Forse non tutti sanno che esiste un poema epico pieno di cavalieri, duelli e amori, ambientato in Calabria quando ancora questa regione era considerata la porta del Sud dell’Europa e non era affatto un luogo marginale nella storia e nell’economia del vecchio continente: La Chanson d’Aspremont, o Canzone d’Aspromonte, è considerata una delle principali opere della letteratura medievale europea.
Questo capolavoro dovrebbe trovare maggior lustro e una diffusione più ampia nella conoscenza comune. Si tratta di una ballata epica incentrata sui fatti precedenti a quelli descritti nella più nota Chanson de Roland, poema per antonomasia scritto dal monaco francese Turoldo, facendo da prologo anche all’Orlando Innamorato di Matteo Maria Boiardo e all’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. Risale alla metà del XII secolo, ed è scritta in francese antico da un autore ignoto che sperimenta una tecnica espositiva singolare basata su frequenti mutamenti di scena e personaggi, un intreccio narrativo proprio dei cantastorie, ripreso e perfezionato successivamente dall’Ariosto. Composta da diciotto canti scritti in ottave, si inserisce nel genere della “chanson de geste”, un poema epico cavalleresco appartenente al ciclo carolingio che narra la spedizione di Carlo Magno nel Sud Italia contro il re dei Saraceni Agolante; un autentico “manifesto” per l’unità dell’Europa e per la salvaguardia delle radici cristiane dell’identità europea.
In realtà ha una trama molto più complessa in cui si innestano anche le drammatiche storie d’amore di Ruggiero di Reggio, prima con Claudiana, figlia del re Guarneri in Africa da cui nacque Cladinoro, e poi con la musulmana Gallicella (alla quale si ispirò Ariosto per il suo personaggio Bradamante, la guerriera da cui discenderà la stirpe degli Estensi), figlia dello stesso Agolante da cui ebbe due figli, Ruggiero e Marfisa, mai conosciuti a causa della sua morte per mano del fratello traditore Beltramo (i figli Marfisa e Ruggero diventeranno personaggi nelle opere successive del Boiardo e dell’Ariosto).
Il poema canta anche della caduta della città cristiana di Risa (Reggio Calabria), sede del tesoro fattovi seppellire da Annibale, del personaggio di Namo di Baviera che, salendo sulla montagna dell’Aspromonte ed uccidendo il Grifone, simboleggia la virtù incrollabile del cavaliere cristiano eroe e santo, e della storia di Rolandino (il giovane Orlando dei successivi poemi) che proprio in Aspromonte ha la sua iniziazione a cavaliere, scoprendo se stesso e la sua condizione di eroe, uccidendo il saraceno Almonte e impossessandosi dell’elmo, della spada Durendal (che divenne la leggendaria ed inseparabile Durlindana) e del cavallo Vaillantif (Brigliadoro). Sarà lo stesso Ariosto, che custodiva nella sua biblioteca personale una copia del poema, a citare Orlando in Aspromonte nel canto XII all’ottava 43 del suo Orlando Furioso: “Dunque (rispose sorridente il conte), ti pensi a capo nudo esser bastante far ad Orlando quel che in Aspramonte egli già fece al figlio d’Agolante? Anzi credo io, se tel vedessi a fronte, ne tremeresti dal capo alle piante; non che volessi l’elmo, ma daresti l’altre arme a lui di patto, che tu vesti.”
La Chanson d’Aspremont trae il titolo e l’ambientazione dall’omonimo monte, “sentinella di pietra” ed estremo baluardo dell’Europa continentale, cerniera di collegamento e dialogo fra Occidente e Oriente; ma anche da racconti tradizionali orali, probabilmente in lingua greco-calabrese, di cui purtroppo non esiste alcuna testimonianza scritta, e da un connubio di affascinanti e svariate cantilene epiche che avevano la funzione di esaltare e valorizzare il più possibile tutti quegli eroi popolari che si erano impegnati a difendere il territorio calabrese dalla minaccia saracena. Tutto questo veniva raccontato dai cantastorie nei momenti di tregua, contribuendo fortemente a cementare l’unificazione e l’identità di un intero popolo impegnato a difendersi dal nemico e che sentiva forte la necessità di riconoscersi in un ideale comune tanto politico quanto religioso. Le sole fondamenta storiche su cui poggia l’intreccio narrativo della Chanson d’Aspremont sono infatti quelle della storia di Reggio Calabria durante i tentativi di dominazione da parte dei Saraceni tra il 901 e il 902. Su Carlo Magno, invece, non esiste alcuna fonte storica che ne attesti la presenza in Calabria, né in quella occasione né in altre. Alla base della leggenda inserita nella ballata probabilmente c’è la veritiera spedizione in Italia del re carolingio nel 773, quando venne in aiuto di Papa Adriano I in lotta contro i Longobardi di re Desiderio: gli echi dell’accaduto, insieme ai numerosissimi racconti spesso inverosimili ma inventati ad hoc, lasciarono nella coscienza popolare il ricordo della sua venuta nel territorio italiano, aiutati anche dal fatto che la conquista della Calabria sarebbe stata menzionata nella stessa Chanson de Roland, la quale contribuì così a far accrescere ancora di più i miti attorno alla figura di Carlo Magno nel panorama culturale del Meridione italiano.
Come ogni poema epico dell’epoca, anche questo è caratterizzato dai classici valori dell’onore, dell’eroismo in battaglia, della lealtà verso il re e della fede in Cristo e nella Chiesa, contrapposti all’Islam. Lo scopo dell’opera è quello di celebrare la vocazione guerresca dei Normanni che in quel momento regnavano sulla Calabria, ponendosi come ideali continuatori della stirpe carolingia. Tutta l’ideologia che sottende il poema è tesa a riconoscere questo ruolo ai soldati agli ordini degli Altavilla, e non è un caso che la canzone venga cantata per la prima volta sotto gli spalti del Castello di Reggio Calabria nel 1190, al passaggio dei paladini cristiani comandati da Riccardo Cuor di Leone e Filippo Augusto diretti in Terra Santa per la Terza Crociata (1189-1192), conosciuta anche come “Crociata dei Re”.
Esistono ben 24 codici manoscritti della Chanson d’Aspremont, in sei lingue diverse, che ne testimoniano il successo che ebbe e che ha tutt’oggi fra i cultori. La leggenda trovò subito rapida e larga diffusione in tutto il Nord Europa: prima in Norvegia, dove fu accolta nella Karlamagnus Saga, poi in Svezia e in Danimarca. In Italia si ebbe presto una redazione in ottava rima, conservata in un manoscritto della Biblioteca Nazionale di Firenze a cui seguì, alla fine del sec. XV, un’altra redazione pure in ottava rima, molte volte ristampata. A essa si ispirò anche Andrea da Barberino nel romanzo in prosa Aspromonte. La scrittrice e storica Antonella Musitano, grazie ad un attento e laborioso lavoro di ricerca delle fonti, ha riportato alla luce questa “Chanson” ed è emozionante il suo pensiero in merito: “La Chanson d’Aspremont è un tassello importante nella storia culturale europea e in un Mediterraneo che, ieri come oggi, vive lo scontro ideologico, e forse anche politico, di mondi, culture, religioni diverse. A distanza di secoli, il Mediterraneo è ancora inquieto e l’Europa ancora alla ricerca della sua identità. Nel XII secolo, l’appello di Carlo Magno all’Unità ha salvato l’Europa. Oggi, una ripresa degli ideali, dei valori, della cultura europea, da contrapporre agli egoismi e ai particolarismi, potrebbe, chissà, riuscirci nuovamente.”
di Alfonso Morelli – scrittore, storico