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Una particolare mummia egizia conservata in Italia e recenti scoperte sull’imbalsamazione nell’Antico Egitto

Uno dei reperti che colpisce di più chi visita il Museo Egizio di Torino è sicuramente la cosiddetta “mummia di Gebelein”: non la classica mummia avvolta da bende che tutti ci immaginiamo quando si pensa all’Antico Egitto, ma un corpo rannicchiato in posizione fetale.

La mummia di Gebelein – Museo Egizio Torino

I resti di quest’uomo, di circa quarant’anni, vissuto presumibilmente in un periodo che va dal 3900 al 3700 a.C., durante quella che è stata definita l’epoca predinastica, testimoniano i primi approcci degli antichi egizi alla mummificazione partendo dall’osservazione di un fenomeno che avveniva in natura, che hanno poi imparato a replicare e utilizzare a proprio vantaggio elaborando procedure e rituali più complessi. Si tratta infatti di una mummia naturale, ovvero conservata non tramite un procedimento eseguito dall’uomo ma grazie a delle particolari caratteristiche dell’ambiente: in questo caso la forte presenza di natron, un sale di cui è ricca la sabbia in cui si trovava e che ha la proprietà di disidratare e quindi preservare la materia organica.

La mumma di Gebelein – Museo Egizio Torino

L’uomo di Gebelein dopo la sua morte venne avvolto in stuoie (di cui rimangono tracce ancora oggi visibili sulla pelle della mummia) e poi posto in una buca nella sabbia insieme a un corredo funebre, composto da oggetti che si pensava gli sarebbero stati utili nella “nuova vita” nell’aldilà, che gli antichi egizi immaginavano molto simile alla vita terrena. Nel 2018 però, un team di ricercatori tra i quali Stephen Buckley della University of York e Jana Jones della Macquarie University di Sidney hanno avanzato un’ipotesi che porterebbe a modificare in parte la definizione di “naturale”: hanno effettuato nuove analisi sulla mummia, riscontrando nelle stuoie che la ricoprivano tracce di sostanze molto simili a quelle che verranno usate per l’imbalsamazione in epoca successiva, quali olio vegetale, estratti di piante aromatiche, gomma naturale e resina di conifere, quest’ultima con proprietà antibatteriche. Questo significherebbe che non si tratta di un corpo conservatosi solo grazie al processo naturale di disidratazione tramite il natron, ma con uno specifico intervento umano, retrodatando quindi l’inizio di questa pratica rispetto a quanto si pensava finora.

La mummia di Gebelein – Museo Egizio Torino

I risultati della loro ricerca sono stati pubblicati sul Journal of Archaeological Science, e riassunti in italiano nel blog Djedmedu dell’egittologo Mattia Mancini, e spiegano i metodi di analisi utilizzati: datazione al Carbonio-14 (che ha dato come risultato un’epoca compresa tra il 3700 e il 3500 a.C.), osservazione al microscopio elettronico di alcuni piccoli campioni prelevati senza danneggiare i reperti, e svariate analisi chimico-fisiche.

È stata scelta la mummia di Torino in quanto, diversamente da altre mummie di epoca preistorica conservate altrove, non ha mai subito interventi conservativi che potessero falsare i risultati delle analisi chimiche. Era infatti la prima volta che simili analisi, dirette a cercare tracce di sostanze usate per l’imbalsamazione, venivano condotte su resti umani di quel periodo. L’osservazione al microscopio elettronico anche dei campioni di tessuto provenienti dai cesti che sono posizionati a corredo della mummia ha confermato, grazie all’analisi del modo in cui era stata tessuta la lana, la datazione fornitadal radiocarbonio.

Cesto – Museo Egizio Torino
Tessuto al microscopio – Fonte: sciencedirect.com

La pratica della mummificazione nell’Antico Egitto potrebbe quindi essere ancora più antica di quanto si pensava finora e risalire veramente ai primi esordi della civiltà sorta lungo il Nilo.

di Susanna Cavallin

Autore

  • Nata a Treviso nel 1994. Dopo il diploma di liceo classico, nel 2017 si laurea in Conservazione e gestione dei beni e delle attività culturali all’Università Ca’ Foscari di Venezia, con curriculum di studi incentrato in particolare sull’archeologia.Ha svolto qualche esperienza lavorativa in musei locali e in una villa storica. Da sempre appassionata di tutto quel che riguarda la storia, l’arte e le antiche civiltà, interesse che coltiva nel proprio tempo libero, insieme a numerosi hobby.

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