Teodolinda Coltellaro è un affermato critico d’arte di fama nazionale che ha ormai da tempo consolidato una sua precisa identità analitica nel contemporaneo, affinando uno stile che la rende riconoscibile e alla base del quale ci sono profondità e vastità di studio, come si può apprezzare dalla lettura della sua recente pubblicazione, che ne è una magistrale sintesi: Sulle vie della critica d’arte. Compendio di un cammino nello spessore interpretativo della parola.
In questo testo l’autrice ci conduce per mano lungo un percorso d’indagine tra parola e immagine alla ricerca di quel “luogo fertile” dove ogni volta ricreare nuovi sensi e significati e in cui la parola allo stesso tempo evoca e manifesta, con la forza del suo spessore comunicativo, rivela sempre nuovi frammenti di realtà.
Il libro si apre con un saggio sul concetto di spazio, da quello psicologico a quello della rappresentazione, “luogo di conflittualità concettuale”. Poi declina “il cammino che la verità compie nel suo disvelarsi” nei diversi campi della conoscenza, dall’arte alla letteratura, alla filosofia, alla filosofia del linguaggio, alla psicanalisi e, in una sottile e metodica analisi, ne propone anche la consistenza del suo cammino parallelo in cui albergano l’errore, l’ambiguo, l’ingannevole. L’arte indaga la verità è un enunciato di Cézanne, “volutamente ambiguo”, è l’occasione per la Coltellaro per articolare un inanellarsi di ipotesi, attraverso uno straordinario uso degli strumenti interpretativi della parola. Ma l’arte, come luogo dell’ambiguo, che fa dubitare e mette in scacco le nostre facoltà percettive, di decodifica e ci fa esplorare dimensioni in cui nulla è certo, nulla è ciò che sembra, l’autrice ce la propone attraverso un godibile saggio sulla famosa espressione di Magritte Ceci n’est pas une pipe. D’altra parte, però, l’ambiguità, che si può esprimere in arte con immagini accompagnate da espressioni che le contraddicono, come fa Magritte, provocando continui fraintendimenti, cortocircuiti cognitivi e percettivi, è sempre in dialettica con il disvelamento della verità, quella stessa di cui Cézanne scrive.
La questione può spostarsi sull’asse del linguaggio, come avviene con il saggio Nell’universo degli errori: l’uno e il suo molteplice, attraverso l’analisi di quelle ambiguità o di quegli errori che si verificano allorquando, nella decodifica e nella lettura di un messaggio in cui interagiscono la componente visiva e linguistica, possono avere luogo, generando “incidenti comunicativi”, equivoci di senso e significato che deviano dalla possibilità di una corretta comprensione. In questo caso, l’autrice, giunge, attraverso ipotesi mirabilmente confutate, a dare risoluzione attendibile ad un particolare errore linguistico rilevato e a definire una nuova e assolutamente originale figura retorica. C’è un filo conduttore sotteso a questa dialettica continua tra inganno, errore e verità, tra dubbio e certezza, che si sviluppa in temi e riflessioni sul segno, sul linguaggio, sull’inconscio attraverso autori come Lacan, Foucault, De Saussure, Jakobson, ma anche Kafka, con le sue narrazioni oniriche, Deleuze, Guattari e le loro “macchine desideranti”, aprendo a dimensioni del pensiero che allargano in direzioni sempre diverse le possibilità d’analisi.
Il tutto è retto da una concezione della parola che si manifesta nell’uso che ne fa l’autrice, per cui essa non è semplicemente e puramente illustratrice di concetti o veicolo di taluni significati, ma costituisce quasi un elemento stilistico in grado di produrre il senso, aprendo a una possibilità estetica autoriflessiva in cui è possibile riconoscere il senso stesso come letteralmente incarnato. In un ulteriore saggio, la Coltellaro si sofferma sull’importanza del tempo come fattore fondamentale d’indagine nel processo artistico; esso appare, in tutta la forza del suo fluire, nelle successive densissime pagine del libro introducendo a quella dimensione d’esperienza in cui l’uomo (l’artista) ne “coglie i richiami essenziali” in una sorta di “gioco” di cui esso è maestro, come la stessa scrive. E “l’esistere stesso dell’artista quanto dell’opera” sono sottoposti al divenire del tempo, alle sue regole ineludibili proponendosi come immanenza mai raggiunta e sfuggendo al pensiero che tenta, invano, di fissarne un’improbabile origine. L’autrice ci restituisce, quindi, a più livelli e in più ambiti, la percezione del suo continuo scavo nello “spessore interpretativo della parola” attraverso cui si colgono i rimandi concettuali alla fenomenologia di Husserl, alla sua idea di tempo e verità, così come alla dimensione estetica e filosofica di Heidegger, di cui richiama il das Zwischen, quella “soglia”, quella linea mediana cui si è sempre vicini e che separa “il non più” dal “non ancora” e per cui ogni soglia è per lei una nuova tappa del suo cammino d’indagine .
Nel suo indagare l’arte contemporanea, offre ipotesi investigative e sintesi risolutive, alle sue curiosità, alle sue necessità conoscitive, magari transitorie, ma fondamentali per condurci su quelle “vie della critica d’arte” che lei percorre ed esplora, che si snodano, si intrecciano e individuano territori “frammentati e instabili” tra i tanti possibili da attraversare e in cui mette alla prova le sue capacità interpretative. In questo, Teodolinda Coltellaro mostra piena consapevolezza dell’urgenza intellettuale dei suoi elementi di riflessione, che spaziano nelle molteplici dimensioni dell’essere e dell’esperienza. Essi costituiscono l’immancabile presupposto per ogni opportuna considerazione sull’arte contemporanea, sulle sue dinamiche evolutive, di cui raccoglie la sfida interpretativa, mostrandone piena padronanza conoscitiva e declinando una fittissima e coltissima tessitura discorsiva di cui ella sembra, al pari del suo “Maestro del gioco”, tenere abilmente le fila.
di Teresa Gaetano – storica dell’arte e maestra iconografa
Opere fotografiche di Maurizio Cesarini