Marocco, romanzo
L’anima di un Paese è un enigma. L’anima non si dà, non si concede, non svela niente della sua intimità. È in noi o non è.
Il Marocco è un enigma da sedurre con garbo.
Il Marocco è così, sfuggente, inafferrabile. Bisogna intuirlo, immaginarlo e fare attenzione ad alcuni particolari della vita quotidiana.
Un Paese è ciò che siamo nel momento che lo visitiamo. Nessuno è capace di catturare tutta la ricchezza, tutte le complessità, le contraddizioni di un territorio popolato da gente di cui non parla la lingua e che conosce solo di fama o grazie ai libri.
(Tahar Ben Jelloun – “Marocco, romanzo” – Einaudi, 2010)
Il Marocco e il fascino dei libri di Ben Jelloun
Quando ho cominciato a leggere per la prima volta un libro di Ben Jelloun mi è sembrato che fosse ambientato in epoche lontane, misteriose e magiche, con personaggi fantastici e un po’ surreali.
Poi andando avanti nella lettura ho scoperto particolari e ambienti legati alla nostra contemporaneità che mi hanno sorpreso. Dal sogno, dalla magia, dalla storia lontana ripiombavo nella quotidianità e rimanevo un po’ sconcertata. Avevo difficoltà a capire pienamente la filosofia del racconto. Quando sono riuscita a visitare il Marocco, o almeno alcune sue città, ho finalmente capito il senso e il fascino dei libri di Ben Jelloun.
Il viaggio in Marocco: Casablanca la città splendente
Sono arrivata sulla terra marocchina, qualche anno fa, atterrando all’aeroporto di Casablanca. È una città moderna e ospitale, come d’altronde tutto il Marocco lo è. Il suo popolo infatti è sempre disponibile, sempre sorridente, sempre pronto a soddisfare i desideri dell’ospite, anche se poi non sempre mantiene le promesse fatte. Casablanca si affaccia sull’Oceano Atlantico, è una città splendente. Le mura bianche della città vecchia che ancora oggi la costeggiano fanno intuire come doveva essere un tempo il nucleo originario prima che venisse quasi del tutto distrutto da un terremoto.
La Nouvelle Ville e l’imponente Moschea Hassan II
La nuova città, la Nouvelle Ville, costruita dai francesi all’inizio del secolo scorso è una città moderna, cosmopolita, piena di grandi viali, banche, negozi di lusso, ristoranti e alberghi e la vita qui scorre frenetica come in qualsiasi città europea. L’edificio più imponente della città è senza dubbio la Moschea Hassan II, finita di costruire nel 1993. È la moschea più grande del Marocco, il suo costruttore si è fatto ispirare da un versetto del Corano “Il trono di Dio fu costruito sull’acqua”, e infatti la moschea si affaccia sull’oceano. È difficile descrivere questo luogo, la sua maestosità nulla toglie all’eleganza dell’edificio costruito in stile marocchino con elementi islamici.
Dalla Moschea con la sua grande piazza alla Corniche
La luce e il mare si riflettono sui marmi e sulle innumerevoli maioliche che lo decorano e la piazza, enorme, fa pensare alla quantità di fedeli che la visitano nei giorni sacri dell’Islam. Quando l’ho visitata c’erano poche persone e l’effetto è proprio quello di sentirsi piccoli, quasi delle formichine, un po’ perdute ma comunque attirate da questa opera dell’ingegno umano.Piacevolissimo passeggiare sulla Corniche, una striscia di costa da cui si può ammirare il mare e i magnifici tramonti. In questo primo impatto con questo paese ho già assaggiato la grandezza, la religiosità e la natura, l’oceano e il cielo quasi bianco per il calore del sole.
