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Max Marra: l’inquieta bellezza della materia

Attraversando a ritroso l’estensione del cammino artistico di Max Marra si scopre l’essenza generativa dei suoi  lavori creativi, si individuano le diverse fasi di ricerca, altrettante espressioni  di un continuum operativo coerente  in cui  si placa, in modi sempre nuovi e diversi, l’urgenza  dell’agire creativo, un  agire che rimanda sempre e comunque  ad  una motivazione etica  di fondo.

Max Marra, Omaggio a mio padre, 1987, cm 180×180 tm su legno

Fin dall’inizio è la materia la dimensione elettiva dell’indagine di Marra; è la materia l’estensione in cui si dispiega il suo procedere esplorativo, di cui coglie le suggestioni evocative, le infinite possibilità  formali, sempre inedite e feconde, quelle stesse  che la natura organica dei materiali suggerisce. Egli, nella massa di residui oggettuali, di scarti, di rifiuti  che ingombra il quotidiano, legge una superiore similitudine con il vivere  sociale che respinge ai margini, che abbandona gli ultimi, tutta quell’umanità  ferita, offesa dai soprusi dei giorni. D’altronde,  il movente originario di tutto il  suo fare artistico è sostanzialmente umano e sociale. Non ha paura di “sporcarsi” le mani nella materia Marra. Il suo – per dirla con Luigi Bianco – è il “lavoro di  una mano pietosa che non teme di estetizzare la sporcizia”.

Max Marra, Memoria, 1986, cm 134,5×100 tm su cuoio

Recupera poveri resti di cose scongiurando la loro estrema dissoluzione, il disfacimento  della loro esistenza oggettuale, recuperandoli ai processi dell’arte, alla dimensione sacrale dell’opera. Riesuma cose la cui parabola  storica è declinata. È il periodo  a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta quello in cui la sua ricerca si indirizza in forme di integrazione tra scultura e pittura, in cui realizza assemblaggi polimaterici, installazioni  che nascono da contaminazioni linguistiche, da ibridazioni  frutto di un processo conoscitivo che affonda l’indagine in un’immensa distesa traboccante di materie e materiali. Le sue  opere  sanno di scultura e di pittura senza esserlo, riecheggiano tracciati  concettuali, di informale-materico,  rievocano  sentieri  di un’arte povera che scava  nelle emozioni, degli altri e proprie,  un’arte che cura le ferite della quotidianità,  ne soccorre e lenisce le lacerazioni  con la  sua prodigiosa capacità creativa che si nutre dei valori  essenziali della memoria, senza lasciarsi imbrigliare da regole,  ma dando sostanza poetica alle vibrazioni dei materiali. Nel periodo ‘88-91, Marra realizza i cicli di opere Francesco è solo e A.S.P (l’acronimo sta per Appunti Sul Ponte).

1989 A.S.P. cm 150x130 tm su legno

Max Marra, A.S.P., 1989

1990 Francesco è solo cm 138x238x10 tm su coperta

Max Marra, Francesco è solo, 1990

Tra la fine degli anni ‘80 e i primi anni ‘90  la produzione di Marra si arricchisce di  nuovi lavori in cui è ancora protagonista la materia; una materia inquieta, tormentata che assomma in sé l’angoscia, la tragicità del vivere, le ansie, le sofferte decisioni della vita morale. Sono le opere della serie Pance ferite in cui la materia è  pulsazione visibile, energia organica compressa che provoca l’aggetto del supporto, il suo rigonfiamento, spingendo fino al limite estremo di resistenza il tessuto  formale dell’opera, tendendolo fino  alla sua lacerazione.  La pancia racconta l’epica del corpo; è il centro  della vita fisica di cui regola i ritmi della corporeità, è  densità magmatica, in continuo sommovimento; essa è per Marra il centro del mondo, di cui si può avere conoscenza solo facendo esplodere la sua volumetria affinché  da essa fuoriescano tutto il marcio di cui è piena, tutte le negatività, tutto il malessere accumulati dall’essere umano.

1990 Pancia Ferita cm 24x36x6 tm su feltro

Max Marra, Pancia ferita, 1990

Nella sua corporeità di materia, la “pancia ferita” è carne viva che sconvolge la coscienza. L’artista, da sensibile medicante, si prende cura  delle lacerazioni, amorevolmente  le cuce, invocando la cicatrizzazione della pelle sofferta, squarciata dalle  ferite, percorrendo il corpo dell’opera con un colore gravido di sofferenza in cui vibra comunque la speranza della luce. Quella speranza della luce attraverso cui sublimare le umane sofferenze, attraverso cui liberarsi dalle “zavorre-pance”, dall’opprimente peso della corporeità. E la  materia febbrile, sensibile, leggera  delle opere Code comete è il mezzo che permette  all’artista di librarsi in  volo negli spazi tersi  e sereni dell’anima, verso i cieli della pulizia morale.

