemmia, che anche gli ecclesiastici riuscivano a commettere, erano puniti con il supplizio della cheba. I condannati venivano rinchiusi in una cheba, che in dialetto veneziano indica una gabbia che veniva agganciata a metà del campanile di San Marco. I colpevoli erano costretti a cibarsi solo di pane e acqua, calati dall’alto della cella campanaria, e a rimanere a lungo tempo appesi, a seconda di quanto grave fosse stata la loro colpa. Certe volte la pena poteva durare addirittura fino al sopraggiungere della morte.
Venezia è anche una città ricca di leggende e una di queste è conosciuta come il bocolo di San Marco, espressione dialettale veneziana che significa “bocciolo”. Viene celebrata ancora oggi nel giorno della festa del Santo. Narra la storia dell’amore contrastato tra Tancredi, un giovane di umili origini, e Maria, la figlia del Doge, la quale consigliò all’amato di arruolarsi nella guerra contro i turchi, sperando che tornasse da eroe per conquistare così l’approvazione del padre.Tancredi dimostrò il suo grande valore, ma purtroppo un giorno fu ferito a morte e cadde su un roseto. Prima però, come pegno d’amore, fece recapitare all’amata un bocciolo di rosa tinto del suo sangue. Il 25 aprile Maria fu trovata morta nel suo letto con il fiore sul petto e da allora i veneziani, in questa data, regalano un bocciolo di rosa alle loro amate.
Una città eterna
Da Venezia sono passati Dante, Petrarca, Boccaccio, e Goldoni; Shakespeare, Mann e Proust hanno ambientato proprio nella città più romantica del mondo le loro opere; qui Canaletto, Tiepolo e Tintoretto hanno reso immortale la sua bellezza: E qui hanno vissuto la cortigiana e poetessa Veronica Franco e il gran seduttore Giacomo Casanova. Sono soltanto una piccola parte, ancorché importante, delle tante curiosità che riecheggiano ancora tra le calli di una città unica al mondo per bellezza, storia e fascino. Una città antica. Una città eterna.
Sheila Gritti e Teresa Occhionorelli – Tour des Arts
fotografie: Mattia Chersicola; Claudio Moriggia; Tour des Arts