Verso la capitale del Marocco: direzione Rabat
Parto per Rabat, l’attuale capitale del Marocco, che come Casablanca si affaccia sull’Oceano. Mi aggiro anche qui tra le pietre di una moschea. Il suo minareto, la Torre Hassan, tozzo e non molto alto, base quadrata e altezza 44 metri, comunque attira la mia attenzione. Nonostante la temperatura, decisamente alta, mi fermo a disegnare, il colore caldo dei mattoni della torre e il continuo viavai di turisti e popolazione del luogo fa sì che sia un posto vivace, colorato, importante, con la spianata di colonne basse che doveva appartenere alla moschea mai finita. Questa moschea, voluta da Yacoub-el-Mansour, doveva essere grandissima ed imponente e doveva diventare il simbolo della potenza dell’impero almohade.
Una Moschea mai finita: tra religione e fascino
La sua costruzione iniziò nel 1195 ma si interruppe con la morte del sovrano, nel 1199. Rimase così una struttura incompleta e comunque, anzi forse proprio per questo, ha conservato il suo fascino e attira, ancora oggi, migliaia di persone ogni anno. Di fronte alla torre vedo il Mausoleo di Mohammed V. Finito nel 1971, sotto il sole cocente, abbaglia con il candore dei suoi marmi italiani. Nell’interno ci sono il sarcofago di Mohammed V e la tomba del figlio Moulay, morto nel 1983. Accanto ai sarcofaghi c’è sempre un imam che recita preghiere. L’interno è completamente decorato e ricco di colori, quasi a contrastare la nitidezza dell’esterno dell’edificio. Io, come spesso mi accade, sono colpita da un particolare che si trova all’ingresso del mausoleo, sopra i cancelli, un enorme braciere che viene utilizzato per bruciare incenso durante le manifestazioni più importanti in presenza del re.
Il Palazzo Reale di Rabat, i colori e i sapori del Marocco
Passo poi a vedere il Palazzo Reale, si può vedere solo l’esterno, e qui mi soffermo a disegnare le guardie reali con il loro vestito rosso completato da un mantello bianco. I colori in questo paese sono molto importanti, rendono lo spirito del luogo, la vitalità del popolo, l’amore per la creatività e la cultura , antichi di secoli, tramandati di generazione in generazione e mai persi. Continuo a girare per la città guardo le sue piante lussureggianti, i fiori giganteschi, come le strelitzie coloratissime che decorano piazze e viali. Assaggio i primi piatti tipici della cucina marocchina, non si può che iniziare con un generoso couscous. Cerco piano piano di entrare in confidenza con lo spirito del Marocco.
Alla scoperta di Volubilis e di Fès
Nei giorni successivi mi sposto verso l’interno, la mia meta è Fès, prima però un rapido giro nella città di Volubilis. Volubilis è il più importante sito archeologico del Marocco, sono presenti imponenti rovine di una città romana. I reperti trovati nel sito sono stati tutti trasferiti al museo di Rabat, ma qui possiamo ammirare i resti degli antichi edifici e meravigliosi mosaici con disegni geometrici. Probabilmente la conquista romana della zona, intorno agli anni 40 d.C., fu l’inizio di uno sviluppo dovuto soprattutto alla presenza in questa città di coloro che governavano la regione. Il suo massimo splendore si ebbe intorno al II e III secolo d.C.
Le antiche città dell’Impero Romano hanno sempre un fascino particolare, soprattutto quando si trovano in luoghi lontani da Roma. Passeggiare per le sue vie tra i suoi palazzi mi fa sempre desiderare di poter vedere, almeno per un attimo la vita di allora. Mi fermo qualche ora e sul mio taccuino fermo qualche immagine, un arco, due colonne. Su una delle due colonne un bellissimo nido di cicogna. Ricordo che una turista chiese alla guida:”Ma chi ha messo quel nido per le cicogne proprio lassù?”. Non ho resistito e ho disegnato anche la cicogna. Riparto e finalmente in serata arrivo a Fès.
