Il nome di questo pittore non ci dice nulla ai nostri giorni ma dalle parole del biografo secentesco Marco Boschini (1613-1681) emerge una personalità alquanto singolare e tutt’altro che di secondo piano. In questa sede esporrò le principali vicende artistiche di un pittore e disegnatore di costumi teatrali i cui contorni dal punto di vista biografico ed anagrafico non sono ancora nitidi ma di cui è stato tracciato un breve profilo, seppur lacunoso, attraverso la ricostituzione di un ristretto corpus di opere pittoriche grazie al contributo di alcune studiose attente e scrupolose quali Chiara Rigoni , Francesca Lodi e Margaret Binotto. Egli nacque forse a Brendola o nella stessa Vicenza intorno al 1540 ma operò soprattutto nel capoluogo veneto fino agli ’20 del 1600 (nel 1624 redasse il suo testamento dopodiché si perdono le tracce); nel 1588 risulta documentato a Vicenza come pittore affermato. In effetti, stando alle testimonianze documentarie raccolte dal Boschini nel 1677, egli dipinse numerose pale d’altare per le chiese di Vicenza e del suo territorio, ma solamente due sono state identificate come sicure opere di Porfirio Moretti in quanto documentate per l’appunto dal Boschini. Tuttavia in anni recenti le studiose sopra citate si sono premurate di ricostruire il catalogo, seppur molto esiguo e lacunoso, dell’artista vicentino di cui restano veramente pochissime tracce documentarie: le studiose suddette, a partire dagli inizi del 2000, hanno cercato di ampliare il catalogo dell’artista con nuove attribuzioni su base stilistica. Il prezioso contributo della Binotto, Lodi e Rigoni è stato decisivo per delineare in maniera più incisiva la figura di un artista con una sua fisionomia ben definita: autore di affreschi sia a carattere profano che a tema sacro, ma anche di pale d’altare per chiese e confraternite.
Tra tutti gli artisti vicentini del tardo Manierismo Porfirio Moretti è il più visionario ed eclettico: nei suoi primi esperimenti pittorici si evince la sua formazione in ambito veronesiano con figure allungate e svigorite; successivamente i suoi soggetti acquisteranno una maggiore spazialità e monumentalità grazie agli influssi della pittura di Palma il Giovane ma anche della scuola bassanesca. Le studiose non hanno tuttavia evidenziato una certa matrice naturalistica proveniente dalla pittura lombarda del pieno Cinquecento, in particolare dai soggetti caratterizzati da una più intima religiosità ed umanità di Giovanni Gerolamo Savoldo (1480-1540). Inoltre, a partire dagli ultimissimi anni del Cinquecento si va a rafforzare nella pittura di Porfirio Moretti una certa sensibilità per il colore timbrico e brillante. È importante sottolineare altresì che egli fu un artista che si aggiornava in continuazione, aperto a nuovi stimoli iconografici e compositivi. Pare si sia ispirato anche a Raffaello per una delle sue figure ( l’incendio di Borgo in Vaticano).
Del Moretti abbiamo alcune testimonianze pittoriche quali gli affreschi di Palazzo Gualdo a Vicenza con un fregio a soggetto allegorico ed astrologico ma anche pale d’altare come quella della Cattedrale di Vicenza con San Bellino Vescovo che guarisce degli ammalati morsi dai cani idrofobi; un’altra pala d’altare degna di nota si trova a Piovene Rocchette.
Presso l’oratorio di Vigardolo il Moretti ha licenziato un affresco raffigurante l’Annunciazione in corrispondenza dell’arco trionfale tra lo spazio della chiesa e il presbiterio; ai lati, il pittore dipinse due figure di sante (Santa Giustina e Santa Marta). Questo ciclo è stato eseguito quasi sicuramente agli inizi del ‘600: accanto alle solite reminiscenze di matrice manieristica si evidenziano un certo dinamismo ed una certa scioltezza afferenti all’arcangelo Gabriele la cui immagine sembra già preludere al naturalismo barocco.
di Francesco Caracciolo