Body positivity, body shaming, bellezza e nudo nella storia dell’arte sono solo alcuni dei contenuti della mostra collettiva “Il corpo non mente. L’anima oltre il corpo nella pittura moderna”, visitabile fino al 16 aprile alla Galleria de’ Bonis di Reggio Emilia.
Protagoniste dell’esposizione sono alcune opere di importanti autori del Novecento storico italiano, come Renato Guttuso, Fausto Pirandello, Mario Tozzi, Emilio Greco, Franco Rognoni e Alberto Manfredi, affiancate da alcune ricerche di autori contemporanei, come Nicola Samorì, Hyena e Massimo Lagrotteria. Gli artisti di questa rassegna, maestri della bellezza ed interpreti della realtà, raffigurano corpi imperfetti, asimmetrici, ipnotici, disarmonici. Corpi veri, molto carnali, non attraenti e idealizzati, ma reali, specchio di mille emozioni. Una raffigurazione del corpo totalmente diversa da quella proposta dai mass media della nostra epoca. È, infatti, frequente che la pubblicità, lo spettacolo e ora anche i social media alzino l’asticella della performance estetica, avvalorando una rappresentazione del corpo tanto irreale da creare in molte persone addirittura frustrazioni, che arrivano a volte a trasformarsi in malattie.
Un primo livello di lettura di queste opere rimanda alla body positivity, invitando l’osservatore a rivedere il concetto stesso di bello e a chiedersi se l’arte debba sempre essere foriera di bellezza e, soprattutto, di quale bellezza? Un secondo livello di lettura, più profondo, porta invece a capire come questi corpi siano solo una porta che permette l’accesso all’anima, che ne raccoglie e ne fa trasparire le emozioni; il corpo non è il reale oggetto di interesse, ma solo un veicolo.
È interessante notare come gli artisti non indichino uno stato sociale, ma uno stato dell’anima. Non si può dire se queste donne siano sposate o nubili, giovani o vecchie, ricche o povere, ma possiamo capire se sono spaventate o felici, se si sentono sole o se sono aggregatrici. Gli artisti non indagano un ruolo, li indagano tutti: lavoratrici, sorelle, amiche, sovversive, madri, amanti. «La differenza fra le immagini femminili che vediamo oggi e quelle che animano questa mostra – spiegano i galleristi Stanislao de’ Bonis e Margherita Fontanesi – sta nel fatto che il modello estetico femminile attuale è creato dal mondo della moda e del consumismo ed è dunque oggettivato e spesso sessualizzato per vendere un prodotto. Il modo di ritrarre le donne di questi artisti, invece, non le riduce a oggetto, a bene di consumo o a proprietà, ma cerca di capirne l’essenza, avvicinando in questo l’arte alla maggior parte delle tradizioni spirituali».
L’intero periodo della mostra allestita alla Galleria de’ Bonis è animato anche da interviste a professionisti del mondo dell’arte, della moda, delle scienze umane e sociali, della politica e dell’imprenditoria, in un confronto, con i galleristi, sul tema della mostra a partire proprio dalle opere esposte. Le interviste verranno pubblicate sul sito web della Galleria (www.galleriadebonis.com).
Fotografia di copertina: Nicola Samorì, Testa, 2007, tecnica mista su carta, cm 50×70 ca.