“Senza volo” è una mostra personale di Francesco Ciancabilla, in arte Frisco: un viaggio tra fotogrammi di esistenze sconosciute, i cui percorsi sono andati a intersecarsi con quelli dello stesso artista. Il significato del titolo si riferisce ad una sua libera scelta che predilige i mezzi di trasporto lenti e frequenta gli aeroporti lo stretto necessario, solamente quando la distanza della meta lo impone; ma “senza volo” è anche l’umanità che ritrae, alla quale è spesso preclusa la possibilità di viaggiare liberamente. Scardinati e ricomposti nelle loro volumetrie, riemergono nitidi sulle tele dell’artista i protagonisti di questi viaggi dei quali portano il nome: Bangladesh, Congo, Ghana, India, Kurdistan, Myanmar, Nigeria, Senegal, Siria, Mama Africa, Polonia, Cambogia, Palestina e Mediterraneo.
La mostra è curata da Maria Arcidiacono ed è visitabile a Pescara alla GArt Gallery di Francesco di Matteo dall’11 marzo al 15 aprile 2023. “Senza volo” potrebbe essere definito il compendio di un reportage personalissimo, nel quale la serie di paesaggi, urbani, rurali o con la linea del mare all’orizzonte, si riassume negli infiniti sguardi di testimoni muti di fronte a tragedie immani. Guerra, miseria, sfruttamento irrompono da tutte le latitudini sulle tele di Frisco, con tutta l’urgenza di dare ulteriore senso al suo essere artista.
Viaggio, scatto fotografico, ricostruzione pittorica sulla tela: Frisco organizza per sequenze il suo racconto di una umanità dolente, sognante, talvolta combattiva, che ci osserva e in parte, silenziosamente, ci accusa: “Senza volo” è il disinteressato invito di un artista a riflettere sul nostro tempo, riferimento e parametro immutabile dell’azione artistica, insopprimibile per chiunque se ne voglia rendere protagonista.
Maria Arcidiacono evidenzia come Frisco pianifichi “i propri spostamenti stabilendo una permanenza di qualche mese nella meta prescelta, l’esperienza del viaggio non può essere effimera, la sua visione è l’esatto opposto della retorica turistico-vacanziera. Accade così che a quello del vero viaggiatore spesso si sovrappone lo sguardo del ‘militante’. Perché il suo è anche un lavoro politico, nella cui ricerca è del tutto assente quella topografia del dolore spettacolarizzato, non c’è la caccia morbosa a scovare e documentare il male del mondo; l’artista semplicemente si imbatte nelle dure realtà di terre dimenticate ed è lì che gli scorci di volti e corpi smarriti si fanno denuncia. L’irruzione del colore in queste opere recenti, sebbene declinato con le consuete modalità, sembra rappresentare il desiderio che quell’istante di autenticità permanga e non si trasformi velocemente in ricordo.”
Nato a Napoli nel 1959, Frisco è anche traduttore, insegnante di lingue, globetrotter. Comincia a dipingere nel 1980, ‘imbrattando’ fotografie, fotocopie, muri e tele, e riscuotendo immediato successo di pubblico e di critica. Vicino per sensibilità ai primissimi graffitisti newyorkesi, ancora sconosciuti in Europa, predilige gli spray ma con una tecnica che anticipa di vent’anni l’uso degli stencil. Nel 1983, a causa del noto, infamante delitto, per il quale ha sempre rivendicato la propria totale estraneità, verrà condannato, vedendosi costretto a una lunga latitanza che lo porterà dapprima in Brasile, poi in Argentina e infine in Spagna. All’attività artistica ed espositiva aggiungerà quelle di grafico editoriale, fotografo, manager di gruppi musicali, barman e insegnante d’italiano. Rientra in Italia nel 2011 per riprendere a dipingere. Il suo lavoro è presente in numerose collezioni, private e pubbliche, in Italia e all’estero.
Immagine in copertina: Mediterraneo, 100×100