Fès: la città dei sogni
Fès è la città dei sogni, credo che sia uno dei più bei luoghi che io abbia mai visitato. Ha un’atmosfera tutta sua, sembra di essere stati catapultati in un libro di fiabe, con personaggi magici e unici che si aggirano e si nascondono tra le viuzze dei vari quartieri sussurrando parole, a volte, incomprensibili. Ogni tanto un velo ci sfiora, una porta all’improvviso si chiude, una lanterna si accende in un angolo scuro e poi… e poi viviamo un’avventura che parte dal nostro pensiero e ci perdiamo tra i suoi vicoli.
Fèsel-Bali e Fèsel-Jédid le due parti della città. Si entra nella città vecchia, protetta da poderose mura, dalla sua porta più bella la porta Bab Boujloud, che io chiamo la porta del paradiso. Splendida con le sue innumerevoli maioliche azzurro cielo e verde giada su cui brilla il sole, entro e… cambio secolo.
Dalla Medina ai minareti della Mèdersa Bou Inania
La medina di Fès è un dedalo di viuzze piene di botteghe di artigiani; appena entro in fondo alla strada vedo i minareti della Mèdersa Bou Inania e quello più piccolo della moschea di Sidi Lezzaz. Ma qui non voglio parlare di moschee e musei, le botteghe mi attraggono di più, vendono oggetti di varia natura: pelli, tessuti, utensili di rame, ceramiche, candele, profumi, ricami e souvenir. Continuo a camminare osservando i vari prodotti messi in esposizione ma guardo soprattutto la gente che si trova nelle botteghe. Osservo persone che tranquillamente siedono sulla soglia del negozio raccontando le loro vicende e passando così il tempo. Molti, uomini e donne, portano i tipici vestiti del luogo come la jellàba, la kamis, i siruàl, i hijab, il tutto accompagnato da babbucce in pelle. Qualche donna ha il viso coperto da un velo di stoffa, molto spesso bianco.
Tra profumi di menta agli odori delle concerie di Fès
Continuo a girare per le strette vie e non si può fare a meno di notare gli odori: profumi e spezie rendono l’aria piacevole. All’improvviso però l’aria si fa pesante, l’odore forte, sgradevole, alcuni venditori di menta mi invitano a prendere un mazzetto di questa erba profumata, lo prendo e continuo a camminare. L’odore si fa sempre più intenso, guardo davanti a me e vedo delle grandi vasche piene di colore, è proprio da lì che arriva il cattivo odore, sono arrivata alle concerie di Fès. Un posto incredibile!
Pieno di vasche dove le pelli vengono lasciate macerare, per parecchio tempo, immerse in un bagno di tannino. In questo modo la pelle si ammorbidisce, diventa cuoio e dopo averle fatte asciugare si può passare alla lavorazione per creare capi di abbigliamento e di arredamento. Ogni vasca ha un colore, le persone che ci lavorano sono praticamente immerse in questa atmosfera quasi infernale dove i miasmi della lavorazione sono avvolgenti. Noto un bambino seduto sul bordo di una vasca, non dovrebbe essere lì, ma probabilmente quello che lavora accanto a lui è suo padre.
I prodotti e i sapori delle terre Marocchine: una continua scoperta
Scappo da questo girone infernale e mi rifugio in un giardino; finalmente un po’ di fresco! Ci sono delle bellissime piante di banana, una ha un fiore spettacolare con il suo bravo casco di banane. Decido di riposarmi un po’ e disegno. Poco prima, presso un banco di frutta, avevo comprato dei datteri freschi, deliziosi, e così tra una pennellata e l’altra li mangio. Dopo essermi riposata il mio giro continua, nel souk dove trovo una zona in cui vendono piante ed essenze naturali per la tintura e la cura dei capelli e del corpo, quindi henne e khol e creme e rossi per le labbra e profumi. Mi diverto a provare qualche prodotto, mi offrono un tè alla menta, caldo e dissetante, ottimo. La sera vado a cena in un bellissimo ristorante e ordino un tagine di pollo con cannella e zenzero, patate dolci e uvetta, veramente delizioso.
