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La famiglia Florio nell’isola di Favignana

Pochi, al di fuori della Sicilia, ricordano il mito della famiglia Florio, una generazione che ebbe un fortissimo impulso economico, architettonico e culturale soprattutto nel territorio di Palermo e Marsala. Oggi per imbattersi nello splendore della famiglia Florio, basta giungere nell’isola di Favignana. Le isole Egadi: Favignana, Marettimo, Levanzo, Formica e Maraone, si ergono di fronte il litorale di Trapani-Marsala, le tradizioni di queste isole si intrecciano con la storia millenaria della pesca del tonno che ha origini antichissime. L’attività ittica ha lasciato testimonianze profonde a Favignana sia nella cultura materiale degli abitanti, sia nell’economia, nello sviluppo dell’isola e dell’architettura: e chi più della famiglia Florio ha affermato l’attività ittica nell’isola? I Florio percepirono la potenzialità dell’attività marittima già molti anni prima dell’acquisto delle isole Egadi, che avvenne nel 1874; infatti già da prima di quella data la famiglia ebbe vari stabilimenti ittici nella costa del Trapanese e a Palermo.

Vista assonometrica dell’Ex Tonnara di Favignana. Fonte: Rosario Lentini, Lo stabilimento Florio di Favignana,Regione Siciliana assessorato dei beni culturali e ambientali e della pubblica istruzione, 2008.

Il complesso di Favignana, che comunemente e impropriamente viene definito “la tonnara” fu realizzato principalmente sotto la committenza della famiglia Florio probabilmente dall’architetto Damiani Almeyda o da Filippo la Porta, e tutt’oggi rimane dubbia la paternità dell’edificio. La “tonnara” di Favignana, si sviluppa per ben 32.000 metri quadrati, presenta una pianta irregolare, di cui oltre tre quarti coperta e con una serie di corti attorno alle quali si articolano e distribuiscono singoli edifici principalmente rettangolari racchiusi dentro una cinta muraria. La pianta del complesso ittico riprende la tipica conformazione dei bagli siciliani, come del resto avviene anche nell’industria vinicola di Marsala – sempre dei Florio – e si tratta di edifici chiusi verso l’esterno che si aprono e si articolano intorno a delle corti interne alla cinta muraria.

I vari magazzini riprendono il codice architettonico del neogotico seguendo l’ascensionalità medievistica, allontanandosi architettonicamente dal tipico modello industriale siciliano dell’Ottocento in cui non era presente un’armonia architettonica e si edificavano i vani in base alle necessità, allontanandosi  dall’idea di un progetto unitario. Anche esternamente l’ex opificio si mostra frutto di un progetto definito, con una struttura basata sulla simmetria scandita dalle aperture presenti; il prospetto principale verso via Amendola, presenta delle aperture che sono definite superiormente da archivolti a specchiatura ribassata terminante su una fascia orizzontale sporgente e dal portone d’ingresso principale.

E proprio sul portone d’ingresso, nella parte conclusiva, è presente il simbolo della famiglia Florio, il Leo Bibens: un leone malato che si abbevera lungo un fiume vicino a degli alberi di china. Il chinino era uno dei prodotti venduti dalla prima dinastia della famiglia Florio che diede a loro parte della ricchezza economica. Si tratta di un farmaco che nell’Ottocento era capace di far guarire dalla malaria. La mattanza per la popolazione siciliana riassume storicamente il valore simbolico dell’eterna lotta tra l’uomo e la natura ed è considerata un vero rituale popolare. Essa segnava l’inizio di avvenimenti mondani durante l’Ottocento e Novecento, ciò ne conseguiva che molti aristocratici giungevano sull’isola di Favignana, ospiti dei Florio, per assistere al rito. Non a caso dopo l’acquisto delle isole Egadi nell’isola di Favignana Ignazio Florio senior commissionò all’architetto Damiani Almeyda il progetto per una residenza nell’isola.  L’architetto decise di affermare il potere economico e sociale della famiglia Florio con una composizione stereometrica fuori scala per il contesto, basandosi sullo stile neogotico. I quattro prospetti del palazzo si presentano con una configurazione autonoma ma con delle costanti come i volumi in aggetto in ogni facciata, il prospetto principale appare scandito verticalmente dai due corpi leggermente aggettanti ai lati della facciata.

Nonostante le dimensioni ridotte del palazzo, vengono enfatizzate le linee verticali, seguendo lo stile gotico; differentemente era usato uno stile medievale nel giardino che circondava il palazzo di cui oggi si conserva ben poco. Possiamo dunque definire come i Florio diedero vita a uno degli attuali siti di archeologia industriali più prestigiosi della Sicilia: l’ex Stabilimento Florio della tonnara di Favignana e Formica, comportando la realizzazione del Palazzo Florio e lo sviluppo dell’isola.

Testo e fotografie di Lucrezia Anna Pellegrino – architetto

Autore

  • Mi chiamo Lucrezia Anna Pellegrino, ho conseguito nel 2024, con 110 e lode, la laurea magistrale in architettura presso l’università di Palermo, con una tesi su “Architetture per la produzione: gli stabilimenti delle imprese della famiglia Florio”. Appassionata di arte, cerco sempre più di conoscere la mia Sicilia e non solo con gli occhi dell’architettura.

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