Il primo brevetto della macchina per scrivere – una scatola di legno alla cui estremità era fissata una leva atta ad imprimere le lettere su un rotolo di carta – risale al 23 luglio 1829 ad opera di William Austin Burt. Ma l’idea si può far risalire ai primi del Settecento, quando lo scopo per il quale fu pensata risiedeva essenzialmente nel creare uno strumento che consentisse ai ciechi di scrivere. La paternità della macchina si può attribuire all’avvocato novarese Giuseppe Ravizza che costruì addirittura sedici modelli, tutti brevettati, denominati “cembali scrivani”: in quello del 1855 si rinvengono molte similitudini e principi di funzionamento dell’attuale macchina per scrivere. Ma già nel 1823 Piero Conti di Cilivegna (Pavia) realizzò il suo “tachigrafo”, termine derivante dal greco per significare lo “scrivere in fretta”. Andando ancora più indietro nel tempo, addirittura nel 1575, troviamo un remoto tentativo di fabbricarne un esemplare, e sempre con lo scopo di far comunicare i ciechi tra loro: tale progetto si deve al tipografo veneziano Francesco Rampazetto.
L’inizio della fabbricazione industriale della macchina per scrivere si deve all’industria bellica statunitense Remington, che nel 1874, intuendo le potenzialità commerciali di questo strumento, produsse i primi mille esemplari della “Qwerty” – dalla sequenza delle prime sei lettere da sinistra –, acronimo tuttora familiare e riferito alla tastiera inventata dall’americano Christopher Sholes l’anno precedente. L’unico inconveniente di questa macchina era la scrittura alla cieca. Problema risolto da un’altra azienda americana, la Underwood, che nel 1898 fabbricò la macchina per scrivere a scrittura visibile, con la disposizione delle leve a semicerchio, la forchetta di allineamento dei martelletti e il moto alternativo del nastro: il brevetto di tale scrittura frontale fu depositato da un ingegnere di origine tedesca, Franz Xavier Wagner.
In Italia, paese che ha fornito un fondamentale apporto a tale invenzione, la fabbricazione industriale della macchina si deve al piemontese Camillo Olivetti. L’Esposizione universale di Torino del 1911 fu la sede della presentazione della prima Olivetti, un marchio divenuto nel tempo sinonimo stesso della macchina per scrivere. Ma anche icona di un periodo nonché status symbol per scrittori e giornalisti. Fin troppo facile, giusto per fare un esempio tra i tanti, accostare il nome di Indro Montanelli alla Olivetti “Lettera 22”, il celebre modello portatile progettato nel 1950 dal designer Marcello Nizzoli in collaborazione con l’ingegnere Giuseppe Beccio.