La trattativa marocchina
Una cosa che mi diverte molto in questi mercati è la contrattazione del prezzo del prodotto che si vuole acquistare. Questo fa si che per quei pochi minuti di finte dispute per il prezzo si instaura una qualche connessione tra venditore e acquirente, una sorta di piccola sfida che fa sì che per pochi minuti le due persone entrino in relazione. Il tutto fatto con molto garbo e sorrisi, ma alla fine tutte e due le persone saranno soddisfate, l’acquirente perché crede di aver fatto un affare e il venditore per il guadagno ottenuto.
Dopo qualche giorno riparto, lasciando con rammarico la città di Fès, la mia ultima tappa è Marrakech, metropoli berbera.
Marrakec: dove la vita scorre vivace e colorata
Per arrivare in quest’ultima città attraversiamo il Medio Atlante, dove vivono gruppi di berberi. La natura di questa zona è spettacolare. La prima cosa che si nota arrivando a Marrakech è il minareto della Koutoubia di arte maghrebina, simile alla Giralda di Siviglia, ma più antica e più raffinata. Il minareto, più antico della vicina moschea, fu fatto costruire da Yacoubel-Mansour e una leggenda narra che per fabbricare le quattro sfere dorate che si trovano sulla sommità della lanterna, fece utilizzare i gioielli della moglie.
Una piazza che tutti conoscono è Place Jemaa el Fna dove, oltre a carretti vari che vendono cibi, si trovano cantastorie, giocolieri, acrobati, incantatori di serpenti. Dalla terrazza dei caffè si può bere un ottimo tè o caffè e guardare la vita che scorre vivace e colorata nella piazza.
La visita al raffinato palazzo della Bahia
Tra i vari palazzi, tutti bellissimi, uno mi è piaciuto molto: il palazzo della Bahia, eretto verso la fine dell’800 dal gran visir Si Moussa. Palazzo raffinatissimo in stile andaluso, è molto grande ed è composto da una sequenza di appartamenti che si affacciano su cortili interni ricchi di vegetazione e in cui le fontane creano un’atmosfera riposante e fresca. Il giardino moresco è ricco di cipressi, agrumi, banani, gelsomini. Il palazzo ha delle decorazioni molto raffinate, partendo dalle bellissime porte di legno intagliate, fino alle decorazioni con maioliche, marmi, vetrate, colonne.
La tempesta di sabbia
Torno in albergo, la temperatura altissima è quasi insopportabile, il cielo ha cambiato colore, c’è vento. La sensazione è quella di essere all’interno di un forno ventilato acceso. Il personale dell’albergo ci invita a rimanere al coperto, chiudono porte e finestre. Guardo fuori e finalmente capisco cosa sta succedendo, siamo in una tempesta di sabbia, il vento trasporta grandi quantità di sabbia dal deserto, finissima, quasi impalpabile. Quando finalmente il vento si spegne, usciamo fuori e il giardino è completamente ricoperto di sabbia, le piante hanno perso i colori e parte del loro splendore. Comunque basterà poco per ritornare alla normalità.
La fine di questo viaggio in Marocco: l’ultimo giro nella medina
Prima di partire faccio un ultimo giro nella medina con i suoi souk, sono attratta in particolar modo dai banchi che vendono spezie e frutta secca, le merci sono esposte con eleganza e simmetria, i colori di questi prodotti sono caldi. Si va dal giallo agli arancioni a varie tonalità di marrone. Viene voglia di comprare un po’ di tutto. Per le strade si aggirano venditori dei prodotti più vari, divertita guardo una macchina con sopra al tettino delle cassette piene di galli e galline che fanno un chiasso infernale. La gente che passa e si sofferma per acquistare qualche prodotto è vivace, colorata, parla a voce alta, sembra non avere fretta; ad un certo punto vedo passare un uomo con indosso una jellàba verde, ha tirato sulla testa il cappuccio a punta per proteggersi dal sole cocente, passa senza urgenza, accompagnato dalla sua ombra che si staglia netta sul selciato.
Con questa immagine chiudo questi miei ricordi.
Testo e disegni di Angela Maria Russo – biologa, carnettista