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Il Nilo vicino a Roma

A quaranta chilometri da Roma, a Palestrina, c’è un mosaico molto particolare realizzato da maestranze provenienti da Alessandria d’Egitto tra I e II secolo a.C. Questo mosaico è conosciuto come il “Mosaico nilotico di Palestrina“. Era la pavimentazione dell’abside di uno degli edifici del Foro dell’antica città di Preneste, attuale Palestrina. La città era celebre per il suo santuario dedicato a Fortuna Primigenia, un esempio di architettura ellenistica. Oggi si trova al Museo Prenestino, ovvero il Museo Archeologico Nazionale di Palestrina, all’Interno di Palazzo Barberini, realizzato nella parte alta dell’ex santuario di Fortuna Primigenia.

Mosaico del Nilo, I-II secolo a.C.

Il protagonista di questo mosaico è il fiume Nilo, di cui viene rappresentato tutto il suo corso. L’opera può essere letta come una celebrazione del fiume e della ricchezza che porta alle terre circostanti, in particolar modo attraverso la sua esondazione che dona maggior fertilità ai campi e quindi anche prosperità ai suoi abitanti. Si voleva mettere in risalto la ricchezza del regno dei Tolomei, una delle dinastie nate dopo la morte di Alessandro Magno che governava i territori egizi. Il percorso del Nilo viene rappresentato dalla sua sorgente fino al porto di Alessandria d’Egitto. La prospettiva a volo di uccello ci permette di vedere l’intero percorso del fiume dai territori dell’Alto Egitto fino al confine dell’Etiopia. Nella parte alta del mosaico si trovano le zone più selvagge, dove gli animali come ippopotami, scimmie e tartarughe marine hanno un ruolo primario. Risulta lampante l’attenzione ai particolari:  infatti ogni animale è rappresentato minuziosamente e accompagnato dal suo nome greco. Grazie al lavoro degli studiosi si è riusciti a identificare la quasi totalità degli animali presenti nell’opera. La rappresentazione di questi rifletteva la conoscenza del mondo animale che avevano gli autori del mosaico.

Dettaglio con animale del mosaico del Nilo

Questo mosaico è ricco di scene che narrano la vita di questi territori nella sua completezza, dalla caccia ai riti religiosi, al tempo di svago. Per esempio, vediamo sul lato sinistro una nave egizia con degli uomini che si apprestano alla caccia degli ippopotami, un’attività di vita quotidiana dell’epoca. Risulta molto interessante anche il fatto che siano presenti uomini di diversi popoli all’intero del mosaico: dagli africani che cacciano, nella parte alta del mosaico, ai soldati macedoni con le loro armi davanti al palazzo, nella parte bassa. All’interno del mosaico, sempre sul lato sinistro, possiamo individuare alcuni elementi caratteristici, tra i quali il Nilometro, ovvero una struttura a scala o un pozzo molto profondo, che permetteva di capire l’altezza raggiunta dalle acque del Nilo in piena. Oggi ne sono stati trovati diversi esemplari, anche molto antichi. In questo caso ci troviamo davanti a un pozzo che sembra già parzialmente riempito dalle acque del fiume Nilo.L’utilità di questo strumento consisteva nello stabilire il valore della tassa da pagare quando le acque superavano una certa soglia.

Dettaglio del mosaico con Nilometro

Il percorso del fiume prosegue fino alla sua foce dove, secondo gran parte degli studiosi, è rappresentato, nell’angolo a destra, il porto di Alessandria. Qui osserviamo la presenza di una nave da guerra condotta da un massiccio condottiero che probabilmente rappresenta il sovrano Tolomeo I Sotér che regnò dal 323 al 283 a.C.La piccola isola nell’angolo è molto probabilmente l’isola di Faro, un’isola che si trova proprio all’inizio del porto di Alessandria d’Egitto e popolata da pescatori. La rappresentazione di questo porto può essere letta come un omaggio al potere di Alessandro Magno, re macedone; infatti, fu proprio lui che creò la città di Alessandria e la fece diventare un vero e proprio polo culturale. In basso a destra è rappresentato anche un palazzo della città macedone, un grande edificio colonnato con dei tendaggi, dove vediamo delle guardie macedoni in fermento che indossano le loro armature e le armi e un messaggero con uno strumento musicale ricurvo.  Accanto a loro, troviamo una sacerdotessa con una palma di ulivo in mano e una corona di vegetali.

Dettaglio del mosaico con Palazzo macedone guardie, messaggero e sacerdotessa

Quella che vediamo oggi non è la forma originale del mosaico. Questo perché la storia del mosaico fu piuttosto tormentata. Venne riscoperto all’incirca nel 1600 a Palestrina, tolto dal pavimento, sezionato e portato a Roma. Un frammento, rappresentante un banchetto sotto un pergolato, dopo una complessa serie di vicende, finì addirittura a Berlino, all’Altes Museum dove si trova ancora oggi. Nel 1640 venne tentata una ricostruzione del mosaico usando tutti i pezzi originali rimasti a Roma. La ricostruzione non fu semplice ed alcuni pezzi si danneggiarono. La vicenda non finì qui perché durante la Seconda Guerra Mondiale la famiglia Barberini, che possedeva il mosaico, ordinò che fosse tagliato in 33 pezzi e spostato per proteggerlo dai bombardamenti. Nonostante questo fu necessario un nuovo restauro, ma nell’immediato dopoguerra il Ministero non possedeva i fondi necessari per finanziarlo e così si decise di permettere la realizzazione di due documentari a una società che, in cambio, avrebbe sovvenzionato parte del restauro stesso. Il più celebre di questi fu “Il Nilo di Pietra”.  Proprio a causa di tutti questi rimaneggiamenti il mosaico non appare più nella sua forma e dimensioni originali. Inoltre non è più una decorazione pavimentale, come in origine, ma è stato posto su un’ampia parete all’interno del museo. Resta un’opera d’arte e di fine artigianato ma anche una testimonianza della conoscenza e dello stile di vita del mondo antico.

di Gaia Filippini

Autore

  • Laureata in Scienze dei Beni culturali presso l’Università Statale di Milano. Attualmente studentessa magistrale dell’Accademia di Brera. Appassionata di storia dell’arte, gestisce il progetto di comunicazione social “nonsoloarte.modera”. Collabora con diverse riviste a tema culturale.

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