Erano i primi dell’Ottocento quando in Francia il gastronomo francese Brillat Savarin scriveva l’importante testo de La fisiologia del gusto; in Austria Franz Sacher inventava la Sachertorte; per poi assistere nel corso del secolo alla nascita in Italia del gianduiotto in Piemonte, del pandoro a Verona con Domenico Melegatti e dei vini dell’azienda agricola Santa Lucia a Corato, in Puglia. In questi duecento anni la Puglia è stata protagonista con un’impresa di famiglia, l’Agricola Santa Lucia, guidata oggi da Roberto Perrone Capano che insieme al suo team ha saputo conservare il bello del passato ma guardando anche al futuro, scommettendo sul nuovo vino Nero di Troia.
Tra le peculiarità racchiuse nei 14 ettari delimitati dagli iconici muretti a secco, è la presenza di vigneti autoctoni, dove il vitigno principe è il Nero di Troia, a cui si affiancano il Bombino Nero e il Fiano. A queste produzioni, si aggiungono alcune migliaia di bottiglie di olio extra vergine d’oliva da monocultivar Coratina, le cui piante fungono da cinta frangivento al vigneto. Dal 2016 l’azienda agricola può fregiarsi della certificazione di agricoltura biologica. Pensare e piantare un vigneto è un progetto di vita. Il ritorno lento dell’agricoltura chiede di fare una scelta e di seguirla per un arco temporale lungo almeno 20 anni. Un allevamento lento, rispettoso dell’ambiente come spiega l’agronomo Alfredo Tocchini, che prima di tutto ha rivoluzionato il metodo di allevamento, portandolo dal tendone alla spalliera alta con guyot singolo ad alta densità, dando anche la giusta considerazione alla fertilità microbiologica del suolo, lavorando con inerbimenti, concimazioni e sovesci. Il risultato è la produzione di “vini artigiani”, che li rende fedeli ambasciatori del territorio pugliese, della lunga storia di una famiglia innamorata di questi luoghi e del valore tecnico di chi oggi fa grande l’azienda. Il fare artigiano si esprime nel ponderato utilizzo del legno in fase di affinamento per i vini rossi e l’esclusivo utilizzo del “mosto fiore” per la vinificazione in bianco, dando origine a quattro vini riconoscibili: Il Melograno (Castel del Monte D.o.c. Rosso, Nero di Troia in purezza), la Riserva Le More (Castel del Monte D.o.c.g. Rosso, Nero di Troia in purezza) ed il Fior di Ribes (Castel del Monte D.o.c.g. Rosato, Bombino Nero), La Gazza Ladra (Puglia I.g.p. Bianco, Fiano).
Per vivere un’esperienza di viaggio unica, è possibile degustare i vini Santa Lucia nella tenuta, nella splendida sala liberty da 12 posti o nel generoso giardino e puntare il gusto e l’olfatto sul vino fiore all’occhiello dell’azienda, il Nero di Troia. Un vino non semplice da produrre per la bassa e poco costante resa come spiega l’agronomo, e al tempo stesso un vino dai tannini importanti che esprime una grande personalità, da sorseggiare lentamente, magari ammirando il paesaggio definito anche dai muretti a secco che oggi fanno parte della lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Unesco. «Il futuro del Nero di Troia è ancora da scrivere – spiega Roberto Perrone Capano – Questo vino è come un sigaro cubano: affascina l’esperto, ma stende il novellino. Tuttavia, lavorando sull’identità del prodotto, potrebbe arrivare ad eguagliare la migliore Grenache francese, il Nebbiolo o il miglior Sangiovese toscano. Il Nero di Troia potrebbe rimanere un vino per intenditori, ma con la giusta sinergia tra i produttori, questo vitigno potrebbe diventare un grande volano per la vitivinicoltura pugliese».