Una carovana di carrozze con un carico pesante si fa strada nella campagna prussiana, le ruote tendono ad affondare nel terreno ora sabbioso ora fangoso; ogni tanto spunta un fucile di una delle guardie che accompagnano la spedizione straordinaria. Poi finalmente giunge a destinazione, al castello, a Potsdam. La fornitura è di statue di marmo in arrivo da Carrara, sono Dei ed eroi della mitologia greca per il Re della Prussia. Siamo negli anni Settanta del Settecento. L’impresa cui Federico II ha commissionato i lavori è di proprietà di un magnate che opera a livello europeo.
La Prussia ha appena conquistato la sua posizione nella pentarchia europea, ma centri come Londra, Parigi e San Pietroburgo sono ancora i clienti più significativi per l’azienda toscana. Il materiale è pregiato e di gran moda per i busti classicistici, come per intere sale dove ne ricopre le pareti: è il marmo bianco di Carrara. Nessuna monarchia può permettersi di farne a meno. L’azienda che fornisce le opere è in mano alla famiglia Del Medico, una dinastia che ha scoperto la formula per difendere questo enorme patrimonio. Infatti per non avere rogne nella suddivisione dei loro beni ed evitare dispersioni, solo il primo figlio di ogni generazione può mettere su famiglia e avere a sua volta un primogenito, e quindi un erede; tutti i fratelli rimangono casti ed entrano al servizio della Chiesa. In questo modo la famiglia estende il suo potere sulle cave, su artigiani e artisti, e sulla rete commerciale abilmente tessuta ormai in tutta Europa. Ma il salto di qualità lo ispira Francesco Antonio Del Medico, quando rinuncia al suo diritto e cede la funzione di capofamiglia a suo fratello Carlo, mentre lui rimane celibe. Non è un gesto di gentilezza ma un passo decisivo in una carriera che duplicherà il successo dell’oligarchia. Francesco entra nel servizio diplomatico, e da Londra riesce ad assicurare alla famiglia le commissioni delle città e delle case reali più importanti. La Del Medico diventa così la Nike del Settecento.
Ma guardiamo la situazione dal punto di vista prussiano. Re Federico II non è militarista come suo padre, il cosiddetto Re dei Soldati; infatti lui si interessa delle belle arti, suona il flauto, è amico di Voltaire. Però nell’era dell’imperialismo e delle grandi scoperte in altri continenti, Federico II è pur sempre un governante assolutista e deve dimostrare i suoi poteri. Le case reali sono collegate da legami di parentela, e così si concretizzano le tendenze del momento e i vari regni entrano in competizione l’uno con l’altro. Quindi anche Federico II si orienta in Italia. Ancora manca qualche anno prima che Goethe parta per l’Italia, ma il fascino del sud Mediterraneo è già nell’aria. A Federico servono le grotte, le colonne e le sculture. Il castello che ama di più come sua residenza ha solo cinque stanze, in netto contrasto con le 970 del Nuovo Palazzo che sorge poco distante e dove si festeggiano gli eventi di Stato. Cinque stanze bastano appena per lui, e così la regina è costantemente assente. Poco tempo dopo il loro matrimonio le regala un castello: Schönhausen.
Tra Federico II a Potsdam e sua moglie nella nuova residenza vi è Berlino, che a quei tempi sta per raggiungere i 100.000 abitanti. Così i coniugi vivono distanti ben 40 chilometri, e all’epoca il viaggio era minimo di un’intera giornata. I tedeschi di oggi ricordano Federico II per la sua passione per la filosofia e la musica, ma anche per altre due cose: gli Ugonotti e le patate. Le patate sono un’eredità del colonialismo, derivano in origine dalle Americhe. Federico II intuisce l’importanza di questo alimento nutriente per sfamare la popolazione e fa piantare le patate in tutto il suo Regno. La Prussia diventa improvvisamente il paese delle patate. Gli Ugonotti sono un’etnia già da tempo in fuga dalla Francia dove la monarchia non tollera i protestanti. Federico II, a tal proposito, promette che ognuno può trovare la felicità alla propria façon (il Re parla francese, ovviamente). Così gli Ugonotti – che avevano già fatto capolino ai tempi del bisnonno di Federico – non se lo fanno ripetere due volte e si insediano nei territori prussiani, introducendo anche alcune loro parole che si manifesteranno per sempre nella lingua tedesca: Portemonnaie, Friseur, Balkon, Genie, Blamage, Jargon, Visage e molte altre tutt’oggi di uso quotidiano, anche se spesso con pronuncia tedeschizzata.
Ma in realtà c’è già un’altra popolazione straniera che abita a Potsdam: sono gli Olandesi. Il padre di Federico II, Federico Guglielmo I, per creare il suo stato di soldati ha bisogno di grandi maestranze; deve costruire una città con un’edilizia abitativa apposita per le famiglie dei militari. Si individuano in Olanda gli operai giusti, e per farli sentire a casa, gli si dà diritto di costruirsi un intero quartiere con le case in stile olandese. Nell’Ottocento poi si aggiunge il quartiere russo. Quattro regni dopo Federico II, si crea una zona per ospitare i cantanti russi che sono membri dell’esercito. Le case in legno e la bella chiesetta ortodossa oggi fanno parte del patrimonio dell’UNESCO.
Ma torniamo ancora al Settecento, da Federico II detto il Grande, chiamato anche popolarmente il Vecchio Fritz; ma non importano i nomi, lui lascia una traccia indelebile, con lo splendore dei suoi castelli, con i suoi gusti nell’arte e nei modi di vivere, va con la moda e con le tendenze e certamente gli sarebbe piaciuto comunicare su Instagram. Avrebbe potuto mostrare al mondo il suo incanto barocco‐classicista, meglio se in diretta, magari conquistandosi pure tanti like per i suoi monumenti, le sculture, i vigneti… i vigneti, a Potsdam, a 52° Nord. Delle cose ammirate in Italia non deve mancare niente. I ruderi? Federico II non ha problemi: su una piccola collina di fronta al Castello di Sanssouci fa costruire i “suoi” ruderi; si vedono infatti colonne cadute, pezzi di mura come di un teatro antico. Sono le quinte del suo film, tutto finto. Federico II è un fantasista. Per movimentare le fontane del Parco di Sanssouci – che poi funzioneranno solo dopo la morte di Federico – c’è un edificio con le macchine a vapore. Lo stile? Ma via, siamo nell’era della globalizzazione, e la risorsa energetica che è in grado di far alzare l’acqua delle fontane fino a 38 metri viene costruita come una moschea orientale!
Chi visita oggi Potsdam e i tesori della Prussia non vede solo i prussiani, la loro precisione e il loro spirito per la guerra, ma vede anche tutte le influenze che l’hanno arricchita e di cui si può certamente dire ‐ in tempi non sospetti ‐ come siano state perfettamente integrate nella cultura già esistente.
di Julia Jäger – scrittrice, ricercatrice culturale