Fino al 25 agosto, Palazzo Madama, nel cuore di Torino, ospita duecento opere realizzate dai grandi illustratori tra la fine dell’Ottocento e i primi anni successivi al secondo conflitto mondiale. Tra linee accattivanti e colori luminosi, i manifesti turistici testimoniano le strategie di promozione di un paese che si propone come meta di viaggio. E, a distanza di quasi un secolo, ricordano l’importanza e la complessità di raccontare in maniera efficace un patrimonio culturale e turistico senza eguali. Rimini è una ragazza in costume da bagno a cavallo di un delfino sorridente, mentre sullo sfondo campeggiano le spiagge e gli ombrelloni della riviera romagnola. E se per rievocare Firenze basta la cupola del Brunelleschi, Amalfi è un lampo verde di giardini e ville sul mare.

Alpinisti, bagnanti, operai sorridono negli oltre duecento manifesti che, assieme a guide, pieghevoli illustrati e oggetti iconici, animano un viaggio specialissimo attraverso un’Italia che non c’è più ma che non smette di affascinare. La mostra, intitolata “Visitate l’Italia! Promozione e pubblicità turistica 1900-1950”, è un viaggio lungo cinquant’anni in cui cambiano costumi, abiti, stili. Cambia il mondo stesso e una società che conosce i travagli di due guerre, la ripresa e lo sviluppo industriale e dei trasporti, il turismo di massa.

Nelle antiche sale, nel cuore del capoluogo sabaudo, un tempo sede del Senato e oggi Museo Civico d’Arte Antica, scorrono le immagini selezionate dai curatori Dario Cimorelli e Giovanni Carlo Federico Villa, direttore di Palazzo Madama. Nati come materiale promozionale, nell’allestimento di Emilio Alberti e Mauro Zocchetta i manifesti esibiscono la dignità delle opere d’arte: d’altronde molto devono all’influenza del mondo pittorico contemporaneo. Raccontano i protagonisti dell’illustrazione italiana: da Leopoldo Metlicovitz e Marcello Dudovich, cui si affiancano Ettore Tito, Ettore Ximenes, Galileo Chini. Il 1919 segna la svolta organizzativa del settore con la nascita dell’ENIT, l’Ente Nazionale per l’incremento delle industrie turistiche, strettamente legato alle Ferrovie dello Stato e voluto dal Touring Club Italiano. Alle dipendenze del Ministero dell’Industria, Commercio e Lavoro, il nuovo organismo programma il riavvio del paese. E di quella colonna ormai portante dell’economia che è il turismo. È l’epoca d’oro del manifesto. Le linee sinuose della Belle Époque scolorano in illustrazioni che non propongono solo più una destinazione, ma un modo di vivere. Sono le vedute di Capri, Ischia, Pompei e Napoli ad opera di Mario Puppo, i panorami di Portofino di Leonetto Cappiello, la Rimini di Marcello Dudovich.


Di anno in anno dai manifesti traspare una crescente consapevolezza del valore attrattivo del paese e il conseguente mutare delle campagne promozionali. La mostra diventa così vero e proprio itinerario di scoperta che, partendo dalle Alpi e seguendo la dorsale appenninica, tocca cinque sezioni e porta l’osservatore nell’Italia delle acque termali, del mare e delle spiagge, del divertimento e dello sport, della salute e della Belle Époque. Ma conduce anche nella storia e nella coscienza culturale di un territorio che da sempre ha pensato ad accrescere la sua notorietà, prima tra gli italiani stessi e poi all’estero. Così scopriamo che raccontare e raccontarsi bene, in maniera efficace, non è solo un obiettivo dei governi contemporanei costretti, oggi come in passato, a misurarsi con l’impresa non facile di rappresentare un patrimonio artistico e culturale di grande varietà e complessità.

