Lontano agosto 2016: ricordo benissimo l’arrivo a Reykjavík, capitale dell’Islanda, da Londra con quel vento gelido dalla Groenlandia che subito spazzò via il tepore piacevole di un’insolita calda estate inglese. Ricordo la fretta nel cercare il cappello di lana nello zaino per ripararmi e il disappunto per essere lì a sopportare quel freddo pungente; per me l’estate è sinonimo di calore, sole, mare. Io quel viaggio nelle terre artiche islandesi proprio non lo avrei mai organizzato, ma mio marito e mio figlio avevano così tanto insistito che avevo dovuto arrendermi.
Lasciato l’aeroporto ci dirigemmo a ritirare la nostra piccola auto, piccola perché i noleggi in Islanda sono carissimi, come tutto del resto: cibo, alloggi e ogni cosa che ti venga in mente di acquistare. Anche l’auto fu una piccola delusione: un po’ troppo piccola per quattro persone con bagagli al seguito! Sbrigate tutte le formalità, partimmo alla scoperta di questo Paese che subito mi era parso strano, insolito, che però già mi incuriosiva: mentre ci dirigevamo alla volta della Laguna Blu, dove avevamo prenotato l’ingresso, iniziammo a notare che la terra sbuffava e ribolliva fra rocce ricoperte di muschio verde acido ed altre nere come la pece: che paesaggio particolare, mai visto prima in altri luoghi al mondo!
L’arrivo alla Laguna sancì la fine di tutto il mio disappunto per quella vacanza e l’inizio della voglia assoluta di scoprire quest’isola così unica, terra dai paesaggi sconfinati e primordiali che ti instillano un senso di pace assoluto; terra di contrasti, con i ghiacciai più grandi d’Europa ma, allo stesso tempo, i vulcani più attivi al mondo. Terra giovane ed in continuo mutamento grazie ai suoi 31 vulcani che ogni tanto ne ridisegnano la conformazione geologica. E proprio uno di questi è stato “il colpevole”, il motivo che ha portato questa terra artica alla ribalta del turismo di massa nel lontano 2010: prima dell’eruzione del vulcano Eyjafjallajökull, che bloccò tutti i voli europei per diversi giorni, poche persone erano attratte dalla scoperta di questi luoghi. A partire da quel momento, invece, l’isola è stata invasa da turisti da ogni dove, cosa che ha permesso sì la crescita di un certo benessere economico ma che ha anche sancito la fine di una relativa tranquillità.
I turisti si limitano spesso al giro di quello che viene chiamato il “circolo d’oro”, un tour di tre delle più maestose attrazioni islandesi: il parco nazionale Thingvellir, dove si può passeggiare in mezzo alla placca americana e quella euroasiatica; l’area geotermica dei Geysir ricca di fumarole e geyser esplosivi, e la maestosa cascata Gullfoss. Tutte attrazioni molto vicine alla capitale ed alle quali spesso si aggiungono anche la sopracitata Laguna Blu e la visita alla capitale stessa.
E proprio la Laguna blu è dove ho iniziato ad innamorarmi di questa terra sorprendente: piscina geotermale con ampio centro benessere, una delle immagini più ricorrenti quando si parla di Islanda. Al primo impatto è una benedizione per gli occhi con i colori delle sue acque blu cobalto che contrastano con il nero della pietra lavica intorno. La laguna ti accoglie con i suoi fumi caldi già da lontano, lasciandoti pregustare un senso di calore ben diverso da quel vento pungente che spesso spazza l’isola. Ed immergersi nelle sue acque caldissime, ricoperti di fango termale, ti riconcilia con quella terra selvaggia. Certo il costo per accedere alla Laguna non è dei più economici, e molte persone preferiscono usufruire di altre sorgenti simili e gratuite che si trovano sull’isola. Ma la bellezza di questa zona credo sia introvabile in tutta l’Islanda.
Il nostro itinerario di una settimana si limitò alla sola parte sud dell’isola seguendo la famosa “ring road” che ne fa tutto il giro; non volevamo vedere troppe cose in modo velocissimo ed approssimativo ma goderci a pieno quanto avevamo deciso di visitare che era già molto di più del classico “circolo d’oro”. Per fare il giro completo in modo esaustivo occorrono infatti almeno due settimane. Dopo la Laguna altre due esperienze ci entusiasmarono in modo incredibile, primo fra tutti il giro in gommone fra gli iceberg della laguna di Jokulsarlon, dove la lingua del ghiacciaio arriva quasi fino al mare: con il cielo plumbeo che preannunciava neve, le foche a far capolino fra i ghiacci, le tute da palombaro che indossavamo, l’atmosfera era completamente surreale, unica, quasi commovente. Il silenzio del ghiacciaio ti avvolge e ti coinvolge in un abbraccio totale con la maestosità della natura e ti fa sentire piccolo ma in pace. E poi come non ricordare la magia del dormire all’interno di un cottage sulla spiaggia nera di Vik, la famosa spiaggia di Reynisfjar, altro punto assolutamente imperdibile dell’isola! Non è facile prenotare quel cottage, è necessario farlo con molti mesi di anticipo ma l’esperienza è davvero unica: svegliarsi al mattino con la sabbia nera illuminata dal sole e con i puffins, i cugini dei pinguini, che volano avanti ed indietro fra l’acqua dell’oceano e la scogliera di basalto, è talmente bello che non lasceresti più da quel balcone che ti regala quella vista magica.
Dopo moltissime cascate, geyser, verdissime pianure sconfinate, vulcani all’orizzonte, cavalli selvaggi che corrono liberi e greggi di pecore in mezzo alla strada, dopo molte altre esperienze particolari che non ti aspetteresti mai e dopo tantissimo stupore, al termine di questo viaggio, quello che resta è senz’altro la convinzione che questa terra ha molto altro e molto di meglio da offrire: a coloro che decidono di andare oltre le classiche rotte turistiche visitando luoghi “arditi” magari facendo alcuni dei trekking più belli al mondo come il Laugavegur Trail, ad esempio, l’Islanda può regalare un vero e proprio viaggio al centro della terra. Perché questo è ciò che è davvero l’Islanda, come l’aveva definita anche Jules Verne nel suo famoso romanzo: la porta di accesso per un viaggio al centro della terra.
L’Islanda è, quindi, la sensazione di un viaggio incompleto, un luogo dove tornare per spingersi ancora oltre, addentrandosi di più in quella bellezza primordiale, verso il cuore del nostro pianeta. E ti lascia con molta nostalgia. Il senso di incompletezza del viaggio fu alla fine ampiamente compensato da una bellissima aurora boreale che il cielo ci regalò la penultima sera della nostra vacanza: cosa insolita un’aurora a fine agosto, ma ogni tanto un po’ di fortuna non fa male, anzi! Vedere il cielo che danza come una ballerina avvolta da un velo di luce cangiante, o come un organo di luce, ci commosse definitivamente e ci lasciò totalmente senza parole.
Testo di Laura Mancini – Fotografie di Federico Galeotti