Nell’ambito di ART CITY Bologna 2025, la mostra Materia Madre di Simona Bonini, ospitata a Palazzo Grassi, si è distinta come un’esperienza artistica capace di intrecciare la storia architettonica della città con la potenza immaginativa dell’arte contemporanea. Questo progetto, il cui design scenico è a cura della stessa Bonini, vede il concept critico letterario a cura di Deborah Mendolicchio, mentre la curatrice dell’evento, Giuditta Arcuri, ha offerto al pubblico un viaggio emozionale attraverso la materia, trasformando lo spazio espositivo in una riflessione poetica sul concetto di soglia e confine.
Simona Bonini, artista e architetto, si muove con eleganza tra il rigore progettuale e l’ispirazione creativa. In Materia Madre, la sua doppia anima emerge chiaramente: da un lato la struttura spaziale degli allestimenti, dall’altro la sensibilità con cui i materiali dialogano con il contesto storico. Le sue opere, plasmate da superfici corrose, pieghe materiche e accenni cromatici decisi come il rosso vivido, raccontano storie stratificate, frutto di una ricerca che unisce memoria personale e collettiva. Bonini non si limita a creare, ma costruisce ponti immaginativi tra passato, presente e futuro. In particolare, l’artista ha reinterpretato il simbolo delle porte storiche di Bologna come soglia tra ciò che è conosciuto e ignoto. I materiali scelti, molti dei quali recuperati, portano con sé segni di usura e storie vissute, evocando una dimensione tattile e sensoriale. La materia, per Bonini, non è mai neutra: è viva, parla, si trasforma.
Le opere di Bonini, come si evince dalle immagini e dalle installazioni esposte, sono caratterizzate da un dialogo intenso tra il materiale grezzo e il gesto artistico. Le superfici sono segnate dal tempo, quasi ferite, ma proprio in questa fragilità trovano la loro forza. Il rosso brillante, che emerge in alcune composizioni, è un richiamo alla vitalità e alla trasformazione, un elemento che squarcia la neutralità e cattura lo sguardo. Il rimando ai grandi maestri dell’arte contemporanea, come Alberto Burri e Anselm Kiefer, è evidente, ma Bonini riesce a far suo quel linguaggio, proponendo una riflessione originale. Se Burri esplorava la materia e al tempo stesso creativo gesto e Kiefer intrecciava storia e materia, Bonini concentra la sua poetica site specific sul tema del limite e della soglia, creando opere che sono al contempo opzione scenografica per risolvere le barriere, che diventano passaggi simbolici.
L’allestimento della mostra, curato direttamente dall’artista, ha amplificato il dialogo tra le opere e lo spazio circostante. Palazzo Grassi, con i suoi saloni d’epoca e le sue aperture simboliche, si è rivelato una cornice perfetta per accogliere Materia Madre. Le opere site-specific sono state posizionate strategicamente davanti a porte chiuse o in spazi di transizione, creando percorsi guidati in cui il visitatore poteva esplorare nuovi sentieri immaginativi. La luce, studiata con attenzione, ha accompagnato il pubblico lungo questo viaggio visivo, accentuando i dettagli delle superfici e trasformando ogni installazione in un’esperienza immersiva. Negli spazi aperti, i pannelli e gli elementi di illuminazione hanno tracciato sentieri che, come porte invisibili, conducono lo spettatore a riconsiderare il concetto di confine.
Materia Madre è stato un racconto di resilienza e trasformazione. Il tema della madre, evocato nel titolo, si è manifestato nella scelta dei materiali – vivi, segnati dal tempo – e anche nella capacità delle opere di accogliere e trasformare lo sguardo dello spettatore. Simona Bonini ha dimostrato come l’arte possa essere un mezzo potente per interrogarsi sul passato, dialogare con il presente e immaginare il futuro.
La mostra si è inserita perfettamente nel tema di ART CITY Bologna 2025, Le Porte della città, andando oltre la semplice celebrazione del contesto urbano e proponendo una riflessione universale sul significato della soglia, intesa non solo come confine ma come possibilità. Oggi, a mostra conclusa, Materia Madre continua a risuonare come esempio di come l’arte contemporanea possa dialogare con la storia, trasformando simboli architettonici in metafore vive. Simona Bonini, con la sua duplice sensibilità di artista e architetto, ha saputo intrecciare materia, memoria e immaginazione, lasciando un segno indelebile nel panorama culturale di Bologna.
di Deborah Mendolicchio