In principio è stato Johann Wolfgang von Goethe, esponente di spicco del Grand Tour di matrice settecentesca e travel blogger ante litteram. Sono le sue impressioni raccolte nei volumi del “Viaggio in Italia”, pubblicati nel 1816, a eleggere il nostro paese a destinazione di moda. Con un simile testimonial la penisola diventa meta obbligata per i viaggiatori di tutta Europa. E non si contano le personalità che nei decenni successivi seguono il suo esempio: di volta in volta a scoprire località e abitudini italiane sono, per citare solo alcuni nomi, Marcel Proust, Virginia Woolf, Mary e Percy Shelley, Alexandre Dumas, Herman Melville, Charles Dickens, Mark Twain. Se all’inizio i protagonisti assoluti sono i siti archeologici e le città d’arte con in testa Roma, Pompei e la Sicilia, presto il primato tocca a Stresa e alla Liguria, a Capri e Ischia. Spopolano i grandi alberghi, le gite in barca, le terme. Le mete di vacanza diventano luogo d’incontro di intellettuali, famiglie nobili e facoltosi industriali che, provenienti da tutta Europa e presto anche dall’America, osservano e scrivono molto affidando alla carta ricordi ed emozioni. Lettere, diari, romanzi e poesie eternano così la bellezza e le emozioni di viaggio. Valga per tutti La morte a Venezia di Thomas Mann, pubblicata a Monaco nel 1912 e manifesto inarrivabile della laguna. Così il protagonista Gustav von Aschenbach arriva al Lido spinto dal “desiderio di viaggiare: null’altro … Era davvero necessaria una parentesi … Viaggiare dunque: d’accordo. Oh, non molto lontano, non proprio fino al paese delle tigri: una notte in un vagone letto, tre o quattro settimane di distensione in qualche luogo di soggiorno internazionale nell’accogliente Sud”.

Si viaggia per piacere, per amore, per svago. Nonostante il mal di mare, la stanchezza e il cuore debole. In omaggio ai “cosiddetti piaceri dei ricchi” come racconta la ballerina statunitense Isadora Duncan, altra icona dell’epoca. È un turismo colto e sofisticato, ma ancora per pochi. Eppure già nel 1910 attraversano il confine italiano settecentomila stranieri: evidentemente i bilanci sono un’abitudine che travalica i tempi. I primi visitatori trovano un paese che manca di organizzazione e in via di sviluppo specie sul fronte dei mezzi di trasporto. Durante il primo conflitto mondiale la flessione del turismo è inevitabile: si torna a viaggiare subito dopo, complici il Giubileo del 1933, un servizio ferroviario sempre più performante, la nascita di grandi opere come la funivia del Sestriere del 1937 o quella del Pian Maison-Plateau Rosa inaugurata nel 1939, il potenziamento della rete viaria. Negli anni ’50, placati finalmente i venti di guerra, l’Italia è nel pieno della dolce vita, della ripresa e del buon vivere. Fino agli albori del turismo come diritto delle masse.

Come scrive Anna Villari nel saggio pubblicato nel catalogo di accompagnamento della mostra, a cura di Dario Cimorelli Editore: “Cambiano da questo momento il pubblico, i numeri, i flussi e i mezzi di trasporto, ma non cambieranno ancora e per molto tempo, per fortuna, la grazia, l’ironia, il garbo dei manifesti turistici il cui obiettivo era stato sin dall’inizio, al di là delle strategie di comunicazione o politiche, avvicinare uomini e donne a uno dei sogni più affascinanti e raggiungibili della modernità: semplicemente, partire e viaggiare”.

A vederle da qui, in tempi di influencer e predominio tecnologico, le ragazze con gli sci ai piedi e le signore in pelliccia e tacchi a spillo dei manifesti fanno tenerezza. Oggi i messaggi viaggiano più veloci e raggiungono una platea estremamente più vasta grazie ai social e alle campagne promozionali su vasta scala. Eppure, viene da dire, il messaggio resta uguale: Visitate l’Italia!
di Antonella Gonella
Immagine in copertina: Allestimento della mostra “Visitate l’Italia” – Ph Studio Gonella
Fonti: Comunicato stampa della mostra; saggio di Anna Villari; saggio di Giovanni Villa; saggio di Dario Cimorelli
Per informazioni sulla mostra: www.palazzomadamatorino.it