Il tentativo dello studioso di guidare dei potenziali allievi a scoprire una disciplina non è un compito semplice, mai. Che bisogna avere competenza e passione, questo è chiaro di per sé. Occorre però anche fare delle scelte, e ogni scelta, in sé, è costituita da esclusioni. Che approccio scelgo, più sincronico o più diacronico? Prediligo le connessioni tra contesti e idee o è meglio un approccio più lineare, presentando idee e produzioni in sequenza? Il problema non è che un approccio escluda l’altro, perché non è così, ma piuttosto – ed è qua l’insidia – saper scegliere lo stile prevalente del nostro discorso, stabilire quale sia l’approccio maggioritario per così dire, senza tralasciare del tutto altri approcci e chiavi di lettura.
Difatti, privilegiare un percorso senza escludere del tutto gli altri, è possibile; al contempo, cercare di includere il più possibile pur rimanendo saldi su una strada chiara, non è facile. E questo compito, tutt’altro che invidiabile, diventa ancora più complesso quando si tratta di un volume che ambisce non a essere enciclopedico e onnicomprensivo, ma piuttosto a essere un’introduzione a uno studio più completo di quella disciplina. Un testo enciclopedico dev’essere, nei limiti del possibile, onnicomprensivo; invece un manuale specifico su un determinato àmbito di una data disciplina, dev’essere esaustivo seppur circoscritto; cose ardue entrambe, ma c’è una terza opzione, ossia appunto l’introduzione a uno studio, dalla quale ci si aspetta paradossalmente ancora di più. Senza dubbio, maggiore diventa lo sforzo di sintesi poiché più intenso si fa il ragionamento su cosa spiegare e come farlo e su cosa rinviare a uno sforzo successivo più approfondito. E anche qualora l’introduzione fosse pensata dal docente per la sua stessa materia, che lo studente, poco dopo, seguirà, la questione non cambia: l’autore deve pensare a quali basi fornire al suo lettore per fargli fare le ossa nel “prima”, scegliendo poi cosa gli fornirà per l’intenso studio del “dopo”. Si può dire che un problema perenne dell’insegnamento è non solo il “cosa”, ma anche il “come”.
Nel suo Oltre il visibile. Introduzione allo studio della pittura altomedievale, Giancarlo Germanà Bozza riesce in questo compito non facile. L’autore dà un ricco quadro d’insieme di un lungo periodo della nostra storia e della nostra civiltà, che il lettore poi, se vorrà, approfondirà autonomamente. In sei capitoli che coprono tutto il ciclo storico preso in esame, iniziando dal periodo tardoantico per concludere con la pittura romanica, il volume analizza l’evoluzione delle arti figurative in modo lineare secondo lo scorrere del tempo, ma non trascura le connessioni tra le idee e gli stili, mettendone in luce i significati. Come avvisa già nel titolo, l’autore intende guidare il lettore oltre il visibile di quelle bellezze che, spesso, si guardano senza comprendere, nel tempo del turismo mordi e fuggi. Oggi si parla di narrazione e narrazioni un po’ ovunque, anche nella divulgazione culturale, e allora possiamo dire che nel testo di Germanà c’è una narrazione asciutta ma non pedante, anzi. Nella ricchezza dei dati e nel rigore delle argomentazioni è esaustiva, ma al contempo è agevole nel guidare il lettore in un viaggio alla scoperta di come, nell’arco di circa dieci secoli (dalla metà del IV a.C. al XIII), lungo l’Alto Medioevo e poco oltre, si sia evoluta l’arte pittorica, della quale tutt’oggi, negli splendidi scrigni d’arte e di storia delle nostre città, vediamo i tesori, spesso distrattamente (non solo i turisti, ma a maggior ragione chi vive in un luogo e lo dà per scontato).
Una riflessione, più nello specifico, può essere fatta sull’idea che l’autore ci restituisce del Medioevo, quantomeno rispetto al periodo e al campo di ricerca presi in esame. Le categorizzazioni storiche sono preziose ma convenzionali, giacché stabilire quando inizia e finisce un’era non significa parlare di un museo a compartimenti stagni, ma, al più, parlare di una città le cui vestigia sono innanzi a noi e con la porta d’ingresso e quella d’uscita socchiuse, per poter intravedere ciò che è venuto prima e ciò che è venuto dopo. Infatti il Medioevo non è stato una lunga, terribile interruzione tra un’età e l’altra, come si è fatto intendere negli ultimi tre secoli, ma l’opposto: è stato la continuazione di ciò che è avvenuto prima e la premessa di ciò che è avvenuto dopo, in una lunga traversata di creatività e luci con innovazioni in tutti i campi del sapere, tra cui, come racconta compiutamente Oltre il visibile, quello delle arti figurative, arrivando a plasmare il nostro attuale immaginario. Nell’arte pittorica (ma non solo) siamo tutti figli del Medioevo. Un invito alla lettura.
di Claudio Gnoffo