Da Paul Klee, Max Ernst, Alberto Giacometti, Jean Dubuffet a Hans Hartung e Anselm Kiefer; da Antonio Ligabue, Pietro Ghizzardi, Cesare Zavattini a Maria Lai, Alighiero Boetti, Emilio Isgrò, Carla Accardi: sono 140 le opere di grandi interpreti dell’arte del Novecento e dell’oggi esposte dal 18 novembre 2022 al 12 marzo 2023 a Palazzo Magnani di Reggio Emilia attraverso cui poter indagare, come prima mai fatto, “l’Arte Inquieta”.
La mostra, intitolata appunto “L’Arte inquieta. L’urgenza della creazione”, curata da Giorgio Bedoni, Johann Feilacher e Claudio Spadoni, è una sequenza mai vista di capolavori di grandi interpreti, anche dell’art brut internazionale e italiana. Accanto ad essi, per la prima volta, le creazioni inedite che provengono dagli Archivi del San Lazzaro, quello che fu il “Manicomio” di Reggio Emilia.
Al centro di questa mostra, le opere rivelano l’urgenza creativa e la vitalità dei linguaggi dell’arte, necessari all’esplorazione degli infiniti volti ed espressioni dell’identità umana. Un’esposizione dove ad emergere è l’impulso creativo degli artisti, di cui sono frutto opere uniche che sorprendono, stupiscono e coinvolgono il visitatore.
In ciascuna delle stanze tematiche di questa grande mostra, autori e opere si confrontano per affinità di generi e di linguaggi in un percorso espositivo che indaga la bruciante vitalità dell’artista, la sua inquieta ricerca sull’identità, sospesa tra sguardi sulla storia e l’esplorazione di paesaggi interiori.
«L’arte deve comunicare, lanciare dei messaggi, servendosi di espressioni forti, barbare, violente, vandaliche. L’arte non è un’immagine piatta, levigata e lucida, che gli acidi emozionali non possano attaccare. Al contrario l’arte graffia e disturba, è stridore, imperfezione e invenzione. Per questo bisogna opporsi al razionalismo che vuole invadere dei territori che non gli appartengono, i territori dell’immaginario». L’affermazione di Asger Jorn, riverbera quella di Paul Klee che così si esprime: «Più di uno non riconoscerà la verità del mio specchio. Deve comunque rendersi conto che io non sono qui per riflettere la superficie (questo può farlo la lastra fotografica) ma che devo penetrare all’interno. Io rifletto fino all’interno del cuore. Io scrivo parole sulla fronte e attorno agli angoli della bocca. I miei volti umani sono più reali di quelli veri».
L’arte è un sismografo sensibile ai confini incerti, ci interroga sulla natura dell’uomo, su sogni e desideri collettivi, è un viaggio che evidenzia quanto la vicenda umana possa essere stupefacente e imprevedibile, al di là di qualsiasi forma e confine tracciato. Come questa mostra autorevolmente conferma. L’esposizione è il momento culminante di Identità Inquieta, il cartellone di eventi, mostre e performance promosso da diverse istituzioni culturali del territorio emiliano per raccogliere domande e mostrare visioni sulle infinite sfumature dell’identità.
Immagine di copertina: Victor Brauner, Victor et la maman analyste, 1949, Olio su tela, 54 x 65 cm – Collezione privata © Victor Brauner / SIAE 2022