Montreal, 6 luglio 1977. Stade du Park Olympique. I Pink Floyd si esibirono davanti a una folla di 80.000 spettatori che, nonostante le numerose difficoltà tecniche e la performance non proprio esaltante dei propri beniamini, erano estasiati. Forse anche per il sapore dolciastro della marijuana che si era diffusa nell’aria. Era l’ultima data di un tour, In the flesh, che aveva visto i Floyd promuovere il loro ultimo album, Animals. C’era una evidente stanchezza tra i membri della band. E, a voler essere ironici, anche gli animali che fluttuavano sul pubblico ne risentirono, tanto da veder il famoso maiale (Pigs on the wing) andare ad abbattersi contro il fondo gigantesco dello stadio. Non fu l’unico a subire tale sorte.
Ma il momento che avrebbe segnato quella serata è arrivato quando, dopo numerose interruzioni causate dal fastidio arrecato da alcuni spettatori, Roger Waters si accorge che un ragazzo si fa largo tra la barriera di sicurezza, superandola dopo essersi arrampicato su un traliccio. Il bassista non indugia e gli sputa addosso. Quel gesto istintivo e spropositato lo segnò in maniera profonda. Fu il sintomo di una frattura nel rapporto tra lo stesso artista e i suoi fan, che si era creata nella sua mente. Da allora egli sviluppò l’immagine di un muro invalicabile. Una barriera in cui l’incomunicabilità umana divenne la sua ossessione.
Abbandonato il progetto solista The pros and the cons of hitchhicking, nei due anni successivi Waters compose un’opera cupa e maniacale, nella quale tratta l’argomento dell’alienazione mentale, della follia e della morte. Era il 30 novembre 1979, quando The Wall fu pubblicato in tutto il mondo. Un lavoro lungo e complesso nella sua elaborazione, più di quanto non lo fu perThe dark side of the moon. Il disco più celebrato dei Pink Floyd aveva già trattato argomenti del genere, ma mai con tanta amarezza e crudezza. Al suo apparire nei negozi, e dopo le prime diffusioni radiofoniche dei vari brani, The wall fu considerato dalla critica un album che sarebbe stato amato o odiato. Un’affermazione che, però, non ha trovato alcun riscontro nelle vendite. Ad oggi si stimano 31 milioni di copie vendute in tutto il mondo per quello che potrebbe essere immaginato come il primo album solista di Roger Waters, e comunque quello che ha determinato la frattura all’interno dei Floyd, portando la band sulla via della separazione.
Le ventisei tracce di The Wall possono essere considerate la sintesi delle ossessioni che hanno sempre trovato spazio nella testa di Waters. Dall’animus contro la guerra, risalente al secondo album A Saucerful of secrets del 1968, al già citato The dark side of the moon, alla brutale misantropia di Animals, fino alla critica contro il business della musica di Wish you were here, Waters ha sempre vissuto con estrema difficoltà i vuoti di una infanzia non proprio felice. La stessa che vive Pink il protagonista di The Wall, nome che richiama, forse non casualmente, un verso di Have a cigar, brano incluso in Wish you were here (“Oh, by the way, which one’s Pink?”). Personaggio in cui si riflette Waters che, come lui, nella sua vita ha innalzato il muro i cui mattoni evidenziano l’assenza del padre, morto nella seconda guerra mondiale, la madre dal carattere iperprotettivo, le repressioni subite a scuola e il tradimento della moglie. Il brano di apertura prende il titolo dal loro tour che ha originato The Wall. In the flesh? si ripete due volte. La prima versione è più grezza e ridotta di quella inserita nella quarta facciata del doppio LP. La canzone si conclude con un aereo che precipita e anticipa, con il vagito di un bambino, la nascita di Pink. La delicata ballata The Thin ice introduce il protagonista, che da quel momento inizierà a costruire un muro intorno a sé. La prima parte di Another brick in the wall anticipa quello che può essere considerato il brano più famoso dei Pink Floyd. La seconda parte infatti ha avuto un riscontro commerciale e diffusione radiofonica e televisiva mai più raggiunta dal gruppo.
La storia di Pink si sviluppa tra brani non troppo lunghi e numerosi effetti sonori: elicotteri, aerei, uccelli, bambini che ridono, giocano, urlano; vetri infranti, risate maniacali, operatori telefonici, segnali di linea e macchinari che ronzano non identificati. Non mancano i riff e gli assolo di David Gilmour, che con la sua chitarra dona colori non immaginati da Waters. Se Another brick in the wall (part 2) è stata cantata e ballata ovunque, Confortably Numb, composta da Gilmour, colpisce direttamente il cuore grazie ad un assolo dalle tinte morbide e suadenti. Il brano caratterizzato dal dialogo tra Pink (Gilmour) e un medico (Waters) può essere considerato tra i più amati dell’intera discografia dei Pink Floyd e di un album che nonostante i suoi 50 anni resterà immortale.
di Giuseppe Panella – giornalista e critico musicale