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Santo Padre Nilo, il giovane

All’inizio del X secolo nella bizantina città di Rossano, in Calabria, nasce Nicola. Correva precisamente l’anno 910. Il suo santo agiografo, Bartolomeo, ci narra con la sua “aurea penna” che Nicola fu sin dalla sua giovane età un assiduo lettore della vita dei santi Padri del deserto, le cui immagini erano dipinte nella cattedrale di Rossano dedicata alla SS. Madre di Dio Achiropita. Nicola perde i genitori in giovane età e viene educato e accudito dalla sorella.

Intorno al 940 si compie il disegno divino per cui egli era predestinato, ovvero “il grandissimo bene che tramite la sua opera sarebbe ritornato agli uomini e che grazie a lui molti avrebbero conseguito il regno dei cieli”. Pertanto Nicola abbandona il “fango” della vita mondana, lascia la sua famiglia e si dirige, illuminato dalla divina volontà, verso i monasteri che erano nel Mercurio, località ai confini tra la Calabria e la Lucania. Qui incontra il grande Giovanni, il celeberrimo Fantino e l’angelico Zaccaria. Il suo agiografo ci narra ancora che purtroppo Nicola, che poi divenne san Nilo, non poté essere tonsurato da questi monaci poiché il governatore della regione, accortosi di questa sua dipartita, minacciò i monasteri che l’avessero tonsurato. Così san Nilo decide di recarsi al monastero di san Nazario situato in altro dominio, e cioè nel principato salernitano. Qui veste l’Abito Angelico, professa i santi voti e fa promessa a se stesso che non avrebbe mai accettato alcuna dignità di sorta e sarebbe restato sempre un semplice monaco, “non volendo essere più saggio di quello che si conviene, col pericolo di non esserlo affatto”.  San Nilo da quel momento, ornato delle più elette virtù “acquistate con uno sforzo costante e una dura incessante lotta contro se stesso”, grazie all’aiuto della divina provvidenza, diviene cenobita e anacoreta, fondatore di monasteri e guida e maestro esemplare di tanti discepoli.

Grotta di S. Nilo – Fotografia di Pietro Rotondaro
Grotta di San Nilo – Fotografia di Pietro Rotondaro

Intorno al 943 si ritira nella grotta di san Michele al fine di condurre una vita solitaria, madre di tutte le virtù, in modo tale da acquisire “ricchezze spirituali” sempre maggiori e più alta sapienza. La grotta di san Michele, una spelonca, era posta su un terribile dirupo al cui interno vi era un altare, una pietra, dedicato all’Arcangelo san Michele. La vita che conduce in questa grotta è molto dura. L’agiografo scrive che san Nilo si nutriva ogni due o tre giorni, il cibo era scarso e arrangiato. Al fine di non cadere nell’ozio, quindi nel peccato, impegna tutto il suo tempo: dall’alba fino all’ora terza (le nove di mattina) scrive in carattere “corsivo, minuto e compatto”, una scrittura sua particolare dalla quale nasce la “Scuola Innografica Criptense”, e riempie un quaderno al giorno in modo tale da adempiere al precetto di lavorare. Poi fino all’ora sesta (le dodici) recita il salterio facendo molte genuflessioni. Dall’ora sesta sino all’ora nona (le quindici) legge le opere dei santi Padri e Dottori. Infine esce dalla spelonca per riposarsi dopo la lunga giornata. L’eremita san Nilo si ciba di legumi cotti o di frutti di stagione raccolti dalle piante, alcune volte si sazia solo con bacche di mirto e di corbezzoli. Beve pochissimo senza che ciò gli rechi pregiudizio e, secondo quanto scrive il suo agiografo, san Nilo concede al sonno un’ora sola, spendendo le restanti ore della notte alla recita del salterio.

Affreschi nella grotta di S. Nilo – Fotografia diPietro Rotondaro

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di Flaviano Garritano

Autore

  • vive a Luzzi ed è laureato in Scienze Economiche e Sociali presso l’UNICAL. Ha iniziato il suo primo lavoro come consulente assicurativo con Alleanza Assicurazioni spa per poi trasferirisi a Parma e lavorare presso il centro operativo della banca Intesa – BCI. Da molti anni opera nel campo delle telecomunicazioni curando lo sviluppo della rete vendita e della commercializzazione dei servizi di aziende che operano in tale settore. Ha in attivo diverse pubblicazioni di articoli su argomenti di st...

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