Il Centro Italiano per la Fotografia di Torino (CAMERA) presenta sino al 2 febbraio: Tina Modotti. L’opera. Si tratta di una mostra, curata da Riccardo Costantini, dedicata alla grande maestra della fotografia italiana e internazionale, dalla personalità affascinante e poliedrica, che ci ha lasciato molte immagini come testimonianze di una sua documentazione sociale-antropologica unita a forti rimandi politici.
Le trecento fotografie esposte – provenienti da ricerche e prestiti da ben trentadue archivi da tutto il mondo che definiscono la più completa mostra mai proposta in Italia – documentano la poliedricità dell’artista: attrice, modella, attivista, autrice di saggi, pittrice e fotografa.
Nella sua vita tumultuosa importanti sono stati gli incontri con personalità di rilievo da Diego Rivera e Frida Kahlo alla fotografa Dorothea Lange, il pittore José Clemente Orozco, la modella e scrittrice Guadalupe Marin, la pittrice e poetessa messicana Nahui Olin.
Assunta Adelaide Luigia Saltarini Modotti (Udine, 1896 – Città del Messico, 1942), detta Tina e Tinissima come la chiamava la madre, a due anni migrò con la famiglia prima in Austria e, nel 1913, in America. Conobbe il pittore e poeta Roubaix de l’Abrie Richey, detto Robo, che sposò nel 1918 e con lui si trasferì a Los Angeles per perseguire la sua carriera nel mondo del cinema, una breve esperienza come attrice cinematografica a Hollywood.
Nel 1922, dopo la prematura scomparsa del marito e del padre, perdite che la coinvolsero molto e affinarono la sua sensibilità, si appassionò alla fotografia, grazie anche all’incontro con il fotografo Edward Weston con cui partirà poi per il Messico. Qui approfondirà la sua ricerca personale per la fotografia, affinando tecnica e stile, riuscendo ad abbinare immediatezza e sperimentazione.
Si interessò dapprima alle nature morte, presto abbandonate perché la sua forte personalità e la curiosità, unite ad un talento straordinario, la portano ad interessarsi sempre di più all’essere umano e alle sue lotte. Descrive con le sue foto memorabili, dedicate anche al mondo femminile in una serie di famosi ritratti come quelli del 1929 dedicati alla fiera bellezza delle donne di Tehuantepec (Messico), le ingiustizie, il lavoro, la povertà, un progresso lontano dalla condizione degli ultimi.
Con il suo crescente impegno nell’attivismo politico pone in risalto, fotografando in bianco e nero con la sua inseparabile e iconica Graflex, la disastrosa condizione del popolo messicano, la miseria in cui era stato ridotto dopo la rivoluzione durata dal 1910 al 1920.
Temendo di essere espulsa dal Messico, cosa che effettivamente si avverò nel 1930, organizzò nel 1929 la sua unica mostra personale presso la Biblioteca dell’UNAM, a Città del Messico. Nella mostra di CAMERA vengono raccolti materiali inediti, video, riviste, documenti, ritagli di quotidiani e ritratti dell’artista che ricostruiscono questa sua prima ed unica esposizione.
Per Modotti iniziarono anni di viaggi ed esperienze di vita e lavoro (oltretutto era poliglotta, parlava cinque lingue) tra Mosca, Parigi, Vienna, la Guerra di Spagna. Difficile sintetizzare la sua vita avventurosa di donna e artista bellissima, creativa e sempre all’avanguardia nella sua arte. Alla sua morte prematura, avvenuta ad appena quarantasei anni, resero omaggio artisti famosi come Picasso, Rafael Alberti e Pablo Neruda che le dedicò una celebre poesia.
di Laura Malaterra
Immagine in copertina: Tina Modotti, Campesinos che leggono “El Machete”, Messico, 1929 circa – Archivi Cinemazero, Pordenone