 

1991 Pancia ferita cm 100x120x20 tm su juta

Max Marra, Pancia ferita, 1991

Già nel 1992, dal nero antracite del riquadro-cornice (frammento essenziale dell’opera), dalla sua densa fisicità,  dai suoi  flebili chiarori  metallici, emergono le volumetrie, morbide e  sinuose, delle Dune d’oriente; esse vibrano di echi profondi, di accordi che si smorzano  nella tensione di  vigorose geometrie.  Nello stesso periodo Marra realizza Linee di tensione, lavori d’assemblaggio polimaterico molto grafici ed essenziali. Con esse sperimenta la tensione di  giochi geometrici  leggeri e felici, propiziatori di verità che gli permettono di tendere le vele al vento dell’infinito. Nel 1994 nascono i Bianchi miraggi in cui la materia, animata da una ricca vita inferiore, cresce, si muove, spinge avanti  il corpo dell’opera: è la pelle  del cielo che  si apre e  si offre  alle infinite  variazioni dell’orizzonte  temporale  dell’uomo, alla  spazialità della sua esistenza. La materia di Marra è carne sensibile, è corpo, ma è anche dimensione in cui  giungono a  soluzione le ansie, le sofferte  decisioni della vita morale, in cui si scrive la storia, ora sublime ora impastata di  terra, d’una esperienza umana, quella dell’artista  stesso.

1997 Duna d'oriente cm50x40x8 tm su tela

Max Marra – Duna d’Oriente, 1997

Al corpus di lavori Bianchi miraggi del ‘94 rimandano le opere Campi di cosmos che, in una complementarità di pensiero  creativo e di valori cromatici, si alternano alle opere Portali silenti,  del 2009.  Portali silenti sono pause di silenzi in cui il nero, denso e bituminoso, diventa spartito  segnico, armonia di linee, scrittura che affiora tra i sedimenti pittorici, che attraversa il ripetersi di rilievi diventando forza creativa, sostanza poetica.

Max Marra, Corpo cosmos, 2012, cm 40x34x7 tm su tela

Il percorso evolutivo di Max Marra appare come una sorta di itinerario spirituale,  un graduale cammino di  purificazione dalle scorie del mondo, di ascesi dagli abissi della sofferenza umana verso l’orizzonte radioso del cielo, in un continuo interrogarsi sul senso più profondo dell’esistenza, sul destino ineluttabile dell’uomo. In questa dimensione di serenità esistenziale, di volo mentale nei “cieli di cosmos”, liberi e assoluti, Marra ripercorre cammini già attraversati.

Max Marra, Bronx, 1987, cm130x160x10, materiali vari su tavola

Con la serie delle Timbriche, infatti, riprende una ricerca del 1989, vivificandola di nuova linfa, di nuova sostanziale pienezza, di variazioni strutturali esistenziali e libere, di accadimnti segnici che ne determinano la singolare unicità e intensità poetica. Oltre alle Timbriche, altri bianchi impreziosiscono la recente produzione di Marra, altri Cieli, Tracce di cosmos in cui la materia inquieta  smorza le sue asperità in ulteriori modulazioni, in impalpabili sentieri di luce,  in un viaggio  esplorativo non più  oppresso dalla temporalità delle cose, dalla loro ansiosa fisicità.  La materia di Marra è, ora più che mai, candida distesa da cui affiorano e si propagano portati d’energia luminosa,  in cui  vibrano mutevoli tessiture di bianco, luoghi di intensa spiritualità.

Veduta della mostra MAX MARRA al Marca di Catanzaro- ph. L.Angiolicchio

Max Marra: l’inquieta bellezza della materia – Veduta parziale della mostra (25 luglio – 7 settembre 2021) curata da Teolinda Coltellaro al MARCA di Catanzaro. 

Teodolinda Coltellaro – critico d’arte

Fotografie di Luigi Angiolicchio

 

Autore

  • Critico d’arte, curatrice e scrittrice. Ha contribuito alla nascita e alla crescita qualitativa del Museo Civico di Taverna (CZ). Già componente del Comitato Scientifico del museo MARCA di Catanzaro fin dalla sua istituzione nel 2009, per lo stesso museo è stata direttrice della collana editoriale “Quaderni del Marca”. Cofondatrice e componente di redazione del magazine d’arte contemporanea “Artalkers”. Collabora con riviste e periodici culturali e di arte contemporanea. Il suo lavoro di critico...

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